lunedì 19 agosto 2019

LA TORRE DI BABELE

Dalla mia pagina FB: " Il Libro"

Tutta la terra aveva un'unica lingua e uniche parole......
E si mossero gli uomini e si mossero per trovare terre feconde e capitarono in terra di Sinai e vi si stabilirono.......
E un turbinio di migranti e migratori, senza terra e senza amori, senza aiuti e comprensione, e si incamminarono con la volontà di costruire nel nuovo, del nuovo e con il nuovo, e vennero in tanti e tanti o tutti o ancora altri impararono a cuocere mattoni, a fare costruzioni, stabili rifugi, a costruire società in nuove sconosciute, a integrarsi gli uni a gli altri e con la parola uguale e con la forza di farsi capire, e vennero turbe di uomini in terre a loro sconosciute e posero pietre su pietre e il volere era d'avere più protezione, e di conoscere chi li aveva fatti incamminare, emigrare, camminare senza fine e senza tempo, e costruirono la speranza di raggiungere la Sapienza per avere la certezza di un domani che non avevano, del mondo strano che un temporale fa diventare diluvio, che un'affronto fa diventare assassinio, che del fratello non ci si può fidare, che di uno uguale a loro è pure pericoloso, e che bisogna emigrare per ritrovare fame, dolore e disinteresse, emarginazione e allora forse insieme, mattone su mattone, oggi con domani e con un ieri e così a seguitare, per costruire una fortezza che ci possa accomunare, che ci possa solidificare.....
Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che i figli degli uomini stavano costruendo e disse.......
e se davvero la Sapienza disse quello che disse, se davvero fu cosa ingrata sapere di questi uomini che si comprendessero e fossero arrivati davvero a fare quello che volevano fare, allora disse che bisognava fermare perchè, avrebbero davvero raggiunto quello che volevano fare e sarebbe stato.....un pericolo?, un affronto? Un cambio di poltrona?, un seggiolone abbattuto?, un potere non più assoluto? 
E il Signore disse:
“ Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perchè non comprendessero più l'uno la lingua dell'altro” E il Signore li disperse in quella terra che si chiamò Babele, perchè il signore confuse la lingua di tutta la terra e di là li disperse su tutta la terra.
L'ennesimo diluvio umano, e si contorsero le menti e le faccende, le discussioni e gli amori, e si contorsero in una perenne differenziazione , si contorsero le razze e i colori, si conobbero, come un Adamo e Eva, i nudi corpi di parole, muti con suoni diversi in diversi toni e classificazioni, e tutto fu cosa buona e giusta perchè la Sapienza non aveva più da temere in questa confusione che si protrasse in un infinito e mai si ritrovasse, e la Sapienza aveva colto nella debolezza come se questa fosse la loro forza, e fu cosa buona e giusta creare questa differenza, questa marcata non conoscenza gli uni su gli altri, perchè la parola vale più di una cosa scritta o fatta e la parola non vada sentita o conosciuta, si gridi aiuto in diverso tono e sillabato in lettere sconosciute , così da non poterlo donare o farlo ancora più gridare, e fu cosa buona e giusta della Sapienza a proteggersi da l'essere scoperta e conosciuta tale.
E la torre si sgretolò con lettere e parole, simboli e disegni, tracce di scritture e miniature, diverse, sconosciute e lontane dal sapere, e la torre si sgretolò nel tempo e negli eventi dei tempi e delle storie e sempre visse la Babele tra gli uomini che non comprendessero soprattutto del saper offrire il bene e confonderlo con un giusto male mascherato da bene truccato, e tanto le parole erano quelle che si volevano capire e non quelle che si dicevano, tanto non erano comprese e Babele ebbe il sopravvento e la Sapienza dette la sua benedizione, nel tempo e negli eventi dei tempi e delle storie.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: Libro delle ore - Bedford Hours - folio 17v - La torre di Babele (secolo XV)

domenica 18 agosto 2019

MENTE CHE SOVVIENE

E' il freddo grigio,
pietra secolare,
come uno screpolare
sulle scale vuote,
è un odore acre,
aria di muffa,
scivolare sul muretto,
ampio sorvolare,
vento oltre
e fuliggine sul passato.
E' sui gradini
freddi dei mattini
cocenti ai meriggi,
ricordi come scaglie
infranto della pietra,
umido del mattino
rugiada sulle guance,
ancora quella voce.
E' il freddo grigio
della mente che sovviene.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web by Roberto Tullj

TI ASPETTERO'

Ti aspetterò
finché l'ultima foglia
resiste al suo ramo,
poi non partirò comunque,
ti aspetterò
che gemma rifiorisca
sullo stesso luogo.
Ti aspetterò finché potrò
vedere le stagioni
e il loro percorso.

Roberto Busembai (errebi)
Immagine ERREBI

venerdì 16 agosto 2019

LE INDAGINI DELL'ISPETTORE NONLOSO' - FERRAGOSTO AL LAGO (Seconda parte)

Si chiamava Marta, Marta Antoni, aveva circa vent'anni, era bella come tutte le ragazze in quella giovane età, bruna di capelli e occhi neri come il carbone ma grandi e di un immane splendore, era stata la ex ragazza di Nicola, ma la cosa era durata poco e forse Paolo ci aveva provato, ma qualcosa non doveva aver funzionato perchè sul fondale di quel dolce lago, qualcuno della finale di pesca, era rimasto agganciato con l'amo a qualcosa di grosso e di impossibile da trascinare a riva. Si era allertata la protezione civile, la polizia, la scuola subacquea dei carabinieri e si era trovato quel sacco nero con avvolto dentro il corpo esanime di Marta. Era stata certamente presa per la gola e soffocata, visti gli arrossamenti e abrasioni sul collo, non c'erano segni di arma da taglio o di fuoco, il resto si sarebbe scoperto, il prima possibile, dal servizio di investigazione medica e criminologia, con l'autopsia.
E Paolo era definitivamente scomparso..
L'ispettore Nonlosò, mal volentieri, si sentì purtroppo costretto a seguire quelle indagini con il collega del posto, un certo Martini, primo per l'amicizia nei confronti del Rubini, secondo perchè il giovane Martini, gli fece una richiesta scritta, voleva che mettesse a prova la sua grande esperienza e che lo aiutasse in quanto alle prime armi.
Quella chiacchierata con Nicola, riguardo a chi fosse la ragazza con cui si era fermato a chiacchierare Paolo, non era stata fatta, perchè la notizia del ritrovamento avvenne proprio quando i due, Rubini e l'ispettore si stavano recando alla casa del guardiano. Era stato allora tutto un susseguirsi di notizie e indagini del momento, ma ora che le cose prendevano il normale iter operativo, Nonlosò arrivò da solo alla casa di Giovanni e bussò:
“ Arrivo.....” rispose una voce femminile
Un giro di chiave e la porta fu aperta, al di la una giovane donna , due occhi vivaci e esplorativi, e un sorriso a cento denti....
“ Siii....desidera?”
“ Buongiorno, sono l'ispettore Nonlosò e …..”
“ Oh mi scusi,ispettore non la conoscevo....entri, entri pure, cercava mio padre? E' andato un attimo al castello, il barone lo aveva fatto chiamare, ma si sieda è questione....”
“ Grazie, ma veramente io volevo parlare con suo fratello Nicola....se possibile..”
“ Ma certo...lo chiamo subito è rimasto ancora a letto stamani......Nicolaaaa, Nicolaaa, c'è l'ispettore...ehm...l'ispettore ...”
“ Nonlosò”
“Nonlosò e ti vuole parlare, scendi per favore”
Era una casa abbastanza grande, disposta su due piani, dove presumibilmente le camere si trovavano al piano superiore, così pensava l'ispettore nell'imbarazzante attesa con quella ragazza, in basso oltre la cucina/ingresso dove si trovava, si intravedeva una successiva che poteva essere un salone e da un'altra porta semichiusa si vedevano i primi scalini che portavano certamente alla cantina sottostante.
“Lei è la moglie di.....?” chiese Nonlosò per sdrammatizzare
“ Di Mario, quello che fa il giardiniere”.
“....di Mario...si certo e lei, mi scusi si chiama? “
Ci fu un lieve sorriso …. “Giovanna.....e...sono una figlia di ...”
“ Giovanni il custode”.
“Giusto”
“ Si impara in fretta vede...”.....e la cosa sarebbe andata avanti in questa assurda misura se Nicola non avesse infranto “l'idillio”.
“ Buongiorno ispettore, sono Nicola, mi voleva parlare?”
“Oh...si certo...si potrebbe....” è diede un'occhiata verso la sorella a intendere che voleva che rimanessero soli....
“ Potete restare qui in cucina....io intanto vado sopra a finire di rifare le camere....” e la ragazza, che aveva intuito il gesto, si era già avviata sulle scale, per scomparire poi oltre su un presunto corridoio.
“ Nicola, per ora il mio è soltanto un incontro formale che faccio con te, perciò cerca di essere il più possibile conciso e veritiero, hai saputo di Marta?”
“ Certo e me ne dispiace, ma io ero......”
“ Alt! Rispondi solo a quello che ti viene chiesto e tutto sarà più semplice....chiaro?”
“Si”
“ Te e Paolo, due sere fa siete usciti insieme?”
“ Si”
“ Siete partiti da casa tua?”
“ No, Paolo era uscito prima perchè voleva andare a vedere quelli della pesca, eravamo d'accordo di incontrarci nella piazzetta della fontana per andare a mangiare una pizza insieme”
“ A te non ti andava di vedere la gara?”
“ Si, ma dovevo aiutare mio padre a raccogliere i resti della potatura della siepe del castello, e avrei fatto sicuramente tardi”
“ E a che ora era l'incontro?”
“ Alle 21, circa, cinque più o cinque meno”
“ E a che ora vi siete ritrovati allora? Senza cinque più o meno”
“ Alle nove in punto.”
“ E come fai ad esserne così convinto?”
“ Perchè appena ho salutato Paolo hanno suonato le campane del campanile”
“ E tuo padre?”
“...Cioè?”
“ Si, tuo padre a quell'ora aveva finito di raccogliere....”
“ Ah ...si si eravamo entrati insieme in casa, e anzi l'ho raccomandato che mi desse il permesso di lavarmi per primo, perchè dovevo uscire con Paolo...ma cosa c'entra....”
“ No, niente solo per capire l'ora, è importante in questi casi, anche un minuto può essere determinante, un po' come mi hai detto tu cinque meno, cinque più” “ E dove siete andati a mangiare questa pizza?”
“ Da Mariano, quello sulla strada che porta al lago, dalle parti della vecchia miniera...”
“ Si conosco, e siete andati a piedi naturalmente”
“ Ispettore io non ho l'auto e Paolo per venire in paese difficilmente la usa, poi una camminata in queste sere estive è anche distensiva.....”
“ Assolutamente....bene e una volta raggiunto il Mariano?”
“ Siamo entrati, abbiamo ordinato, ci siamo seduti a un tavolo vicini alle finestre che si affacciano sul lago sottostante.....”
“ E Marta?”
“ Marta è venuta dopo poco di noi, ci siamo salutati e lei aveva già cenato ma si è seduta con noi per bere una birra insieme....”
“ Marta era la tua ragazza?”
“ Era stata una piccola infatuazione, non lo nego”
“ E lei ti ha snobbato?”
“ No, no non è così.....io”
“ Ti sei divertito e poi te ne sei sbarazzato?”
“ Ispettore ma per chi mi ha preso?”
“ Scusa, insomma non vi siete trovati”
“ Non ci siamo nemmeno baciati se vuole sapere!”
“Ok. Ma Paolo?”
“ Paolo mi aveva già più volte chiesto se davvero la mia storia con lei era finita, perchè avrebbe voluto provarci, le interessava, almeno così mi aveva detto, e quella sera è stata un'opportunità”
“ E te hai retto il moccolo?...”
“ Terminato di mangiare, una birra insieme e me ne sono ritornato a casa, ho lasciato campo libero al mio amico Paolo....Ora se permette vorrei andare a fare le mie cose....non ho altro da dire che non ho già detto!”
“ Ok! Va bene, ma non te la devi prendere in fondo capirai bene che in fondo a quel maledetto lago, una ragazza, una bella ragazza di cui ci avevi provato, è morta soffocata e speriamo che non abbia subito altre violenze......Grazie e buona giornata” e se ne andò lasciando Nicola ancora infastidito ma perplesso per le parole ultime dell'ispettore, ma prima che uscisse udì queste due parole :
“ Mi dispiace davvero di Marta” dette da Nicola quasi parlasse tra se.
I genitori di Marta erano persone semplici, gente di montagna, lui boscaiolo e falegname, lei si arrangiava andando a fare pulizie nelle case dei signori e ogni tanto a dare una mano a persone bisognose. Marta era l'unica figlia, da tanto aspirata e quando la soglia della loro maturità stava per bussare, ci fu questa grande sorpresa che ringiovanì i loro cuori e dette ancora speranza alla loro vita. Ora, nella stessa misura e con lo stesso impeto, la sorpresa si rivalse con il dolore e improvvisamente tutto quello che avevano sperato si era frantumato. Perchè? Perchè? Era l'attonita domanda che la madre di Marta poneva continuamente all'ispettore, che era venuto per far loro, purtroppo, alcune domande.
“ Non ci sono perchè, signora, e non posso io dargliene risposta . Ora mi dispiace ma il mio dovere è quello di trovare colui che ha fatto del male e vi ha procurato questo immenso dolore, se vogliate scusarmi ma devo farvi alcune domande riguardo vostra figlia.”
Non ci fu risposta, o almeno non con la voce, ma con gli occhi certamente
“ Conoscete voi quel Paolo Rubini?”
“ No ispettore, almeno non lo conosciamo di vista, di sentito nominare certo, è il nipote del barone”
rispose il padre della ragazza.
“ Sapevate della piccola relazione con Nicola il ragazzo.....”
“...di Giovanni. Marta ce ne aveva parlato, diceva che questo giovane si era avvicinato a lei con le buone intenzioni, ma lei non si sentiva sicura, come amico sapevamo che si intendevano dai tempi delle scuole elementari, ma ….era sempre una bambina ispettore...la nostra bambina” commossa rispose la madre.
“ A che ora era solita rientrare ?”
“ Non aveva orario, ovvero non occorreva che glielo dicessimo, lei prima di mezzanotte era sempre rientrata, se avesse ritardato, perchè magari era a casa di qualche amica o meno,ci avvertiva precedentemente ma non ha mai fatto più tardi delle una.......quella sera ci siamo preoccupati subito e in prima mattina siamo corsi alla caserma della polizia perchè temevamo.....insomma …..perchè ispettore?, perchè?” e la madre iniziò a piangere sommessamente per cui il marito
“ Ispettore per favore!” e abbracciandola la trasse verso la camera che si trovava alla destra della piccola sala dove Nonlosò rimase ancora un poco, da solo, a guardarsi intorno.
Era una casa semplice, poche stanze, raccolta in un solo piano terra, una sala arredata con gusto ma di ormai vecchia maniera, un cucinotto di cui si intravedeva lo stretto spazio, in fondo alla sala, il piccolo ingresso divideva alcuni vani, una camera e il bagno. Nonlosò cercò di guardarsi intorno per vedere di capire di più questa ragazza, avrebbe voluto vedere anche la sua camera, ma al momento credeva di far loro troppo male e si ripromise in futuro di ritornare, ma al la di alcune foto incorniciate, come quella in cui compariva ancora bambina, con il vestito bianco in tulle, una piccola sposa, nel giorno della sua prima comunione, o quella sorridente, forse di alcuni mesi fa, mentre nel mezzo, abbracciando i suoi anziani genitori, sorrideva a chi la ritraeva, a dimostrazione di quanto fosse felice della vita ma soprattutto di coloro che l'avevano messa al mondo. Stava per andarsene , quando intravide vicino a un bracciolo del divano, in terra, quasi nascosto, un anello d'argento, più precisamente una piccola fede, una di quelle che si regalano i giovani quasi a emulare un legame apparente ma …....
“ Signor Antoni, mi scusi” chiamò.
“ Si ispettore, mi dica” e apparve serio e compito accostando la porta della camera dietro di se, quasi a riparare la moglie da altre domande.
“ Questo anellino è suo o è stato di Marta?”
“ Che io sappia ...no “ e se lo fece porgere per vederlo più da vicino.....
“ Un piccolo sforzo e poi non vi disturbo più...può chiederlo a sua moglie?”
Il signor Antoni rientrò nella camera con una pesante lentezza e un'accorato bisogno di urlare e piangere, ma non poteva, c'era già chi lo faceva anche per lui, l'ispettore sentì un bisbigliare di voci tra i due, poi di nuovo il silenzio dei bassi singhiozzi e il signor Antoni appoggiato alla porta, si sporse e allungando un braccio dette l'anello a Nonlosò dicendogli:
“ Non sappiamo di chi sia!” e stavolta sbatté la porta chiudendosi dentro a chiave.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: by Fredrik Strømme

DIALOGO

Ti guardo e ti parlo
e so perfino che mi ascolti,
ma non farti illusioni
io sono un uomo come tanti
con i suoi momenti belli
ma anche con tanti problemi
e dolori,
la vita non è certo quella
che si vorrebbe fosse,
ma quella che spesso ci è data
ma anche maneggiata,
tu comunque non preoccuparti,
la mia fedeltà nei tuoi confronti
spero sia eterna, o se non altro
al di là delle prospettive comuni.
Io, rispose il gatto,
vedo in te colui che mi ama,
che mi offre il suo affetto
e che mi aiuta nella sopravvivenza,
donandomi cibo e protezione,
siete voi umani che vi fate
un sacco di problemi,
io della vita prendo quello che mi dona
e non mi cruccio,
che sia un topo o un pezzo di pollo
o per oggi niente,
quello che conta è di averti accanto,
non mi lamento,
faccio le fusa, e se ho proprio un dolore
miagolo solo per farmi capire.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

LA VERITA' E LA FAVOLA

Dalla mia pagina FB: " Fabulae e Fiabe"


La Verità è un'umile e timida signora, che nuda abita nei fondali di un profondissimo pozzo, ma un giorno, stanca e abbattuta dall'eterna solitudine, uscì decisa dal pozzo per andare incontro alla gente.
L'idea sarebbe stata bella, ma già dai primi che la incontrarono ne fuggirono come cosa brutta, allora lei non si perse d'animo e cominciò a bussare caritatevolmente alle porte delle case, ma tante non furono aperte, tante gli furono addirittura sbattute in faccia, nessuno voleva accoglierla e averla intorno.
Alla Verità, umiliata e depressa, non rimaneva che ritornarsene alla sua vita in disparte e in piena solitudine, e così si incamminò per la campagna intenta a ritornarsene alla sua dimora, ma il destino volle che incontrasse una bellissima signora, rivestita di trine e sete leggere e colorate, veli e gioielli, alcuni falsi, pochi veri, ma tutti sfavillanti: era la Favola!
“Buon giorno”, fu il saluto cordiale della Favola, “cosa fai da sola su questa strada dismessa?”
“ Sto morendo di freddo, lo vedi?” rispose la Verità “ eppure nessuno mi vuole aiutare, non c'è un qualcuno che voglia sapere di me, appena mi avvicino, scappano tutti”.
“ E pensare che io e te siamo anche parenti...parenti strette, e io , invece, dove vado, sono assai bene accolta. Però posso capire” aggiunse la Favola “ te hai un grosso torto: ti presenti nuda e troppo poco vestita...No, no!....Sai ho un'idea, facciamo così....riparati sotto il mio mantello e andiamocene insieme come buone sorelle. Sono certa che sarà conveniente per tutte e due, vedrai, i savi mi accoglieranno in grazia della Verità che nascondo e i pazzi ti faranno festa perchè sarai frusciante delle mie sete e luccicante dei miei gioielli!”
Spesso la Verità è troppo cruda (nuda) che soltanto nella Favola trova l'abito per potersi presentare e a noi non resta che ascoltare, in fondo la funzione della Favola non è altro che arrivare a chi la verità non vuole ascoltare e far si che possa cambiare il suo modo di “guardare”.
Mio riadattamento da una favola di Jean Pierrre Claris de Florian
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: Illustrazione by Kuri Huang

giovedì 15 agosto 2019

ERA UN VENTO DIVERSO (Ferragosto di allora)

Era un vento diverso, sono convinto, era un vento che scaldava il cuore, perchè sulle spiagge dorate dal sole, volavano i pensieri, le musiche e i divertimenti fatti di scappellotti sulle teste rasate, spinte nell'acqua, schizzi di onde infrante e tanti tanti amori improvvisati, improvvisi e alcuni continuati.
Era un sole diverso, perchè non era solo la tintarella il primo ardore, era l'asciugamano scaldato sulle sdraie, il tepore che traspariva nelle pinete, il caldo nel cuore e sorrisi ogni momento.
Era un'estate diversa perchè diversi erano gli uomini e i sentimenti, erano diversi certo gli anni vissuti ma erano sempre diversi i momenti, che ci tenevano impressi nei cambiamenti, erano spensierati rumori, fatti di tutto e di niente, di lotte e passioni, di felici rappacificamenti, di falsità affogate e di individualismi gettati nel vento, erano scambi di sentimenti, eravamo tutti uguali sotto il sole e sotto la luna, che scaldavano nei giorni sereni e cullavano le notti stellate, erano anche giorni di dolori e incerti, di fatiche e di rincorse per soppravivere decentemente, non erano certo paradisi ma non erano, assicuramente, inferni.
Era un vento diverso, sono certo, quella brezza che scendeva la sera a bagnare la pelle, era sale nell'aria e non acqua di lacrime vere, quelle che non bagnano più ma inzuppano il cuore affogandolo sempre. Era un vento che non può ritornare ma che non si può dimenticare, bello si potesse insegnare!

Roberto Busembai (errebi)
Immagine privata ERREBI

COSA CI SARA', DIETRO......

Cosa ci sarà dietro
quell'ombra che si staglia
su un muro screpolato
come se ne conoscesse
il suo passato,
quei panni stesi al sole
che rilasciano il profumo
di un sapore dolce
quasi a carpire
quello del cuore,
cosa ci sarà dietro
un silenzio che ti rapisce
l'attimo e l'istante,
con un lieve pallore,
quasi a trasparire
il mancamento di un
trascorso amore al vento.
Cosa ci sarà dietro
questo nostro amore
le cui radici tengono saldo
nel pensiero,
quel leggero alito di vento
quasi a far presumere
un sottile decadimento,
cosa ci sarà dietro.....
forse solo un morbido
tremolio di labbra
da far inumidire
gli occhi.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web : by Sebastian Luczywo

mercoledì 14 agosto 2019

LE INDAGINI DELL'ISPETTORE NONLOSO' - FERRAGOSTO AL LAGO

Dalla mia pagina FB : "Ispettore Nonlosò"

Il cielo della notte copriva, con il suo manto brillante di stelle, la valle sottostante e si specchiava, maliziosamente, nel lago, specchio solitario in quell'immenso mare di verde boschivo, era notte fonda e la luna aveva approfittato di questa celestiale gioia della natura, per farsi ancora più bella e splendere sul suolo, rubando luce in abbondanza a un sole in lontananza. Un'ombra umana, vagava nel sentiero vicino al bordo del lago, pesantemente camminando per il peso che doveva sopportare, di un grosso e informe sacco che portava sulle spalle, era un sacco di plastica nera, tanto assorbiva del chiarore della grossa luna piena, ma l'ombra proseguiva in direzione del lago e ora era alle sue pendici, scaricava sul terreno il sacco pieno, snodava il nodo della corda d'ormeggio di una barca, vi caricava l'involucro e poi saliva dentro a remare, piano, senza dover fare un forte rumore, non tanto perchè qualcuno lo potesse udire, ma tanto per non disturbare il suo fare losco.
Lo smuovere delle acque, con la barca e con i remi, provocavano le consuete circolari formazioni ondose da smuovere il cielo riflesso, in un brillare discontinuo e luccicante, un effetto impressionante e romantico a chi lo avrebbe potuto vedere e gradire, ma la nostra ombra non era di quello stesso avviso, arrivato che fu al largo, si dedicò al sacco, allegando con una corda un grosso peso in ferro, che certamente già precedentemente aveva caricato nell'incavo della barca, e poi si alzò in piedi e con un notevole sforzo, scivolò piano piano l'involucro nell'acqua e per ultimo vi gettò il peso, che fu l'unica cosa che provocò un rumore, come un canto spezzato, come un frantumare di un vetro che era il livello del lago. La barca continuò il suo cammino per l'opposta direzione da dove era venuta, e sparì dietro l'insenatura del lago, dove un promontorio carico d'alberi viene a posare, quasi a sembrare un braccio dell'alto monte a dominare.
Aveva finalmente avuto le aspirate ferie, ovvero quattro giorni, compreso il ferragosto con annessi il sabato e la domenica, quattro sospirati giorni che l'ispettore Nonlosò decise di trascorrere lontano da ogni fare e pensare, soltanto una località di montagna gli avrebbe dato la pace di cui aveva bisogno. Erano stati giorni, anzi mesi intensi, quelli trascorsi, non tanto per il lavoro, che certamente non dava mai posa , ma per i problemi familiari che lo avevano trasformato, se non nell'aspetto fisico, comunque in parte, ma in quello morale. Nel giro di pochi mesi aveva avuto da confortare sia il figlio, che se stesso dalla notizia del male che aveva colpito la sua ex moglie, che nonostante la separazione erano rimasti in assoluto rapporto d'amicizia, dovuto anche e soprattutto per il figlio, che per motivi logistici e non forzati, era stato affidato a lui, in quanto lei impegnata nel suo lavoro che la portava spesso all'estero. Ma nel breve le cose erano peggiorate, il male del secolo prendeva sempre più il sopravvento fino a dominare e portare il conseguente distacco totale. Suo figlio ne aveva risentito ulteriormente e lui aveva dovuto chiedere un permesso speciale per poterlo seguire. Ma ora, ed era quasi un anno, aveva bisogno di dedicare uno spazio a se stesso per poter riprendere, là dove si era lasciato, anche se diverso, ma ricominciare e finalmente ora aveva ottenuto questo momento e eccolo in questo piccolo paese montano, tra abeti, castagni, montagne, tanti animali e... un lago.
La famiglia dell'ingegnere Rubini, al completo, padre, madre, il giovane figlio da poco maggiorenne, la figlia adolescente, il nonno e la zia, sorella del nonno, erano soliti trascorrere la settimana di ferragosto, lontani dalle spiagge e dai rumori della città metropoli dove abitavano, e si recavano come sempre al castello Monfeltri, antica e ereditata residenza degli antenati conti del barone Arnoldo, il nonno, padre della signora Rubini, Franca.
Il castello era custodito da un'intera famiglia locale, che si curava anche del vasto giardino che lo circondava, era una numerosa famiglia, conoscenti dell'ingegnere dai tempi di passate avventure scolastiche, l'ingegnere, Aldo, era nato in questo paese montano da una semplice e comune famiglia dedita al lavoro nei campi e pascoli di mucche, e insieme a Giovanni, ora guardiano in primis, aveva scorrazzato per quei monti e fatto innumerevoli tuffi in quel bel lago.
Come ogni anno, Giovanni e sua moglie sapevano che i “signori” sarebbero arrivati, e come ogni anno si aprivano le grandi finestre, si spolverava e si lucidavano i mobili interni, si mettevano le tende e si scoprivano le sedie e i letti dai polverosi teli sopra deposti, si stendevano i materassi e i guanciali sopra la vasta terrazza a prendere il sole, si riempivano le dispense e i frigoriferi con masserizie e prodotti alimentari, si accendevano i fuochi della grande cucina per accertarsi che non ci fossero problemi dovuti allo stare da tempo, spenti. Insomma tutto questo almeno un mese e mezzo prima, tanto che quando la grossa auto nera si inerpicava su per la salita che portava al castello, tutto era in perfetto stato, come fosse trascorso giusto un giorno di mancata presenza, tutto era pronto per il solito periodo estivo, che quest'anno fortunatamente garantiva bel tempo e anche docilmente caldo, giusto per scampagnate e tuffi al lago.
“Buongiorno ispettore” era il saluto del portiere dell'albergo dove era alloggiato, una piccola locanda di circa una decina di camere, ma ben curato e pulito, conduzione familiare e semplicità negli animi e nell'alloggiare.
“Buongiorno signor Pasquale” rispondeva Nonloso, e nel farlo notava la contrapposizione del nome in questione con l'ambiente, un nome tipicamente delle regioni del sud, dove domina il sole e il mare, mentre qui cozzava, nel pronunciarlo, con i solidi monti.
“Bella giornata oggi, ha intenzione di andare al lago? Se ci va troverà sicuramente con chi chiacchierare, perchè in questi due o tre giorni c'è una gara di pesca, una piccola gara tra amatori locali.” ribadì il portiere, mentre era intento a posare le chiavi di coloro che già si erano alzati e fatta colazione. 
La locanda, “Il lago dorato”, così era conosciuta, aveva la fortuna di essere sempre vivida di villeggianti o ospiti saltuari, l'attrattiva del lago era uno stimolo forte, e Pasquale & Co. aveva avuto fiuto, circa 15 anni or sono, quando dalla provincia Calabra salì qui, al Nord, come cameriere e cuoco, per poi richiamare l'intera famiglia e intraprendere il lavoro di affitta camere, avendo avuto l'occasione di comprare un piccolo edificio a un uomo del luogo, che ormai solo e con le ore contate per un grosso “male”, si disfaceva di tutto quello che possedeva a buon prezzo. E con l'aiuto della moglie, dei due figli adulti e poi delle relative consorti, da affitta camere, la locanda era diventata quella attuale, con tanto di piccolo ristoro per il viandante e una ricca prima colazione per gli ospiti.
Al momento, oltre l'ispettore Nonloso, vi erano alloggiati due coppie di giovani francesi, che erano venuti,oltre che per divertimento, anche per studi sulle erbe e sulle piante, tutti e quattro erano biologi da poco maturandi, un altro ospite era un signore di una mezza età, solitario, riservato, che pare fosse da poco separato dalla moglie, e per ritrovarsi nella sua ritornata libertà, aveva scelto questa zona appartata del mondo, dove incanto, luce e silenzio facevano da contorno.
Una coppia di ragazzi, erano ospiti nella camera all'ultimo e terzo piano, una delle due che vi erano, l'altra era chiusa per lavori, pare fossero musicisti o qualcosa del genere, che erano in cerca di una vena artistica per sfondare, uno suonava la chitarra, l'altro il pianoforte ma nessuno dei due aveva con se lo strumento, il secondo ovviamente, il primo non si sa.
Una coppia di sposini novelli in giro di nozze, erano ospiti nella camera, al secondo piano, vicina a quella dell'ispettore. Erano una coppia carina, lui alto e snello, simpatico e molto solare, lei, dai capelli rossi e lunghi, un poco più riservata, forse timida, ma cordiale. Rimanevano vuote due camere, ma una era stata prenotata da un'altra coppia straniera, ma al momento non si erano ancora visti, l'altra effettivamente aspettava ancora il suo ospite, e forse essere vuota era un bene, perchè come diceva il Pasquale, ho sempre pronta una stanza a un'improvvisato pellegrino che voglia riposare.
Nonlosò uscì dalla locanda che già il sole era alto, aveva riposato molto profondamente e questo era già positivo, la mente subito navigò al pensiero di suo figlio che era partito, con altri suoi tre amici, per una escursione organizzata nel deserto africano, località di cui non riusciva a nominare neppure con il pensiero.
“ Almeno anche lui può apportare ossigeno nuovo nei polmoni e nel cervello” così si diceva l'ispettore e intanto camminava tra le vie strette e ripide di quel piccolo paese, incontrando poche persone, ma ognuna occupata alle sue mansioni.
Stava ancora camminando tra i suoi pensieri quando si sentì, con sorpresa, chiamare:
“Ispettore, ispettore Nonloso”
La voce proveniva dal piccolo bar della piazzetta, dove fuori erano posti tre tavoli rotondi con relative sedie in plastica bianca, in una di queste era seduto colui che lo aveva nominato e....
“ Ingegner Rubini! Che sorpresa” fu l'esclamazione dell'ispettore che nel frattempo si era avvicinato al suo interlocutore e del quale aveva stretto la mano a risposta del saluto cordiale.
“ Mi sarei aspettato tutto e tutti ma lei, mai avrei pensato di trovarla tra queste montagne, in questo paese sperduto.....ma mica è per lavoro? E' da un giorno che sono arrivato ma non credo sia accaduto niente di particolare?”
“No, no ingegnere, solo per riposo, e spero tanto che mi possa durare, che non venga richiamato prima, vorrei trascorrere il ferragosto, se mi è consentito.....Lei in vacanza?”
“ Come ogni anno, ispettore, sono al castello di mio suocero.....”
“ E' vero, che sbadato, me ne ha sempre parlato di questo castello....”
“ Sarebbe cosa gradita se volesse visitarlo, l'accompagno, così facciamo quattro chiacchiere, sempre che non abbia cose diverse da fare.”
“ Ben volentieri, del resto me ne volevo andare al lago, ma ho saputo che c'è una gara.....”
“ Si....di pesca.....come tutti gli anni, in questo periodo, che poi di pesci in questa stagione, nel lago, ce ne sono pochini, e vince ….chi ne pesca almeno uno” E scoppiò a ridere, poi subito calmatosi.... ” Allora andiamo?”
“ Andiamo” rispose l'ispettore e lasciarono insieme la piazzetta, avviandosi verso un sentiero in salita, subito dietro il piccolo bar, mentre dal lago giungevano le voci concitate dei partecipanti e delle persone che erano andate a curiosare.
L'ombra nascose la barca a riva del lago, coprendola di arbusti e foglie seccate, muschio e altri residui di sottobosco, distesa capovolta a fianco di un enorme masso del monte, poi silenziosa si incamminò nel bosco di abeti, risalì la lieve collina e arrivata in cima, alla strada asfaltata, un'auto nera parcheggiata nascosta tra gli arbusti, la stava aspettando. L'ombra aprì l'auto, sedette al posto del guidatore e ingranò la marcia, poche manovre e già era lontana sul crinale del monte, poco rumore e poi solitudine, ancora con la magica luce di riflesso sul lago, un riflesso che non era più chiaro ma sapeva di morte.
Il tempo del divertimento e del riposo scorrono inevitabilmente senza freno e con apparente senso di corsa estremamente più veloce del consueto, già erano due giorni che Nonloso si stava riposando in quello sperduto paese montano, e già sentiva il peso del ritorno, ma non ci doveva pensare, oggi pare che fosse finalmente ferragosto e, anche se non aveva niente da fare, era un bellissimo giorno da ricordare, passeggiate, chiacchiere tanto per socializzare, bevute e pasti genuini e non birre e panini digeriti con la fretta e l'ansia del cercare e scoprire, indagare e arrestare.
Un forte bussare alla porta della camera, distolse il pensare dell'ispettore, che ancora in mutande se ne stava seduto sul letto a fantasticare, chiese chi fosse e la risposta fu:
“Mi scusi ispettore, sono Pasquale, c'è all'ingresso l'ingegnere Rubini che ha urgenza di parlarle”.
“ Vengo subito, il tempo di mettermi qualche cosa e gli dica che lo raggiungo”
“ Grazie signore e scusi di nuovo ma è molto agitato e ha insistito perchè la svegliassi...”
“ Va bene, va bene arrivo....”
Fortuna che avevo detto di riposare pensò tra se mentre si vestiva frettolosamente, dopo essersi sciacquato il viso e le mani, una veloce pulizia ai denti e una camicia bianca, un paio di pantaloni a gamba lunga, un cappello di paglia sulla testa e via, a sentire cosa di importante aveva l'ingegnere.
Era appena sceso, che già Rubini gli era corso incontro:
“ Buongiorno ispettore, devo parlarle, possiamo trovare un posto riservato?”
“ Buongiorno.....mi faccia pensare...ma si venga, andiamo sulla veranda, ci prendiamo anche un caffè, tanto a questa prima ora del mattino non c'è ancora nessuno......è ferragosto” e questa ultima parola la disse con una sarcastica nota a criticare, ma leggera da non farla poi tanto pesare.
Seduti il Rubini iniziò a parlare:
“ Mi scusi il disturbo, ma ho un problema ...mio figlio Paolo è scomparso! Ovvero da ieri sera non è rientrato......non lo ha mai fatto e non credo che avesse intenzione di andarsene.”
“ Quanti anni ha? Se non erro è maggiorenne.....”
“ Si, ma non è.....”
“ Signor Rubini credo che sia avventato parlare di scomparsa.....i giovani di oggi trovano sempre un qualche cosa che li distrae al punto di dimenticarsi persino di dormire.....non le pare che sia troppo drammatizzare....e poi come mi dice lei non ci sono attenuanti che possono far dubitare....”
“ Ha ragione ispettore, ma è sempre stato un ragazzo tranquillo e anche piuttosto appartato, poi di amicizie qui in paese non credo...anzi...ne sono certo...non ne ha da poterlo così distrarre …..”
“ Via si calmi, prima prendiamoci questo buon caffè, che serve anche a svegliare la mente, poi con calma mi racconta dall'ultima volta che ha visto suo figlio e così valutiamo insieme su come procedere.....”
Pasquale con molto tatto e riservatezza, aveva annunciato il suo ingresso sulla veranda, portando con un vassoio i due caffè e....
“ Ispettore mi sono permesso di portarvi anche due pasticcini per fermare anche lo stomaco....”
“ Ah...si grazie Pasquale,...lasci pure il vassoio....facciamo da noi.....e a proposito avrebbe la compiacenza di non fare entrare nessuno almeno per un poco che noi ci tratteniamo, le sarei molto grato”.
“Ma certo ispettore, chiudo la porta d'ingresso e quando volete uscire basta che bussiate, siamo più sicuri che non vi disturba nessuno.” e nel parlare diede un'occhiata all'ingegnere che notava molto turbato e in forte apprensione, e si chiedeva cosa poteva essere accaduto.
“Grazie, molto gentile.” rispose Nonlosò, mentre metteva le due tazzine con relativo piattino sul tavolo, e prendeva volentieri un dolcetto, quello con la ciliegina candita in mezzo, una peccaminosa delicatezza del palato.
Finalmente soli, l'ispettore chiese a Rubini di parlare.
Aveva visto suo figlio, la sera, prima di cenare, e gli aveva detto che sarebbe andato a fare un giro al lago per vedere come si era conclusa la gara, che domani, cioè oggi, giorno di ferragosto, ci sarebbero state le finali, ma che non l'aspettassero per cena perchè sarebbe andato con Nicola, uno dei figli del loro guardiano, a mangiare una pizza. Aveva aspettato fino a tarda notte, poi impaziente si sera incamminato, a piedi, verso la casa di Giovanni, che si trova a poca distanza dal castello, quando ha incontrato Nicola che stava rientrando, lo aveva fermato e questi gli aveva detto che Paolo si era trattenuto con una ragazza a chiacchierare ma che sarebbe rientrato al più presto. Rassicurato ritornò verso casa e disse a sua moglie che non c'era da preoccuparsi, poi però le ore camminavano e si era fatta quasi mattina , ma suo figlio non era rientrato e l'angoscia aveva cominciato a risorgere sempre più affannosamente, e aveva allora pensato di rivolgersi al suo amico ispettore.
“ La ringrazio per la fiducia, ma in attesa ha saputo chi era quella ragazza?”
“ No, anche perchè sono venuto subito da lei e non ho parlato con nessuno. Ispettore mi aiuti, mia moglie è già disperata, io non lo sono di meno.....”
“ Tranquillo, sa cosa facciamo? Ora torniamo al castello e lei poi mi accompagna dal guardiano, così tanto per parlare con suo figlio....come si chiama?.....Ah si Nicola...e farci dire chi possa essere quella ragazza...per poterla trovare.”
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: by Fredrik Strømme

UN SOLO ALITO DI VENTO

Un solo alito di vento
è passato a ricordare,
ma è stato così grande
da non poterlo notare,
un solo alito di vento
si è posato
al limite, sul mare,
nessuno lo ha potuto toccare,
ma è entrato di forza
dentro il cuore.
Un solo alito di vento
per non dimenticare,
domani è ferragosto
di un giorno per morire.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

martedì 13 agosto 2019

BREZZE MARINE

E non tornare
sulle solite parole
sui soliti lunghi pensieri
che non hanno fine,
vivi questo momento
come un infinito
sciogliersi del vento
e godi dell'amore che ti
circondo e sai godere,
e non tornare
sulle brezze salate
e umide di un'estate
che sapeva invernale,
lasciati cullare nel mio sogno
ora che lo so ancora fare.
E aspetta sempre il sorgere
del sole,
non solo il suo tramontare.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

NICOLAES MAES (MAAS) - LA CUSTODE DEL CONTO

Dalla mia pagina FB " Arte in cornice"
Difficilmente, nel 1600, si osava mettere in dipinto una raffigurazione femminile diversa dalle tendenze iconografiche del periodo, donne raffigurate come madri o mogli, o braccianti o addirittura prostitute, ma intente in un nobile e impegnativo lavoro dove serve un'adeguata istruzione culturale, era assolutamente impensabile ma l'olandese Nicolaes Maes, allievo della suola di Rubens, riuscì in questo intento e l'opera che vi presento oggi è una delle più spettacolari e incisive a riguardo, “Il custode del conto”.
Il dipinto rappresenta una donna, di circa mezza età, curata nel vestire, a dimostrare un ceto medio, seduta ad una scrivania intenta, e quasi dormiente dalla stanchezza, a controllare i conti di un'azienda che si presume commerciale dalla grande mappa appesa sul muro alle sue spalle. L'ambiente è ben tenuto e curato a dimostrazione di un'azienda con larghi introiti, la scrivania decorata, la vetrinetta alle spalle della donna posta alla sua destra, i bellissimi calamai e i vari oggetti raffigurati ne danno il sentore. La donna è responsabile dell'andamento finanziario, provato dalle chiavi appese al muro, chiavi naturalmente della cassaforte e dei vari cassetti dove si presume siano deposti i vari registri. La mappa e le chiavi denotano altresì la vastità dei rapporti commerciali che possa avere l'azienda di cui questa ragioniere è intenta a curarne le finanze. L'atteggiamento della donna è di dovuta responsabilità che lotta contro una sopraggiunta stanchezza, lo dimostra la posizione china del capo appoggiato sulla mano e la precarietà di un libro/registro che tende a cadere. Si potrebbe anche dedurre, che la precarietà del libro, in un contesto così perfettamente curato e stabile, denoti un' ipotetica instabilità finanziaria di cui la donna cerchi, instancabilmente, di capirne la motivazione.
Di notevole marcatura la magia del colore tipico del grande Rembrandt, Maes preferiva dipingere donne che filavano, leggevano la Bibbia o preparavano un pasto, aveva una tecnica unica e meravigliosa nella realizzazione di merletti, questo dipinto è stato una completa innovazione.
Una nota, il taccuino appeso al muro, alla destra del quadro, mostra la firma del maestro, Maes era solito firmare i suoi dipinti in luoghi inaspettati ma discreti della scena.

Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

lunedì 12 agosto 2019

SOLITAMENTE

E solitamente,come un niente,
nasce dentro, quel pulviscolo
di incertezza che voglia chiamarsi dubbio,
un tarlo nella testa
ma che rode forte dentro il cuore,
e solitamente prolifica
come un crescere improvviso
di formiche sopra una zolletta di zucchero
che di dolce hanno solo il colore.
E solitamente si spegne
quella fiamma che ardeva
come una torcia accesa
che luce immensa donava nella notte,
e solitamente il dubbio
avanza come olio lasciato
libero sul selciato,
e morde ancora dentro
quel presente che non avevi cercato.
E solitamente, come un niente
talvolta ti abbandona e
ti lascia,
un vuoto che non ha confine.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

sabato 10 agosto 2019

NOTTE DI SAN LORENZO

E non guardare il cielo
questa notte,
pensalo solamente,
pieno di luci e tremolii,
sentilo dentro il cuore
quel sottile luccicare,
poi guardami negli occhi
e comincia a desiderare.

Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: The Constellations of Summer, Kazu Saitou

venerdì 9 agosto 2019

NON AVREBBE DOVUTO PIOVERE

Non avrebbe dovuto piovere quel giorno, era di primavera, anzi di maggio e come sempre in questa stagione il sole fa già da padrone per annunciare la vicina estate, ma le nuvole nere, nel primo mattino, presagivano il maltempo, quasi che pure il cielo fosse a conoscenza di quello che accadeva sotto.
Non avrebbe dovuto piovere, ma quella mattina la pioggia era incessante, e Michele, un bambino di circa 6 anni, si stava preparando per un lungo viaggio, o così a lui pareva, tanto lo sentiva forte e importante e al tempo stesso gli procurava quello, ancora, sconosciuto torpore dentro che l'avrebbe per sempre accompagnato nel tempo, e che si chiama, dolore.
Era nato, o così fino ad allora credeva, in una casa di campagna, al limite della grande città, l'ultima e dopo il nulla, terreni e prati immensi e a contornare un fiume che li attraversava. Era vissuto con la conoscenza delle mietiture, delle coltivazioni e delle scorribande tra boschi e fiori, tra giochi infantili all'aperto sulle aie delle corti, dentro i fienili pieni e tra le bestie, come le chiamava suo nonno, o come lui credeva che lo fosse.
Non avrebbe dovuto piovere, almeno per non rimarcare la tristezza di quel giorno, avrebbe voluto che ci fosse il sole, per ricordarsi tutto ancora bello e come lo aveva sempre vissuto dentro il cuore, ma la vestizione, calma e doviziosa, come un cardinale prima di una solenne funzione, andava lenta e più gli batteva il cuore. Non aveva mai indossato abiti così perfetti, solitamente erano un paio di pantaloni a gamba corta, spesso sgualciti e incolori, una maglietta a maniche corte, se faceva caldo, o una a maniche lunghe nelle fredde giornate, un paio di sandali ormai corrosi dal tempo e dalle intemperie da non conoscere più il colore del cuoio e della pelle, a piedi nudi e se era inverno con le calze di lana, ma sempre con la stessa calzatura.
Una camicia bianca, ben profumata e stirata, come non ne aveva mai viste e conosciute, un paio di pantaloni a gamba lunga che gli davano impressione e scapre lucide, chiuse, con i lacci a chiudere ermeticamente, e poi un giaccone nero, leggero ma pesante nel non colore e nella sostanza del vedere, e un fiocchetto al limite del collo, rosso, come rossa era la rabbia, che non conosceva come tale, ma che insorgeva dentro senza la forza di poterla estraniare.
Non avrebbe dovuto piovere, perchè le lacrime, come quella pioggia che ancora non cedeva al sole, si accumulavano dentro un piccolo cuore, si trovavano spazio sempre più ingombrante, quasi da scoppiare, ma erano tenute salde e mai sarebbero potute scendere oltre, perchè quegli occhi avevano da guardare, da scrutare, per poter capire, o se non altro poter avere un piccolo sprazzo di quello che stava succedendo.
“Michele da oggi ritorni dal tuo vero padre e dalla nuova madre, io ti sarò sempre vicina, ora è giunto il tempo che ritorni da dove sei stato portato” e il cielo fece luce, luce di un forte lampo e un tuono burrascoso tremò la stanza e lo colpì nel cuore, ma più forte fu il lampo e tuono che colei che credeva madre, madre di sempre, improvvisamente, come un porcellino da mangiare, lo poneva ben curato su un vassoio, che era un treno e gli diceva “ t'amo ma non posso” e poi spariva.
Non avrebbe dovuto piovere, ma pioveva e dall'ultimo vagone, lui guardava quelle rotaie che non avevano fine, quel lungo viaggio che lo avrebbe aspettato e con il tormento del nuovo che avrebbe dovuto sopportare, e il pensiero di un abbandono o di un normale vivere del mondo, che ancora aveva da sapere. E il treno correva veloce nel distacco e Michele lo sentiva lento nel lenire di quel dolore, sapersi solo improvvisamente e sapersi che c'erano persone che ti dicevano ti voglio bene e non te lo potevano dimostrare, intanto pensava che non avrebbe dovuto piovere quella mattina, perchè sapeva già d'allora che il senso di bagnato se lo sarebbe sempre portato addosso.
Non avrebbe dovuto piovere, e non ha mai smesso.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: Elliott Erwitt - New York

MARE

Mare, impetuosità di acqua e sale,
prendimi sulle tue onde,
non preoccuparti del mio lasciare,
voglio con te navigare,
e godere del tuo rumore,
che altro non è che un canto dolce
dato dalle correnti amiche,
portami con te oltre,
perchè voglio ritornare
ad assaporare la felicità
pulita e naturale,
di quando nelle acque
ho vissuto prima di parlare.
Mare, sublime immensità
di profonde atmosfere bagnate,
prendimi, come mi rapisce
la musica dei tuoi giorni,
e ricoprimi del sale di sapienza
che non mi è stata data
oltre la normale.
Mare e le tue onde
a fantasticare.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

giovedì 8 agosto 2019

LA FORMICA E IL GATTO



Dalla mia pagina FB: "Fabulae e Fiabe"

In un'aia assolata, una di quelle grandi, limitata soltanto da vecchi muretti, dove una fila di case in ugual fattura vi si affacciano quasi a tenerla d'occhio, s'incontrarono per caso, o per destino, un gatto che del caldo si faceva inondare e una formica indaffarata e svelta.
Si guardarono alla prima, ma non si dettero importanza, solo che la formica, dispettosa e civettuola, non potendo di stare zitta e fermandosi disse al gatto:
“ Caro gatto mio, te hai poco cervello! Ma come, acchiappi un topo e avanti che che tu lo finisca, miagoli, lo liberi e lo riacchiappi, te lo passi tra le zampe come una pallina, ci salti intorno, insomma ci perdi un mucchio di tempo, che se invece tu lo finissi subito, il tempo sprecato ti servirebbe per cacciarne altri!.
Fai come me! Io,non perdo tempo! Appena trovo un chicco o una briciola che mi soddisfano, subito mi affretto a portarli nel mio granaio e riesco immediatamente a cercarne altri, e così per tutto il giorno, senza tregua.
Fidati, fai come me non sprecare inutilmente le ore a gingillarti!”
Il gatto, con la sua tipica flemma, prima guardò la formica con noncuranza, poi non potendo stare zitto e chetare quella lagna, rispose:
“ Cara mia formica, mi dispiace dovertelo dire, ma la sciocca in questo caso, sei proprio te. Ma come, io dovrei affaticarmi, come fai te, per avere moltissimo e poi? Non godere di nulla? Fossi matto!
Meglio quel poco che si ha e di quello trovarne soddisfazione e letizia e andare avanti quel tanto che basta, senza affanni, godersela la vita cara mia, non tribolarsi!

E come disse il Gozzi al finire della favola....
“Non mi pare che il gatto parlasse male: sicchè se vi pare, ingegnatevi d'imitarlo da qui in avanti, come avete finora imitata la formica.”
ERREBI da "La fiabe di Carlo Gozzi"
Immagine web: da un libro di fiabe anni '70

IL DILUVIO UNIVERSALE

Dalla mia pagina FB: " Il Libro"

Allora Dio disse a Noè: “ E’ venuta per me la fine di ogni uomo, perchè la terra, per causa loro, è piena di violenza………”
E non si poteva discutere dell’ordine dettato, e non si poteva neppure ribellarsi del volere della Sapienza, che se fosse stata proprio tale, forse non ci sarebbe stato il male, ma si doveva accettare e subire, piangere e morire, e si doveva soccombere al destino o al fato,come se al momento non si dipendesse dalla solita Sapienza che ci aveva creato, e non si doveva sapere e si doveva prendere quello che avveniva e si doveva anche pensare che era cosa buona e giusta.
“…Noè entrò nell’arca e con lui i suoi figli, sua moglie e le mogli dei suoi figlie, per sottrarsi alle acque del diluvio. Degli animali puri e impuri….e di tutti gli esseri viventi sulla terra come Dio aveva comandato….”
Furono silenti e gaudioso riparo dai tempi, furono boriosi sentimenti, furono grazie infinite alla Sapienza che aveva fatto la sua buona scelta, e entrarono tutti, indistintamente, i prescelti e i fortunati, i raccomandati e i falsi imbonitori, furono lascivi e furono falsi, furono importanti e furono contenti e fu cosa buona e giusta la scelta e la risoluzione, la terra invasa dalle acque e tutta la sua genitude, e tutte cose viventi, innocenti pure, e tutto come fosse purificazione, con appresso un seminatore e tutti i seminatori per un futuro, “migliore”, come se la Sapienza non sapesse, e non immaginasse, che del male pure si trasportava dentro e non solo beatitude in quell’arca enorme da salvare ogni genere, che forse sarebbe stato più dissacrante e non divino ricrearlo nuovo.
“Dopo sette giorni, le acque del diluvio furono sopra la terra……il diciassette del mese, in quello stesso giorno, eruppero tutte le sorgenti del grande abisso e le cateratte del cielo si aprirono…..Cadde la pioggia sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti……”
E furono baldorie, cibarie e divertimenti, e furono dormite sane e furono tranquilli momenti, e furono ovattati rumori, le grida, le disperazioni, le suppliche e le preghiere, le salvezze inutili, i richiami d’aiuto invano, corpi galleggianti, bambini inermi e innocenti, un mare d’abbandono di corpi, un disinteresse umano, loro erano i prescelti e non si doveva averne altri, forse che l’arca fosse affondata se si portava aiuto? Forse che la Sapienza li avrebbe abbandonati se il cuore piangeva a quella brutta sorte altrui? E tutto fu ricoperto e tutto piano piano si deteriorò dentro quel mare sconosciuto e immenso, vago sentimento d’abbandono eterno e ritorno poi, nel futuro, il diluvio umano sopra un mare forse più calmo, ma nei cuori uguale a quello di Noè e tutta la sua generazione, e sempre fu cosa buona e giusta farlo.
“..le acque furono travolgenti e crebbero molto sopra la erra e l’arca galleggiava sulle acque….”
Nauseabonde tracce di corpi disfatti, galleggiavano sull’orlo del mare, tronchi d’alberi come salvagente a niente erano valsi contro le imponenti onde e tormentosi uragani di piogge e venti, e corpi cullati dal movimento della tranquilla arca sopra il mare, impatti di teste o gambe o mani contro il forte legno, relitti umani a pezzi di contorno e silenzio immane fuori di fetore e morte, felicità immane dentro e pure si mangiava e si trascorreva il tempo e si aspettava sereni il momento che tutto fosse finito e tutto fosse praticamente pulito di ogni vedere o sentire o addirittura odorare.
E la memoria non dimentica del male, e pure ne approfitta e ancora vengono a galleggiare sopra le onde e ancora si continua a banchettare e come in un’arca si ha la certezza, che non dobbiamo guardare, ma galleggiare e aspettare. E tutto fu cosa buona e giusta, e la Sapienza ne ebbe di felicità goduta per questa o l’altra ripulita?
Nel settio mese, il diciassette del mese, l’arca si posò sui monti dell’Ararat. Le acque andarono via via diminuendo fino al decimo mese….poi apparvero i monti…..e Noè aprì la finestra che aveva fatto nell’arca e fece uscire un corvo…esso andò e ritornò…..poi fece uscire una colomba ma anche essa andò e ritornò…….poi ritentò con la colomba e questa ritornò, essa aveva bel becco una tenera foglia di ulivo. Noè comprese che le acque erano ritirate dalla terra. Aspettò altri sette giorni, poi lasciò andare la colomba, essa non tornò più……
Dio ordinò a Noè: “ Esci dall’arca tu e tua moglie, i tuoi figli e le moglie dei tuoi figli e tutti gli animali che hai con te…….e che tutti siate fecondi e popoliate di nuovo la terra….”
E si ritornò alla vita di sempre, e con essa si ritornò alle fatiche, ai dolori, alle cattiverie e alle falsità, alle ingiurie e ai disprezzi, all’indifferenza e all’emarginazione, alla differenza e alla discussione, alla prepotenza e alla brutta risoluzione, e dell’amore che forse la Sapienza, sperava ingenuamente, nell’Arca non era stato portato, o forse a Noè non gli era stato comandato, e quel poco che era sopravvissuto non bastò, nel futuro, per essere fecondato a dismisura, ma sempre emarginato. E scesero sulla nuova terra come se fosse accaduto niente e niente pareva essere accaduto, ne visivamente ne dentro l’animo di ognuno, anzi tanta era la felicità del momento che non mancarono i ringraziamenti dovuti alla Sapienza con olocausti sull’altare di alcuni animali e uccelli pure che, naturalmente Noè aveva in quel momento, di facile acquisizione.
Il Signore ne odorò il profumo gradito e disse in cuor suo: “ Non maledirò più il suolo a causa dell’uomo, perchè ogni intento del cuore umano è incline al male fin dall’adolescenza: né colpirò più ogni essere vivente come ho fatto…..”
E tutto questo era stato dalla Sapienza creato, pure il male innato?…E fu cosa buona e giusta.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web : Pietro Liberi – Diluvio universale – Basilica di Santa Maria Maggiore , Bergamo

E SE IMPROVVISAMENTE

E se improvvisamente
ti chiedessi di volare,
di lasciare il posto dove sediamo,
qui di fronte al mare,
e ci librassimo nel cielo
per ammirare l'onde
e farsi accarezzare
dalle nuvole bianche?
E se improvvisamente
ci sentissimo gabbiani
liberi di andare,
cantare al sole
come dormire alla luna
e delle stelle farsi illuminare?
E se improvvisamente,
ci narrassimo una storia,
una fiaba evanescente
perchè possa rimanere
di questo nostro amore
una favola per sempre?
E se improvvisamente?
Almeno con la mente!
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

mercoledì 7 agosto 2019

SE NON CI FOSSE AMORE

Si potrebbe fare
di un romanzo, un saggio,
come di una vita,
un passaggio,
se l'amore non fosse
l'interprete principale,
come se in un giardino,
che si voglia chiamar tale,
non ci fosse la rosa
a rendere profumo e colore.

Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: Photo by Angelina Mei

MO YAN - IL SUPPLIZIO DEL LEGNO DI SANDALO

Dalla mia pagina FB: "Rileggendo"
"Soltanto chi conosce il male può evitarlo: soltanto conoscendo il demone che si nasconde nel cuore umano si può diventare santi" Mo Yan – Il supplizio del legno di sandalo”
Nel 2012 vinse il premio nobel per la letteratura uno scrittore – saggista cinese Mo Yan pseudonimo di Guan Moye, e sinceramente io non conoscevo affatto e non avevo letto niente di lui. Già si parlava di un suo capolavoro, Sorgo rosso, di cui poi aveva tratto un film dal titolo omonimo, il regista Zhang Yimou.
Io sono sempre stato curioso, quando si danno certi importanti premi, di conoscere e saperne un pochino di più di coloro che ne vengono in possesso, spesso sono già a conoscenza, ho già letto qualche cosa di costoro, ma anche spesso rimango allibito da quanto è vasto questo mondo di scrittura che esistono personaggi di una vastità culturale che io invece non ne ho mai sentito parlare.
Allora, come faccio sempre, mi prendo il tempo e vado in libreria, dove comincio a cercare le produzioni e le opere di quel determinato autore, mi prendo tutti i libri, mi siedo, se trovo un posto libero, e comincio a leggermi le recensioni che sono solitamente in terza di copertina o sul ripiego della copertina principale. Quando faccio questa ricerca, sono estremamente felice, perchè so che sto cercando un libro senza avere influenze di nessun genere, rovisto in un mondo sconosciuto e posso liberamente scegliere secondo il mio istinto e gusto personale.
Ugualmente feci di Mo Yan e scelsi “ Il supplizio del legno di sandalo”.
Ritengo che parlare di questo libro sia tendenzialmente difficile e allo stesso modo anche facile, difficile perchè l'autore è uno di quelli che ti trasporta nel suo mondo (la Cina) con una leggerezza e una forza insieme che non hanno uguali, descrivere il suo modo dettagliato e umano, minuzioso e viscerale che lui ha di scrivere, bisognerebbe, a parer mio, essere come lui per farne capire intensamente le sue proprietà.
Il romanzo parte dalla prossima condanna del maestro dell'opera dei gatti, Sun Bing risalendo all'antefatto, con il susseguirsi di scene e di personaggi tutti avvolti nel fascino misterioso e nelle tramandate tradizioni che caratterizzano il popolo della Cina di sempre. I protagonisti sono due maestri, il primo che ho già citato e il secondo, l'istituzione, Zhao Jia boia del Ministero delle Punizioni.
Tutti e due sono intenti, sullo sfondo di insurrezioni dei Boxer, sulla decadenza dell'impero, a realizzare, l'uno contro l'altro, la loro ultima e grande opera, e naturalmente intorno a loro il normale svolgersi della vita con le passioni, gli amori, gli interessi e le tradizioni che insieme al Paese si stanno sgretolando. Ma saranno i deboli, il popolo, coloro che sono sempre stati ai margini, che insorgeranno contro l'impero e la sua amministrazione, per affermare la loro resistenza.
Ma il fascino a parere mio di questo libro, pieno di ideali e d'amore, è data dai racconti del boia, che con una minuziosa cura e descrizione l'autore riesce a descrivere i vari supplizi che Zhao Jia ha inflitto nella sua carriera e da sottolineare l'opera eccelsa che Mo Yan si dilunga e sulla quale si provono davvero brividi, stupore, un senso puro di repulsione, in poche parole ne diventiamo vittime ma soprattutto esecutori, della morte per “taglio dei 500 pezzi” , 500 pezzi che vengono tolti alla vittima uno alla volta e la maestria del boia deve essere di riuscire a tenere vivo il disgraziato fino all'ultimo pezzo. Detto così parrebbe una barbarie disumana, ma la descrizione di Mo Yan non si avvale tanto nel gesto e nell'operare questa tortura, ma ne descrive le sensazioni e le emozioni, gli stati d'animo del boia stesso nell'infliggere tale supplizio. Qui a mio parere si capisce del perchè del Premio Nobel. L'intento poi dell'autore è naturalmente quello di denuncia, in un paese che poi non è cambiato molto in materia e che molto ancora è da far sapere e conoscere.
La prima volta che l'ho letto sono rimasto esterefatto, ho visto a quale livello può arrivare uno scrittore, a quali capacità può un autore arrivare a descrivere, tale da poter trasportare, e vi garantisco in quel momento se avrete occasione di leggerlo, voi siete il boia e vivrete “realmente” del suo esserlo e del suo forte potere e dovere che ha verso il suo padrone “l'Impero”.
Da questo poi ho ampliato la lettura a altri suoi e più famosi libri, ma per me questo è l'eccelso.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

IL LIMITARE DEI PIOPPI

Vado camminando come un elefante poso le tracce ma infondono soltanto come un passerotto, e lascio nel cielo un alito leggero di profumo mis...