martedì 10 settembre 2019

UN'ANTICA TAZZINA

Credevo di essere la sola, la più bella della tavola e la più ricercata, in nobile ceramica fine di un paese tedesco di fama mondiale, bianca, delicatamente decorata con le più belle rose mai raffigurate, rifinita con un filo dorato a denotare la mia importanza, ed ero sempre io che attiravo le signore con i guanti bianchi e trinati, i ventagli colorati che posavano al mio fianco, per poter approfittare della bevanda che contenevo, perchè era quella cosa che trattenevo calda e rovente nel mio corpo a dare consolazione a tutte quante, profumo acre e dolce insieme, amaro quel poco a stuzzicare l'alito e il cuore, a inebriare un ardito sorriso a un nobile cavaliere impudente. Ero allora la tazzina, colei che del caffè portava il suo colore e il suo ardito sapore, e credevo di rimanere l'incontrastata regina della tavola. Poi avvenne il cambiamento, le tovaglie non erano più di lino decorato, cotone tessuto, ma plastica colorata, banale copertura incerata dove il posarsi anche delicatamente si rischiava lo scivolare, e lui, il mio nobile e antico sapore e liquido mio conforto che ignobilmente e senza un minimo rispetto, come una di quelle che si donano gratuitamente sulle strade, mi aveva abbandonata per una stupida e insignificante tazzina di vetro trasparente, senza anima e senza pudicizia, pure da far trasparire il colore ambrato del liquido mio adorato.
E ancora peggio poi le mode mi hanno dimenticata, sola abbandonata in un angusto magazzino, buio e polveroso, svenduta come un pezzo ormai desueto e insignificante, ora vanno le colorate, le tazze in plastica dura dai mille disegni finti e appiccicati, gift vengono detti quei simboli e quelle lucentezze, ed io in mezzo a mie simili che ancora pretendono di fare le civettuole, incoscienti del luogo e del momento, siamo tazzine perse nei ricordi e non avremo più il nostro amato calore e intrattenimento, e rimarremo fredde della materia che ci appartiene e se il tempo ci sarà propizio, potremmo anche rimanere tali, senza ammaccature!
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

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