Il treno non sbuffa più,
ora veloce naviga
in silenziosa corsa
morbido su rotaia
e conforto in vagone,
posto assicurato,
scelta di finestrino,
chiuso ermeticamente,
aria condizionata gestisce i cambiamenti
di clima e anche di umori
molto frequentemente.
Guardo attraverso il vetro,
ancora la campagna,
qualche casolare vissuto
da gente che si lagna,
che non trova più altro lavoro
e rammaricata stenta sulla terra
mantenendo un nobile decoro.
Campi incolti, pochi coltivati,
fosse piene mai più ripulite,
di scorie varie e liquami velenosi
sui cigli delle strade
bottiglie in plastica
per non dire altre cose.
Vecchi seduti nell'aie ormai screpolate
da usure di autocisterne enormi,
macchinari vari e non carri trainati
da buoi ammaestrati.
La città si avvicina,
cambia il panorama
si notano i grattacieli,
ed i quartieri,
ammasso di finestre,
balconi e biciclette
posate sui terrazzi,
zeppi di altre cose
sono i garage,
e panni stesi
sopra le ringhiere arrugginite,
come arrugginito è il cielo,
di nubi color seppia
dovute alle ciminiere
che in lontananza svettan,
e auto, colonne di rumori e chiasso
vocii di inattese voglie,
voglie ormai sopite
dallo stress del momento,
e nel guardare
penso a quel giorno
che lasciai un paradiso di terra
fatto di fiumi, pioppi alti e fiori,
di grano fresco
e fagioli messi a seccare,
e di una via
che non sto a ricordare,
nel paese
che ormai è periferia
annessa al centro,
e nel far questo mi addormento.
ora veloce naviga
in silenziosa corsa
morbido su rotaia
e conforto in vagone,
posto assicurato,
scelta di finestrino,
chiuso ermeticamente,
aria condizionata gestisce i cambiamenti
di clima e anche di umori
molto frequentemente.
Guardo attraverso il vetro,
ancora la campagna,
qualche casolare vissuto
da gente che si lagna,
che non trova più altro lavoro
e rammaricata stenta sulla terra
mantenendo un nobile decoro.
Campi incolti, pochi coltivati,
fosse piene mai più ripulite,
di scorie varie e liquami velenosi
sui cigli delle strade
bottiglie in plastica
per non dire altre cose.
Vecchi seduti nell'aie ormai screpolate
da usure di autocisterne enormi,
macchinari vari e non carri trainati
da buoi ammaestrati.
La città si avvicina,
cambia il panorama
si notano i grattacieli,
ed i quartieri,
ammasso di finestre,
balconi e biciclette
posate sui terrazzi,
zeppi di altre cose
sono i garage,
e panni stesi
sopra le ringhiere arrugginite,
come arrugginito è il cielo,
di nubi color seppia
dovute alle ciminiere
che in lontananza svettan,
e auto, colonne di rumori e chiasso
vocii di inattese voglie,
voglie ormai sopite
dallo stress del momento,
e nel guardare
penso a quel giorno
che lasciai un paradiso di terra
fatto di fiumi, pioppi alti e fiori,
di grano fresco
e fagioli messi a seccare,
e di una via
che non sto a ricordare,
nel paese
che ormai è periferia
annessa al centro,
e nel far questo mi addormento.
Roberto Busembai (errebi)
Nessun commento:
Posta un commento