lunedì 30 settembre 2019

PAOLO VERONESE - LE NOZZE DI CANA

Quando si parla magnificenza, talvolta non sappiamo neppure distinguere il senso e il valore della parola detta, ma nel caso di questa opera del Veronese, non ci sono dubbi nell'interpretarla magnifica, se non altro per la sua grandiosità fisica, quasi 10 mt di lunghezza per quasi 7mt di altezza di tela, e le meraviglie non finiscono qui, siamo solo all'inizio, perchè nella tela stessa vi sono raffigurate dettagliatamente descritte e rappresentate, da giusta e seguita tecnica del manierismo del '500, ben 133 personaggi.
Le nozze di Cana, del veneziano Paolo Veronese, fu un'opera commissionatagli intorno al 1562 da l'ordine dei monaci di San Benedetto perchè avevano bisogno di una grandissima tela che decorasse una parete del refettorio nella Basilica di San Giorgio Maggiore a Venezia. Tale opera da documentazioni risulta essere stata pagata ben 324 ducati ma il Veronese pretese molto di più, oltre i ducati ebbe anche il vitto e l'alloggio pagati. Il soggetto prescelto dall'Ordine, era Le nozze di Cana, dove il Signore Gesù compì il suo primo miracolo, trasformando l'acqua in vino a un banchetto di matrimonio al quale era stato invitato, e al quale improvvisamente per la miriade di persone partecipanti, venne a mancare proprio il vino; naturalmente i monaci pretesero anche che nella scena ci fossero perciò dipinte tante persone come erano narrate nella storia.
Il Veronese era abituato a questa specie di quadri, già altre cene erano state da lui dipinte e una in particolare, l'Ultima Cena, gli fu contestata dalla Santa Inquisizione e quasi gli costò una scomunica, tale poi da risolvere il caso cambiando il titolo in Convito in Casa di Levi, perciò fu ben lieto di soddisfare questi nobili frati. La tela fu pronta per la Festa della Madonna della Salute e per due secoli questa tela rimase nel refettorio. Ma con l'invasione della campagna militare di Napoleon e Bonaparte, la tela , come tante altre opere pittoriche e sculture di nostra proprietà, furono considerate bottino di guerra e fatte trasportare a Parigi, ma il peggio fu che questa tela, essendo enorme e di non facile trasporto, venisse tagliata in due e poi arrotolata Tutt'oggi, e ne sono testimone dopo averla vista, al Louvre dove attualmente risiede, si nota la riga centrale dove avvenne il taglio. Ma questa tela non ha pace; le opere del Louvre, che al tempo divenne Musee Napoleon e perciò di proprietà privata dello stesso Napoleone, alla caduta dello stesso vennero in gran parte restituite ai legittimi proprietari a cui l'Imperatore le aveva trafugate, ma questa impresa non valse per tutte e non fu facile assolutamente, visto il valore che esse avevano. Così fu per Le nozze di Cana, che fu considerato uno ulteriore scempio far di nuovo trasportare quella tela e perciò rimase in Francia, che comunque durante il periodo dell'impero Nazista, fu tenuta nascosta per poi finalmente ritornare in sede dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Nel 1992. tre anni dopo il suo restauro, la tela viene rovinata per la caduta di acqua piovana penetrata all'interno del museo e dopo due giorni , nello spostare la grande tela per sanare il danno nei muri, cadde rovinosamente a terra mandando in frantumi la cornice. Fortunatamente la tela subisce pochi danni e comunque da allora ha trovato, pare, un doveroso riposo.
Il contesto storico della rappresentazione, non è propriamente quello in cui i fatti si erano verificati, ma il Veronese ha voluto portarlo nei suoi tempi, infatti possiamo notare lo scenario architettonico tipico del Palladio, con colonne greche e romane tipiche riproduzioni nel '500, gli abbigliamenti sottilmente dipinti e con colori ben accesi e definiti nei costumi del periodo, ma soprattutto buona parte dei personaggi non sono personaggi comuni o sconosciuti, partendo dai suonatori in basso in primo piano, dove quello con la tunica bianca che sta suonando una viola da braccio, altro non è che il Veronese stesso, alle sue spalle in tunica verde, con un'altra viola da braccio è il Tintoretto, quello con il vestito rosso che suona il violone è Tiziano, mentre colui che suona il flauto è Jacopo Bassano. Ma i personaggi sono tantissimi, come il Solimano, Vittoria Colonna, Daniele Barbaro ,Francesco I di Francia, Giulia Gonzaga e tanti altri. La trasformazione dell'acqua in vino la possiamo notare in basso sulla destra dove un servo è impegnato nel versare dalle brocche contenenti solitamente acqua in vasi per il vino. Dietro di lui un signore con veste verde allegoricamente ricamata che guarda il vino dentro un bicchiere altri non è che Pietro l'Aretino.
Ma l'essenza e il valore religioso dell'opera in questione, è proprio la parte centrale dove il Cristo appare nella sua magnificenza e come la Madonna al suo fianco, sono gli unici ad essere vestiti nel periodo giusto, eppure nonostante il grande caos di persone, queste due immense figure vengono subito notate. Una valenza simbolica di fede viene data anche dalle figure che sopra il Cristo, sono intente a macellare della carne, un ricordare il sacrificio di Gesù sulla croce, l'agnello sacrificale. Gli sposi sono seduti sulla sinistra della tela dove un servo nano tende a far assaggiare un calice di vino allo sposo stesso, e anche questa scena è ben rappresentativa e voluta dal Veronese, infatti denota che il prestigio sociale è inutile e senza importanza di fronte a quello spirituale. I veri protagonisti non sono gli sposi, ma Gesù, la Madonna e alcuni apostoli che dietro di loro sono dipinti. Una nota in più a testimoniare quanto già detto sopra in riferimento al sacrificio di Gesù, intorno vediamo i servi intenti a trasportare e a macellare carni di ogni genere e tipo, cotte o crude, ma sulla tavola ben altre cibarie vengono rappresentate, frutta, verdure ecc. Infatti il Veronese vuole ben sottolineare la valenza del sacrificio, Dio si è fatto carne e per noi si è sacrificato e donato.
Roberto Busembai(errebi)
Immagine web

SAI SEMPRE COME NASCONDERE

Sai sempre come nascondere
il tuo volto migliore,
sai sempre come far gelare
la parte tua più calda che è il colore,
eppure sembra strano
ma di te il ricordo è
sempre stato vago,
ma sostanzialmente si riscuote
dalle foglie morte,
dal profumo di castagne arrosto
e dai granai appena aperti
per farine gialle e rosse
di granturco appena scosso.
Sai sempre come nascondere
tra le nebbie che spesso ti sovvengono
e ti avvolgono con sospetto,
il tuo ultimo tenue calore
fatto di malato sole all'affacciarsi
timido e bianco, oltre nuvole sempre
più grigie e burrascose,
e le piogge che ci porti
sulle case e sulle strade
a dispetto di un raccolto di
legna per scaldare ultima rimasta,
umida sulla corteccia,
bagnata dentro il cuore.
Sai sempre come nascondere
tra il prossimo finire dell'anno,
il tuo burrascoso arrivo,
Ottobre, che ricordo
come inizio di un autunno
che non vorrei mai andasse
a male, come un pane fresco
lasciato ad ammuffire,
perchè bagnato dalle prime
umide mattinate.
Sai sempre come nascondere
l'estate, Ottobre, mese anticipatore
dell'inverno.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: Zealand, L.A. Ring

domenica 29 settembre 2019

PARLA DI UN AMORE

Parla di un amore, quello che ti preme,
parlane sempre anche quando ti sta lontano,
parla del silenzio che ti opprime nelle notti fonde,
parlane senza temere del brillare delle stelle.
Parla di un amore, quello che senti dentro il cuore
parlane perchè le parole coprono i dubbi nascenti,
parla del mistero che ti avvolge sempre
quando pensi a lui soltanto.
Parla di un amore, non occorre che dica altro
parlane per averlo sempre e solamente accanto,
parla di un amore , e sottolinea le parole,
parlane sottilmente perchè è un incanto.
Parla di un amore e poi assorbi il suo silenzio.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

sabato 28 settembre 2019

HO VISTO NUVOLE

Ho visto che le nuvole
sono diverse oltre questi vetri,
bianche come sempre
ma più vaporose,
forse perchè le sento attraverso
un ricordo di passato
che si è fermato come un quadro,
appeso e insignificante,
che riserva sempre fresche
delle mele rosse e mature.
Ho notato che un alito
di vento si presenta
oltre questa finestra
nel muovere quei pochi rami
persi delle foglie
da un autunno un po' precoce
che è lo stesso
che mi assale.
Ho visto che l'azzurro è difficile
poterlo anche immaginare
tra due vetri opachi dall'usura
di essere guardati.

Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: “Frostbitten”, 1962, Andrew Wyeth.

venerdì 27 settembre 2019

CINQUE GATTINI COLORATI

Uno si chiamava Gino
era quello piccolino,
l'altro era Mariolino,
quello più birichino,
uno si chiamava Aldo
e aveva sempre caldo,
uno ancora era Pinetta
un dolce micetta
l'ultimo, ma non per importanza
si chiamava Lanza
e non si sapeva che nome fosse
che a pronunciarlo faceva venir la tosse.
Erano cinque piccoli gattini colorati
che vivevano appartati
in una casa abbandonata
dove Pinetta c'era pure nata,
una stanza per mangiare
e un letto grande per riposare,
altre stanze abbandonate
per passarci le giornate
e per cibo c'era la Martina
una cara e dolce bambina
che abitava proprio li vicino
e pensava a loro un pochino.
A destar le notti e i giorni
era un topolino nei dintorni
che fugace e astutamente
gli rubava il cibo e non lasciava niente,
lui arrivava di soppiatto
e lasciava a bocca asciutta ogni gatto.
Bisognava trovare la soluzione
per porre fine a quella situazione!
Una notte tutti e cinque i gattini
fecero finta di dormire chiudendo i loro occhini,
il topo arrivò com'era solito di soppiatto
ma trovò ad aspettarlo un altro grosso gatto,
era il gatto del villaggio, Sansone il rosso,
che se ti saltava addosso
non rimaneva niente che potesse a lui sfuggire
se non la voglia di morire,
e così quando il topo vide quel gigante
in un attimo si fece errante
e da quel giorno non venne più a disturbare
e del cibo dei gattini a mangiare.
Erano cinque gattini colorati
erano soli ma molto fortunati,
avevano Sansone come personale difesa
e Martina che faceva loro la spesa.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web:Watercolour of six kittens in a canopied bed woken by a mouse (circa 1900) by George Hope Tait.

FRAGILI MOMENTI

Erano sottili posizioni degli istanti,
percezioni fini sulle nuvole, bianchi,
pulviscoli di stelle frantumate,
memorie abbandonate.
Erano minuziosi e argentei pensieri
quelli d'oggi e di ieri,
una vela sul torrente chiaro
e io a spingerla col fiato ignaro,
che la vita oltre la riva
spesso e sempre porta alla deriva.
Erano frazioni, note, pause e lamenti
erano soltanto fragili momenti.

Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: @Alfred Ehrhardt (1901 - 1984)

giovedì 26 settembre 2019

PRESTO SARA' TEMPORALE

Sono gabbiani, quelli bianchi, che volano nel cielo,
sono gabbiani , quelli che navigano sulle acque
anche quando le onde si infrangono nel fragore
del silenzio che il mare le consola.
Sono gabbiani , quei volatili che s'alzano
al mio camminare sulla spiaggia vuota
del sapore di un calore, che non è l'estate,
ma un sentimento vacuo
che si infrange nelle vestigia di un cuore
pazzo di dolore, come il vento
in tempesta che alza l'umida rena,
e nell'occhio va a posare,
il pulviscolo del pianto che non vuole
mai cessare.
Sono gabbiani bianchi i miei pensieri,
bianchi e puri di colore e di sapore,
nudi come un cuore che consola
per far si che la speranza viva,
oltre quel confine scuro
che di sicuro presto sarà temporale.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

HAROLD E MAUDE

La gioventù è il periodo più bello della vita....o così dicono, certo è che in quel primo periodo di vita tutto è una conquista e tutto sembra conquistabile, ma è anche vero che tutto diventa irraggiungibile, incomprensibile e quasi opprimente. La giovinezza è il veloce sbocciare della vita, un attimo, un passaggio del quale ci arriviamo incoscIenti e ignoranti del mondo e di quel mondo invece dobbiamo reagire con maturità e conoscenza, la giovinezza è la vigoria del corpo e della mente, ma un'intera confusione psichica e sociale, un misto di bene e male, al quale ognuno reagisce come può o come natura gli ha concesso di agire. Il fiore della gioventù dura come un giorno, quello prima eravamo spensierati bambini, quello dopo un cumulo di esperienze da maturare. E spesso in questa battaglia tra l'essere e il futuro sarò non sempre si riesce a conciliare e nascono le incomprensioni interiori e pure esteriori, i conflitti, e spesso si pensa di poter morire per la paura di combattere un domani che non conosciamo.
Harold e Maude, il film che oggi mi è venuto alla mente, parlava proprio di un conflitto interiore di un giovane aristocratico, che nonostante l'agiatezza delle cose non accettava la sua identità, doveva lottare per farsi notare e comprendere da una “leggera” e insignificante madre al punto di annoverare nel suo breve percorso di vita, un'intensità di tentativi di suicidio, che non sono valsi altro che a essere controllato da uno psicologo. La sua mania, il necrologio, la visita dei cimiteri e tutto quanto legato a questo perido nefasto della vita.
Ma sarà proprio questa sua “strana” passione che gli farà incontrare la donna che lo indirizzerà al valore della vita stessa in contrapposizione alla morte, una donna prossima agli ottanta anni, ma di una vitalità e di una conoscenza di saper vivere fuori da tutti gli schemi. Sarà lei con le sue stranezze, con le sue parole e con i suoi insegnamenti “geniali” a fargli capire che la vita è una sola e come tale va consumata in tutto e per tutto, senza crearsi nessun tabù e nessuna remora.
E nascerà pure l'amore tra i due, un amore fatto di complicità, di scambio di idee e di gusti, ricerca pure dei corpi, una storia d'amore ma una storia di vita interiore, la signora anziana che insegna al ragazzo ad essere “giovani sempre” e quando il progetto di Harold di sposarla, andando contro ogni convenzione e contro ogni ostacolo, Maude nel giorno del suo compleanno, allo scoccare degli anni 80, morirà. Harold inscenerà un ennesimo tentativo di suicidio, facendo correre la sua auto in un burrone, mentre lui si allontana dal precipizio ballando e suonando il banjo, un regalo di Maude.
La morte è proprio ciò che da significato alla nostra vita.
Un bellissimo film di Hal Ashby del 1971, che non è la solita commedia romantica, ma un film che va oltre le righe e che nella sua talvolta comicità offre una leggerezza d'animo e di sentimento che fanno soltanto pensare e amare davvero la vita per quella che è e quella che possiamo inventare.
Una favola senza età e come dice a un certo punto Maude:
“Vizi, virtù... non bisogna essere troppo moralisti se no si deve rinunciare a troppe cose nella vita. Prima il piacere poi la moralità. Devi applicare questo principio alla vita... solo così riesci a viverla nella sua pienezza”
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: Locandina del film

mercoledì 25 settembre 2019

LEGGERO PASSAR DEL TEMPO

Cangiano i colori in un passar
leggero del tempo,
e lasciano soffuse sfumature
dense come un miele, dolci insieme,
talvolta amare dei silenzi,
e cangiano improvvisamente
come i cambiamenti
della pelle e delle cose.
Cangiano le stagioni e gli anni
in un passar del tempo,
leggero e forte al momento,
lontano e peso poi,
per lo scandire del forte silenzio.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web. Autumn Reflections by William Mason Brown

martedì 24 settembre 2019

SOFFICE E LONTANO

La tua mancanza è nelle pagine
di un libro che non ho mai letto,
perchè non la voglio conoscere 
nel cuore,
la tua assenza si libera come il sole
scaldando saltuariamente
sulle righe di un panorama
scelto tra una finestra aperta
o una stanza chiusa,
solitamente un letto.
E muovo adesso il mio dito
tra rigoli di capelli che non sento,
ma volo assai lontano,
come se non ci fosse niente
sopra la mia testa,
soltanto fotografie sparse
sopra un pavimento
dove le ho gettate piano,
molto piano.

Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

CON LA FACCIA AVANTI

Con la faccia abbandonata al vento,
le scarpe basse e un cappello nero,
passi lenti sul soffice terreno
e un cuore grande, nascosto
sotto il vestito stretto a delineare
un corpo giovane del passato,
ma vecchio nel pensiero
come questo cielo,
che grigio mi sovrasta,
tempesta arriva e forse pioverà
sulla mia testa.
Con la faccia avanti e le spalle al dietro,
passo deciso e forte,
il pensiero mente del presente,
vado avanti tra una nuvola e un vento,
e lascio l'autunno delle foglie caduche
dietro a fare mucchio
humus essenziale,
al primo alito si disperde
come in mare il sale. 
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

MICHELANGELO MERISI DETTO CARAVAGGIO - LA MADONNA DEI PELLEGRINI (MADONNA DI LORETO)



Ho una forte abitudine, dovuta al mio massimo “dono” della curiosità e della ricerca, di scoprire e visitare chiese, palazzi, strade e scorci di una città o di un paese con le mie stesse gambe e con la mia “bussola” interiore. Vi garantisco che in questa particolare ricerca, diciamo senza indirizzo e senza un minimo di conoscenza, mi ha sempre donato particolarità della città che altrimenti non avrei conosciuto, o forse le avrei conosciute, ma diversamente.
Roma, la nostra capitale, il nostro bene più prezioso, la città di sempre, il fulcro dell'arte e della storia, mi ha sempre affascinato e quando ho avuto occasioni, anche minime, di visitarla ho cercato di entrare nelle sue strette vie, nelle sue piazze nascoste, nelle piccole fontane, nei piccoli e talvolta sconosciuti borghi, e naturalmente mi sono incontrato anche con le famose opere monumentali, le piazze famose, e ho visitato tutte le chiese che in questo camminare, incontravo. Tra queste una mattina sono entrato nella chiesa di Sant'Agostino, ignaro di quello che avrei potuto trovarvi, e dopo una parziale visita tra le cappelle, sono giunto a una buia, insignificante e oserei dire anche mal tenuta cappella, la prima, se seguiamo la nostra sinistra, vicina all'entrata. Ho scorto una tela sopra l'altare che mi ha impressionato, mi sono guardato in giro e ho scoperto che si poteva illuminare, inserendo poche euro in un ricevitore automatico. Cosa sono due euro per una magnificenza!
Era un Caravaggio, e precisamente la Madonna dei Pellegrini. Io sono un ignorante in materia d'arte, non per giustificarmi, ma solo per dire che le mie poche nozioni sono scolastiche e tante dovute alla mia ricerca personale, ma sono anche un “geloso” delle nostre opere d'arte e pure vanitoso, ma non riesco a comprendere come tale opera debba rimanere in disparte e in assoluto abbandono e noncuranza. I grandi critici e studiosi d'arte sono sicuro che sanno dove trovare queste opere, conoscono perfettamente ogni indirizzo ma ...gli ignoranti come me, se non le trovano da sole, difficilmente ne avranno conoscenza, e come me anche tanti e tanti turisti.
La Madonna dei Pellegrini o Madonna di Loreto, venne realizzata su volontà del marchese Ermete Cavalletti, che avendo ottenuto la giurisdizione della Cappella della Pietà, e poi divenuta cappella di famiglia, aveva richiesto che vi fosse rappresentata una famosissima leggenda cristiana, ovvero il trasporto della Santa Casa di Loreto. Infatti al tempo la devozione a Loreto era fortissima e molto conosciuta, perciò la richiesta rientrava nelle linee dei tempi. Ma il marchese non poté realizzare il suo sogno perchè morì, ma la moglie per sua devozione volle che il suo desiderio fosse avverato e s'interesso di incaricare all'opera il miglior artista conosciuto di Roma, e la scelta avvenne infatti su uno dei più grandi, Michelangelo Merisi detto Caravaggio.
Naturalmente il Maestro dette la sua spettacolare rappresentazione, uscendo da tutti i canoni rappresentativi del tempo, una Madonna che scendeva dai troni e dalle nuvole e senza la miriade di angeli che la attorniavano, una Madonna del popolo, una qualunque che si affacciava alla porta di una fatiscente casa, con un bambino già grandicello, sulle braccia e al cui cospetto si inginocchiavano con fertile devozione e rispettabilità, pellegrini poveri e stanchi, sporchi e sudati.
Naturalmente alla visione di tale rappresentazione non mancarono gli “schiamazzi”, rimproveri che tanti vollero far credere fossero attribuiti dall'aver messo in primo piano “quei piedi sporchi e gonfi” dei pellegrini, ma il vero scalpore era di avere rappresentato la Santa Casa, a mal pena visibile e riscontrabile e soprattutto la “posa” della Madonna, che ricordava una posa familiare di donne di malcostume che al tempo erano il “sollazzo” di molti famosi nobili e pure di tanti cardinali.
I piedi scalzi, sporchi e rigonfi, denotavano invece la conoscenza del Maestro di un'antica prassi che era in voga a Loreto, ovvero che tutti i pellegrini, una volta arrivati davanti alla Santa Casa, dovevano compiere ben tre giri intorno ad essa a piedi scalzi, perciò la sua rappresentazione era una delle più nobili che ci potesse essere.
Per quanto riguarda la Madonna, il Maestro ha voluto incisivamente dare un messaggio pauperistico alla Chiesa di allora, che viveva dei suoi sfarzi e dei suoi innumerevoli peccati terreni, una Madonna non dei fasti e delle bellezze esteriori, ma una di tutti, del popolo, una Madonna comune in una terra fatta di “comuni” persone. E' anche vero che la donna rappresentata fosse una famosa meretrice, la 23enne Lena (amante e modella del Caravaggio) e che la soglia di quella casa malmessa sia l'ingresso dell'abitazione del Caravaggio stesso. Il bambino che porta faticosamente in braccio è il suo vero figlio, Paolo, di due anni e mezzo, il cui padre era un vagabondo condannato al remo. Per questa opera il Caravaggio dovette fuggire da Roma, perchè l'emerito notaio Pasqualoni, convivente della Lena, appena vide la tela, le sembianze della Madonna essendo troppo riconoscibili, lo avrebbero screditato e allora sfregiò la tela. Il giorno dopo il Caravaggio lo aggredì al Corso, e naturalmente venne denunciato.
I pellegrini che si prostrano in devozione e preghiera altri non sono che il popolo di sempre, la gente comune, il mondo reale.
Da queste considerazioni ecco perchè la Madonna viene riconosciuta come la Madonna dei Pellegrini, perchè è a loro che si rivolge, a tutti quelli che si inginocchiano, per la grande fede, davanti a Lei al termine del loro “viaggio”, ed è proprio per queste considerazioni che l'opera non venne mai tolta dalla Chiesa, in quanto era pervasa proprio da questo profondo sentimento religioso.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: Michelangelo Merisi (Caravaggio) - Madonna dei Pellegrini

lunedì 23 settembre 2019

SENZA ESSERE OLTRAGGIATO

Attraversando con la voce
uno sguardo chiaro sulla luce,
spalancando voci nuove
accarezzate dalle leggere sensazioni,
come poterti amare oltre
quello che vedi e provi,
sapendo che non ci sono nuvole
nel cielo se la tempesta priva
del suo avvertimento,
e oltre lo sguardo e il pensiero
navigo e non so mai quanto.
Attraversando con la voce
il visibile e il dato,
l'offerto privatamente
senza essere oltraggiato,
anche intimamente,
con un pulviscolo di azzurro cielo.

Roberto Busembai (errebi)

Immagine web

LE INDAGINI DELL'ISPETTORE NONLOSO' FERRAGOSTO AL LAGO (Quarta parte)

“Si era perso troppo tempo, inutilmente, o forse avevamo sottovalutato la gravità o forse...” e ancora con questi pensieri Nonlosò non si dava pace, un ragazzo sarebbe potuto essere salvato, un ragazzo come suo figlio, un ragazzo per bene, e quella giovane, lei forse testimone di un qualcosa che non doveva vedere o sapere, e.....quante domande ancora....ma dovevano trovare risposte, immediate, concise.....ora si doveva entrare a colpire senza tregua, scovare e infastidire, snervare fino al limite, ognuno e ogni persona che, volente o meno, faceva parte di questi fatti e di questi due innocenti ragazzi.
I funerali dei due ragazzi furono lo strazio della valle, se ne sarebbe parlato per anni e anni, le due madri affiancate in un macabro incontro, e non c'era tra loro ceto o posizione che le potesse distinguere nel loro uguale strazio comune, una sostegno dell'altra inutilmente. Fu un'intera valle a partecipare silente alle osequie e altrettanto silente si dipartì dal piccolo cimitero, dietro la Pieve Romanica, la chieda del paese. Ma l'ispettore non poteva cedere ai sentimenti e ancora erano calde le lacrime sulle guance di tanti che iniziò a domandare e interrogare.
Franca e Aldo, i signori Rubini, genitori di Paolo erano ora seduti intorno al grande tavolo in legno intarsiato, un'opera d'arte del secolo passato, uno dei tanti pezzi di mobilia di valore del Barone, che erano resistiti agli anni e alle intemperie delle sempre nuove mode e tecnologie; di fronte l'ispettore che non aveva niente di amichevole nello sguardo, nonostante conoscesse i due genitori, ora, purtroppo, era li per sapere, per conoscere e soprattutto per scoprire.
“ Aldo, signora Franca, scusatemi, so che il momento non è quello più idoneo, ma ho bisogno urgente di farvi delle domande se voglio, anzi se vogliamo sapere chi è che sta facendo del male ai nostri giovani.”
“ Certo, ti comprendo......ti comprendiamo” fu la risposta seria e dura, quasi a mezzavoce.
“ Da quanto tempo non venivate qui al paese?”
“ Ma da circa un anno, sempre in questo periodo, villeggiamo nella residenza di mio suocero, è un'abitudine da sempre, o almeno da quando siamo andati ad abitare in città”...era Aldo che rispondeva, lei annuiva in segno di approvazione, ma di più non poteva.
“ E durante l'anno, vi è mai accaduto di venire, magari anche solo per una passeggiata, un ultimo dell'anno forse....”
“ No, assolutamente, e l'ultimo dell'anno lo festeggiamo sempre con i miei, giù alla città”
“ E Paolo? “
“ Perchè queste domande? Paolo.....Paolo si forse qualche volta lui è venuto.....Franca aiutami, sai che nostro figlio sia venuto saltuariamente?”
Ci volle un lungo silenzio prima che lei prendesse fiato, tanto sembrava lo avesse raccolto nel profondo di un immenso pozzo, e : “ Da quando faceva primavera, qualche volta era solito passare dei giorni sul lago, ma mai consegutivi, soltanto il tempo di una giornata......” e si ripose in se stessa come una busta sigillata.
“ Aldo, non far caso alle domande, tutte hanno uno scopo ma ora non saprei nemmeno io spiegarti quale, ti chiedo......ovvero vi chiedo di rispondere il più semplice possibile e con l'assoluta chiarezza....e vi ringrazio” poi l'Ispettore continuò:
“ E queste sue scampagnate, avvenivano anche prima che avesse l'auto?”
“ Qui posso risponderti anche io, quando Paolo non aveva ancora la patente, prendeva l'autobus che giornalmente arriva in paese, e con quello se ne ritornava a sera inoltrata.....diceva che le visite al lago lo rendevano felice.....”
“ Ma.....” fu un sottile sospiro di Franca, ma poi si azzittì timorosa.
“ Dica signora Franca...tranquilla” incitò delicatamente Nonlosò
“ Non era così Franca?” chiese sorpreso l'ingegnere
“ Si....era così....ma a volte non ritornava con l'autobus ma accettava un passaggio da qualche conoscente del paese.....così mi diceva lui”
“ E chi era questo o questa conoscente”
“ Ma non l'ho mai chiesto chi fosse di preciso, soltanto che avevo capito che ogni volta era un qualcuno di diverso....insomma mi diceva che c'era sempre un qualcuno che scendeva alla città e lui ne approfittava.”
“Ritornando a quella sera, Aldo e pure lei signora, ho bisogno di sapere esattamente a che ora Paolo è uscito di casa, di che umore era, ovvero se vi sembrava che fosse preoccupato”
“ Erano intorno le 16, non posso dirlo con sicurezza, ma so per inciso che le finali della gara iniziano circa a quell'ora, e lui non voleva perderle.” Fu l'istantanea risposta dell'ingegnere mentre la signora di scatto si alzò e quasi urlando:
“ Ma non erano le 16, non potevano essere, Paolo era uscito molto prima, si sono sicura perchè me ne meravigliai, insomma come ha detto mio marito le gare di pesca iniziavano a quell'ora detta, invece Paolo doveva avere un altro appuntamento o così mi sembrò e solo ora me ne sovvengo, si ...ma certo mi disse : Devo vedere una persona prima di andare al lago...e nel frattempo entrasti tu” rivolgendosi al marito” e lui tagliò dicendo che sarebbe sceso al lago per vedere le finali e poi tutto il resto già riferito della cena ecc ecc.......Ma perchè...perchè non me ne sono ricordata prima....perchè????”
E si accasciò di nuovo sulla sedia, ancora più affranta e con un grosso senso di colpa immane tanto da farle scaturire ancora lacrime.
L'ingegnere se l'avvicinò al petto con un braccio, stretta stretta e con una pachezza encomiabile
“ Non hai nessuna colpa, era una semplice notizia che Paolo voleva darti per rassicurarti e te al momento l'hai presa come tale....solo e solamente ora assume un valore diverso che non potevi certo darle prima.”
“Giusto Aldo, e anzi sono lieto che le sia venuta alla mente......per caso ha capito di chi potesse trattarsi quella persona?...a volte anche un semplice gesto, un'alterazione dello sguardo....”
Lei alzò lo sguardo verso l'ispettore, e fu uno sguardo immenso e duro, profondo e quasi cattivo, fulmineo e....poi riabbassò la testa e non l'alzò più.

Fu la volta del Barone Rubini, che se ne stava seduto in veranda, fumando un grosso sigaro, lo sguardo assente verso il panorama che si affacciava nella valle, e da dove si intravvedeva anche la parte finale dell'azzurro lago. Aveva, nonostante la calda stagione, una sottile coperta di lana posata sulle gambe, a racchiuderle, soffriva di mal circolazione del sangue e nello stare fermo gli si freddavano, e all'arrivo dell'ispettore non ebbe nessun motivo di sorpresa e di ospitalità, rimase impettito nella seduta con un bracci posato su un piccolo tavolo in legno con ripiano in vetro e l'altro impegnato nel movimento del trasportare il sigaro alla bocca e far cadere la cenere in un posacenere posato sulle sue gambe.
“Mi scusi barone, ma ho l'obbligo di farle alcune domande”
“ E non vi nego niente, anche perchè a cosa dovrei mai rispondere? Mio nipote è stato ucciso, e non dico altro che potrebbe offenderlo ulteriormente e che mi rode più di ogni altra cosa”
“ La capisco, soltanto qualche precisazione tipo....quando ha visto per l'utima volta il signorino Paolo?”
“ Nella mattina, di quel giorno della sparizione, ero seduto dove mi vede ora, assaporavo il fresco della nuova giornata e era venuto a darmi il buongiorno assicurandomi che in serata avrebbe visto le finali di pesca e poi me le avrebbe descritte il giorno dopo, sapeva che non potevo spostarmi ma la pesca è uno dei pochi sport che ho sempre amato, prima comunque la caccia.”
“ Lei è un cacciatore?”
“ Si....lo sono stato.....ora non ho più nemmeno il fucile.....se le interessa tanto saperlo!”
“ Non mi fraintenda, era un apprezzamento.”
“ Allora grazie......ma invece di stare a leccarmi il c......perchè non si impegna a prendere quel delinquente? “
“ E' quello che sto facendo?”
“ E sarei allora io il delinquente? Ahahahahahaha...Ispettore, lasciamo perdere.....ho avuto una vita agiata, non lo nego, e ora eccomi qua a guardare gli altri e a tenere dento i rospi di un passato e quelli di un presente che non ho mai scelto ne voluto.....compreso il delitto di mio nipote!”
“ Grazie barone del suo tempo....saprò portare a termine questa indagine e sarà lei il primo a saperlo.”
“Questo si chiama lavorare.....buongiorno ispettore” e si mise il sigaro in bocca aspirando fortemente tanto da rilasciare un'ondata di fumo invadente e alquanto non profumata......l'ultimo giudizio per chi non ama il fumo e specie quello del sigaro, come Nonlosò.

Era la volta del giardiniere, del curatore dei beni del Barone, della famiglia che si occupava del buon andamento del castello e del suo rimanere intatto, e soprattutto di Giovanni e di suo figlio Nicola.
Stavolta l'incontro era in un angolo del giardino, appartato dalle mura antiche che circondavano il castello e da una siepe alta, ben potata, che ombreggiava su un tavolo in ferro battuto e lavorato con ripiano in vetro trasparente, pure le sedie in ferro e da parte, piantato in un sicuro peso di cemento, un ombrellone a quadri dai toni e colori soffici e pacati tra il senape e il begie cremoso. Il luogo era avvenuto per caso, Giovanni stava appunto lavorando alla siepe, che l'ispettore lo fermò e lo fece accomodare in quel prezioso angolo di pace.
“ Non ci siamo mai incontrati, ma so che lei, signor Giovanni, è il guardiano e il tutto fare della tenuta del barone Montefeltri e nonché dipendente dell'ingegnere Rubini, io sono l'ispettore Nonlosò e sto indagando sui due terribili fatti accaduti.....”
“ Si certo lo so chi è lei....mi dica …..” e si accomodarono sulle fredde sedie
“ Innanzitutto, lei conosceva bene il signorino Paolo?”
“ Certo, come tutti del resto, era il figlio di Aldo....del signor Aldo, scusi la familiarità ma siamo cresciuti insieme e tra di noi è naturale darci il comune “tu”....”
“Già è vero, avete fatto le stesse scuole....”
“ Giocavamo sempre insieme......eravamo come due fratelli....finchè poi...non sono andati ad abitare in città”
“ Ma ritornando a Paolo......lo vedeva spesso?”
“ Quando erano qui al castello, quasi tutte le mattine, perchè veniva sempre a cercare Nicola, mio figlio, per proporre sempre una qualche passeggiata o altre cose da giovani, ma spesso Nicola doveva rifiutare perchè qui abbiamo da lavorare e il tempo è prezioso.”
“ ...e quando non era al castello?”
“ Cioè....quando era fuori mica lo seguivo, non lo so cosa facesse.....”
“ No, mi sono espresso male....intendevo e le volte che Paolo era in paese anche se non era villeggiante al castello?”
“Ma non credo che fosse mai venuto al di là …..”
“ Signor Giovanni, forse non ci siamo intesi, sono l'ispettore Nonlosò e sto pubblicamente e legalmente indagando su i fatti criminosi del signorino Paolo e della signorina Marta, la prego pertanto di essere il più sincero possibile perchè la sua testimonianza può essere usata per le indagini e in un duplice confronto di altre potrebbero insorgere delle incongruenze, spesso dispiacevoli e fastidiose.....mi sono espresso bene?.....Allora riformuliamo la domanda, magari in modo più esplicito e diretto......Sapeva che Paolo veniva spesso in paese anche nell'inverno o se non altro dalla primissima primavera? E se si, lo ha mai incontrato?”
Il giardiniere rimase quasi di stucco di quelle parole e forse impaurito e intimorito gli venne spontaneo chiedere?
“ Devo avere un avvocato?”
“Signor Giovanni, non si spaventi dalle parole.....sono formalità che io devo dire e mi pesa talvolta farlo, ma mica sto accusando nessuno....tanto meno lei...e di cosa poi?.....Le chiedo soltanto se ha mai incontrato, visto, o a volte parlato con Paolo in quei momenti....”
“ Ora che mi ci fa pensare, si qualche volta ho saputo che Paolo era in paese, ma io non l'ho mai visto sinceramente, anche perchè difficilmente sono in paese, ma pensandoci bene....si si qualche volta me ne ha parlato Nicola....ma sa sono cose che entrano nella testa ma senza importanza e difficilmente rimangono impresse......”
“ Ha visto come è facile....basta essere tranquilli e rispondere......allora lei non lo ha mai visto ma ha saputo che a volte Paolo era in paese, e lo ha saputo da suo figlio....e come lo ha riferito? Con sorpresa, accorato, felicemente, o superficialmente.......”
“ Sai papà chi ho incontrato stamani in paese? Paolo, il signorino. Così mi ha detto, pù o meno in questa maniera.”
“ E non gli ha detto altro....tipo che gli avesse chiesto se andavano insieme in qualche posto o ...”
“ No”
“ E lei non gli ha mai chiesto a Nicola se sapesse perchè Paolo era in paese?”
“ No, e non mi interessava saperlo”.
“ Già....Ancora una domanda, a che ora Nicola aveva appuntamento, quella sera, con Paolo?”
“ Mi ha detto intorno alle 21, infatti, dato che eravamo impegnati tutti e due su un lavoro, mi ha chiesto di poter fare il bagno, prima di me, perchè non sarebbe arrivato in tempo all'apputamento”.
“ Ed è stato così?”
“ Certo, quando io sono arrivato in casa, lui stava già uscendo”
“ Ed erano le 21”
“ No, non ancora, almeno credo, non ho guardato l'orologio, ma alle 21 so che si aspettavano in piazza, doveva per forza essere poco prima.”
“ E a che ora è rientrato Nicola”
“ Intorno a mezzanotte....credo”
“ Crede?....non lo ha sentito arrivare?”
“ Si ho sentito....ma non mi sono interessato dell'ora, al momento che ho sentito i rumori familiari e ho capito che era lui...mi sono rilassato del tutto e mi sono addormentato profondamente.”
“ E sua moglie”
“ Beh lei dormiva e anche sodo....purtroppo ha dei problemi di insonnia e spesso prende quelle pasticche....come si chiamano...insomma sono come sonniferi e le servono per riposare ogni tanto...”
“ Allora lei non può sapere a che ora è rientrato suo figlio....”
“ Temo proprio di no....ma comunque se Nicola ha detto che erano mezzanotte.....io credo a lui”
“ Indubbiamente.....grazie signor Giovanni......ora dov'è suo figlio? Vorrei parlargli con urgenza.”
“ Ma non lo ha già fatto? Almeno così mi ha detto.”
“ Si è vero....ma prima era un incontro formale...adesso è diverso.....dove posso trovarlo?”
“ E' andato in città con l'autobus per compare dei libri per l'università.....tornerà in serata.”
“ Allora le dica che lo aspetto al mio albergo “Il lago dorato”. Grazie e arrivederci”
“ Arrivederci.....” e Giovanni riprese le cesoie per un'ulteriore potatura di alcune piante, ma all'ispettore non mancò di scorgere che l'atteggiamento del giardiniera era assolutamente cambiato, non era più lo sfrontato dell'inizio, ma aveva un non so chè di titubante e misterioso....o forse era lui stesso che fantasticava.

Roberto Busembai (errebi)

Immagine web: by Fredrik Strømme

E SEI ARRIVATO

E sei arrivato con le foglie verdi,
gialle nel pensiero,
e sei arrivato come un mistero
raccolto nel silenzio,
e sei arrivato senza un senso,
corroso dalla routine
di un passato senza confine,
e sei arrivato sulle soglie
di un tempo futuro come il sogno,
colorato e giocondo
sul presente,
e sei arrivato come sempre
in questo tempo,
che il destino vuole
che ti chiami autunno,
come la vita alla prossima stazione.
E sei arrivato anche senza sole.
Roberto Busembai (errebi)
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venerdì 20 settembre 2019

E’ difficile fermare un sorriso
dentro un cuore spento,
quando la felicità
si è innamorata del vento. (errebi)

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giovedì 19 settembre 2019

SCIVOLARE DENTRO

Del freddo sento il marmo liscio
che scorre dentro il cuore
di un amore ormai accarezzato
ma spento oltre il mare,
e tornano le statue
a ergersi nell'infinito
tra un bacio sospirato
e un abbraccio conosciuto.
Roberto Busembai (errebi)
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venerdì 13 settembre 2019

HO FATTO UN PATTO CON ME STESSO

Ho fatto un patto con me stesso
e non posso certo sgarrare,
ho una dignità personale
da mantenere
e rispetto gli accordi presi,
certo non è facile mantenere
ciò che va contro l'istinto
della mia anima interiore,
ma resisterò su questo
non come ho fatto con
il fumo e il bere,
dopo che ti ho perso.
Ho fatto un patto,
che non ti devo più pensare,
perchè sarebbe come cedere
a me stesso e lasciarmi andare.
Vedi – mi dico – sai resistere
molto bene, basta un poco
d'alcool nel bicchiere
e fumo dentro il cuore!
Ho fatto un patto con me stesso
che non ti voglio più amare,
forse dovrei morire
per poterlo rispettare.

Roberto Busembai (errebi)
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Lang Lang - live concert in Vienna

LA LEGGENDA DELLA SANTA CROCE DI LUCCA










Domani 14 Settembre, nella mia città di Lucca, si commemora l'esaltazione della Santa Croce, una festa che ha tradizioni religiose e folkroristiche e che oggi, la sua vigilia, viene ricordata la sua leggenda mista a storia con la caratteristica e spettacolare processione che parte dalla Basilica di San Frediano , passando per le vie della cittadina fino ad arrivare al Duomo di San Martino, in uno spettacolare scenario dove le luci di tutta la città si spengono per essere illuminati da milioni di lumini di cera posti in bicchierini di vetro appesi a contornare tutte le finestre, i portoni, i campanili e le chiese dell'intera città. Uno spettacolo unico e magico, che ha tradizioni secolari e che accoglie tutte le diocesi della provincia e delle provincie limitrofi e anche oltre, e dove sfilano insieme rappresentanze laiche e istituzionali di ogni provincia toscana e folkroristiche figure medievali della città di Lucca. Oggi vi voglio comunque narrare la leggenda che è alla base di tutto ciò.
Nella prima metà dell'anno 700, una grande nave si fermò davanti al porto di Luni, la gente del luogo non era propensa a incursioni straniere e armata delle loro barche incorse verso questo grande vascello per farlo desistere dall'approdare. Ma più loro si avvicinavano e più questa nave si allontanava, più ne ritornavano e più si avvicinava, ma dalle scialuppe si sparsero le voci che la nave sembrava non avesse nessuno a bordo e mossi dalla curiosità permisero alla nave di arrivare al loro porto. La sorpresa fu che effettivamente la nave era deserta ma sopra scoprirono una bellissima croce lignea con scolpito un Cristo che aveva appresso legato un'ampolla piena di sangue.
A fare questa scoperta era giunto il vescovo di Lucca, Giovanni I, che alcune notti prima gli era apparso in sogno un angelo che lo incitava ad andare a Luni perchè li vi avrebbe trovato il vero volto del Signore.
In una pergamena appesa alla Croce vi era scritto che l'opera era stata scolpita da Nicodemo, discepolo di Gesù, colui che con Giuseppe depose nel sepolcro il corpo del Cristo, ma che nonostante fosse uno dei pochi che potesse ben rappresentare il volto di Gesù, quando si mise all'opera di questa scultura lignea non riusciva però a fare il volto e dalla stanchezza si addormentò.
Al suo risveglio due angeli avevano scolpito il volto di Cristo! Durante il periodo delle persecuzioni l'opera venne sempre tenuta nascosta fino a quando il vescovo Gualfredo la ritrovò dentro una grotta, allora la ricoprì di bitume, la mise su quella nave e l'affidò al destno per salvarlo dalla distruzione.
Il Vescovo Giovanni decise di portare il Volto Santo a Lucca, ma naturalmente il popolo di Luni si risentì calorosamente, allora per porre fine a queste controversie, il Vescovo mise la scultura su un carro trainato da due buoi e poi disse che sarebbe stato il fato a decidere, dove si sarebbero diretti i buoi li avrebbe trovato dimora il Volto Santo. Infatti i buoi, indisturbati, intrapresero lentamente la strada ma appena arrivati a un bivio secondo il quale andando a sinistra si entrava nella cittadina di Luni mentre proseguendo a destra la direzione era verso Lucca, si fermarono un attimo poi quasi trascinati da una forza divina si incamminarono sicuri verso destra, ovvero verso la città del Vescovo Giovanni.
Per far contenti i Lunensi, il Vescovo affidò loro l'ampolla con il sangue e recò poi il volto Santo nella Basilica di San Frediano, ponendolo nella cappella di Sant'Agostino. Ma la mattina dopo il crocifisso non c'era più e fu ritrovato fuori le mura della città in mezzo a un prato. Senza darsene motivo di ciò, l'opera fu riportata nella Basilica, ma l'indomani ancora di nuovo la stessa sorte.
Allora il Vescovo Giovanni capì che era volontà del Signore che quel crocifisso volesse stare in quel determinato luogo e così ordinò che vi fosse eretta una cappella.
Poi su questa in futuro fu costruito l'odierno Duomo, dove ancora il Volto Santo viene venerato.
La processione fu indetta proprio per ricordare questo trasporto, dalla chiesa di San Frediano al Duomo di San Martino.
Nella chiesa di San Frediano, proprio nella cappella di Sant'Agostino, dove fu posto per la prima volta il Crofisso, c'è un bellissimo affresco di Amico Aspertini che rappresenta proprio l'arrivo del Volto Santo su i due buoi.
Sul Volto Santo esistono poi una serie di altre leggende a lui legate, ma ve ne voglio narrare una che è legata proprio a una caratteristica della scultura, e che tutt'oggi è ben riscontrabile e lascia un certo che di titubanza.
Un povero giullare che si era recato a Lucca proprio per venerare il Volto Santo, non avendo nulla da offrirgli, gli suonò una melodia con i suoi sonagli. Il Cristo commosso da tanta generosità e dal buon cuore donò al pellegrino uno dei suoi preziosi calzari, ma appena il menestrello se lo trovò tra le mani, venne accusato di furto e chiaramente le sue scuse non furono certo credute e venne così imprigionato. Quando tentarono di rimettere il calzare al Crocifisso, non ci fu verso, non gli entrava più, allora capirono che il giullare aveva detto la verità e fu subito liberato offrendogli anche una cospicua somma in denaro. Il calzare non rientrò più e ancora oggi, si nota un calice che lo sorregge per far si che stia nel piede.
Roberto Busembai (errebi)
Immagini web: Il Volto Santo e la cappella nel duomo di San Martino - Affresco raffigurante il trasporto del Volto Santo sul carro trainato da due buoi dell'artista Amico Aspertini nella cappella di Sant'Agostino in San Frediano. - "Arrivo del Volto Santo a Lucca - La processione davanti alle mura", acquerello del pittore lucchese Vincenzo Barsotti (1876-1963, il quadro è ora nell'Archivio di Stato di Lucca, fig. Un supplemento di "La Nazione")- Immagini della "luminara" nella città di Lucca-

giovedì 12 settembre 2019

UNA CANZONE NUOVA

Resta ancora un poco,
ti canterò una nuova canzone,
lasciati andare sulle corde
della mia chitarra
e ascolta le parole,
forse sono quelle che non
ti ho mai voluto dire,
che solo con la musica
invece posso esternare.
Resta ancora un poco
e ascolta quanto questo cuore
sia infiammato ancora
nonostante il silenzio
del mio parlare,
senti quanta musica della mente
possa ancora a te donare,
poi decidi a canzone finita
e dimmi anche se ti è piaciuta.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

mercoledì 11 settembre 2019

NASCOSTO CON ME STESSO

Nascosto con me stesso,
posato nel silenzio
e pacato al rumore forte
che mi invade dentro,
prendo quello che viene
e poso quello che ho fatto,
non voglio scegliere del futuro
rovinando sul passato,
e so bene che non ci sono
altre buone possibilità
per dire una sola parola,
e allora rimango con le spalle
in primo piano
e del mio davanti,
solo io conosco a memoria
quegli occhi bagnati,
e quel mezzo sorriso sulla bocca.
Roberto Busembai (errebi)
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EDMONDO DE AMICIS - CUORE

Certo parlare di sentimenti, di valori,di principi e di scuola, oggi sembra piuttosto banale, insulso, oserei dire quasi osceno, non esistono più i suddetti e tanto meno esiste una scuola in cui si tenda a far conoscere questi ideali, queste basilari forme di quotidiano vivere per un normale e sereno scorrere giornaliero tra la gente.
Il libro che oggi voglio ricordare, è un libro che ha avuto il suo massimo successo quando ancora in Italia vigevano forme di insegnamento valide e costruttive, certo i tempi sono molto cambiati, la società di allora è assolutamente diversa in ogni senso, ma la positività di queste pagine sono gli insegnamenti basilari che il De Amicis tende a dare e a far conoscere e seguire. Oggi parlare di sacrificio, di sopportazione al dolore, di rinuncia a desideri individuali in virtù di un bene sociale, sono al di la del nostro pensare eppure, non dico esageratamente seguite, ma con una intelligente moderazione, penso che sarebbero ancora delle valide tematiche per una società tanto allo sbaraglio come la nostra. Il sentimento di cooperazione e di amicizia ormai sono dimenticati, vigono soltanto in social e in freddi incontri saltuari, dimenticando pure il rispetto del nostro prossimo, qualsiasi ceto e razza essi siano , anche se ritengo e sottolineo che di razze al mondo c'è n'è una sola e si chiama razza umana.
Il libro rappresenta bene un periodo storico, quello dell'anno scolastico 1881 – 1882 , un periodo prossimo alla nuova unificazione dell'Italia, e proprio di questa unificazione il De Amicis vuole mettere in rilievo l'importanza, creando una classe mista, di bambini dalle diverse regioni Italiane, siamo a Torino, e già è in atto la grande emigrazione verso il Nord per trovare lavoro, per cui è facile formare una classe che non solo è varia per i luoghi di origine, ma anche per i ceti, dall'operaio al borghese, dal ferroviere all'alcolizzato, insomma figli di ogni genere e di ogni ceto.
In questo svariato contesto ognuno si muove nella sua caratteristica sociale senza intralciare l'altrui, è anche vero che esisteva, al tempo, la brutta concezione che ognuno era come era e tale serviva e doveva rimanere così, il banchiere serviva come tale e tale doveva rimanere come del resto l'operaio, insomma il borghese si comporti da borghese e l'operaio da operaio.
La narrazione avviene tramite uno scolaro, Enrico Bottini, che stila questa specie di diario, suddiviso in mesi (i capitoli) , ma i fatti non riguardano esclusivamente lui, lo scolaro si limita soltanto a registrare le avventure e i momenti brutti dei suoi amici di classe. Ed ecco allora nascere i Garrone, un ragazzino robusto, emblema di bontà e di buon esempio, ecco Ernesto Derossi figlio di benestanti e primo della classe a confronto del Franti, figlio del sottoproletariato, violento e dispettoso. Il Perboni Giulio è il caro maestro, onesto, gentile, accorato, che dedica tutto se stesso per l'insegnamento al punto di non farsi nemmeno una famiglia, per lui la scuola e l'insegnamento sono una vera e grande missione ( e forse non sarebbe mica sbagliato se ancora oggi avessimo almeno una parte di questo pensare), in contrapposizione della maestrina tipica borghese dedita ai suoi studenti e famosa per la penna rossa che orna il suo cappello, la maestrina dalla Penna Rossa.
La scuola è il luogo eletto d'istruzione e di scambio culturale, (che belle parole, ) e in essa vengono a convivere fatti, situazioni, esempi utili al momento ma istruttivi per il futuro della società “fuori”.
Non manca certo l'esagerato ideale patriottico, ma anche quello oggi in maniera giusta e intelligente sarebbe un buon deterrente per tante importazioni straniere, spesso insulse, e non solo di merci ma soprattutto di idee e di lingua. Amare la propria Patria e apprezzarla forse risolverebbe tante diaspore interne e anche quelle nuove che ci arrivano da lontano.
Ma sono i racconti mensili, quelli che il maestro legge agli alunni, che parlano di avventure e spesso di disgrazie e di atti d'eroismo di vari ragazzi, che il libro prende la sua valenza d'insegnamento, ma anche e soprattutto sentimentale e commovente, tale da portarlo nel ricordo affettuosamente.
E' un libro che a prima vista potrebbe essere definito molto fuori moda, mentre io ritengo che sarebbe un buon insegnamento rileggerlo, magari formare un nucleo di alunni e di genitori e esporlo a tutti capitolo per capitolo.....Ma intanto a chi non lo avesse letto ( e mi riferisco soprattutto ai giovani), non snobbatelo a priori e per sentito dire, leggetelo e poi magari criticatelo.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web - Una copertina del libro

IL LIMITARE DEI PIOPPI

Vado camminando come un elefante poso le tracce ma infondono soltanto come un passerotto, e lascio nel cielo un alito leggero di profumo mis...