giovedì 31 ottobre 2019

LA NOTTE DI HALLOWEEN

Era una notte buia e tempestosa, il vento soffiava a più non posso, pareva che il mondo crollasse in un momento ma era la notte delle streghe e tutto era previsto.
Ardesia, Clara, Samantha e Doriana erano tra care e umili vecchiette che abitavano vicine in un piccolo paese di campagna, tra fiori e pioppi, campi e farfalle, erano quattro amiche inossidabili già dal dopoguerra, quando insieme andavano a scuola e insieme già combinavano marachelle.
Ardesia era la più anziana, di pochi anni comunque dalle altre, ma era anche quella che ritenevano, nel loro stretto gruppo, la capa, ovvero colei a cui si doveva, non obbligatoriamente, ma per semplice dovizia, rendere e prendere insegnamento. Aveva un carattere dolce e inoffensivo, ma audace e austero se la si contraddiva, amava fare giardinaggio e non v'era erba che non conosceva. Vivace nell'animo e nel cuore, sapeva di ognuna la sua storia e di ognuna ne portava il più alto rispetto anche se qualche volta si lasciava ammorbidire e contraddire chi non l'approvava per intero.
Clara era di tutt'altro aspetto, almeno nel morale, sempre litigiosa e controcorrente, infastidita da ogni cosa e non trovava pace, aveva come si suol dire, un diavolo per capello, e di capelli nonostante l'età avanzata, ne aveva ancora tanti e ancora mori e lunghi che arrotolava in fare di cipolla dietro la testa. Lei non proponeva, lei criticava, ma le amiche non gli serbavano nessun rancore, del resto era il suo fare e lasciavano correre sopra. Comunque anch'essa aveva un grande cuore e sempre disponibile per gli altri ad ogni fare.
Samantha e Doriana erano sorelle, nate gemelle ed erano precise e identiche sia esteriormente che nell'interiore, erano due gocce d'acqua scandite perfettamente, solari, disponibili, giudiziose, esemplari per il loro sempre acume in ogni cosa e pensare, erano insomma le basi a cui ci si poteva aggrappare.
Queste dolci nonnine erano comuni anziane che scorrevano la vita, tra il loro cucinare, ricamare, badare ai nipotini, saper accudire la casa e dedicarsi ai fiori e agli animali, frequentavano un'associazione per dare una mano ai meno abbienti e portavano sempre dolcetti e torte a chi magari di mangiare ne aveva ben poco.
Ma in un giorno fatidico, il paese sapeva e tremava, accadeva l'irreale.
Si dice che nella sera tra il 30 e il 31 Ottobre esse si ritirassero in una casa, e mai si sapeva quale, per assumere la vera identità, pare che siano state quattro fantastiche streghe e che in quella notte di Halloween si riunissero per fare gioco e gettare incantesimi sulle persone loro conoscenti.
Si radunavano felici intorno ad un tavolo servendosi del te bollente, con i cappelli neri in testa e con pure i mantelli, iniziavano la loro distribuzione di malefici, o così si credeva.....MA...
erano soltanto incontri divertenti che queste nonne, giovani nello spirito e nella mente, si travestivano e iniziavano la semplice cosa che altre fanno sempre, parlare, forse anche con sottile maldicenza, diciamo semplice pettegolezzo di cose futili e con leggera essenza.
Insomma la gente era quella più maliziosa, se vogliamo, pensandole davvero come streghe e non come quello che poi erano davvero....quattro arzille e simpatiche signore.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

domenica 27 ottobre 2019

Nina Simone - Don't Let Me Be Misunderstood





Un'intempretazione da brividi, voce UNICA!

HO IMPARATO ADESSO

Ho imparato adesso
a capire il mondo
a considerarlo
per quello che mi dona
e quello che mi è offerto,
a voltare le spalle
a chi mi è davvero contro,
a prendere sottogamba
ogni problema che mi
salta addosso,
a credere nell'amicizia
quella che mi corrisponde,
a fregarmene dei giudizi
senza dare peso a darne agli altri,
ma soprattutto ho imparato
a vivere del momento
e non perdere mai nessuna occasione,
di agire se mi viene la voglia
e correre contro vento
per conquistare il passo
con la forza e il coraggio.
Ho imparato adesso
a vivere di me stesso
e di chi mi segue appresso.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

sabato 26 ottobre 2019

OLTRE UNA FESSURA

Qual' era poi il mistero,
il fascino e l'irreale
che dietro un buco aperto
o una fessura larga,
vedeva l'innocenza,
oltre, come una fiaba.
Qual' era poi il ricordo
il sogno e la chimera
che entravano nei cuori
e nell'esperienze,
lasciava il curiosare
oltre la parvenza
e s'immischiava dentro
nel maturare.
Qual' era poi la trasparenza
che vi rimaneva
al tempo solo immagine
e divertimento,
reale, sono invidia
spesso pettegolezzo,
curiosità malsana
ignorante comportamento.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: Kids peeking through holes in a fence - photographer unknown

venerdì 25 ottobre 2019

GOCCE

Gocce sospese
su filamenti
di piuma,
insostenibilità
di vita odierna,
che il vento
non le colga
se ancora
non evaporate.
E spesso
piove
a fondere il tutto.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

giovedì 24 ottobre 2019

ERMANNO OLMI - L'ALBERO DEGLI ZOCCOLI


Era il 1978, anni in cui avvenivano cambiamenti sociali e politici, dove tutto era in ebollizione e dove tutto era in congestione, quando il grande regista Olmi portò a Cannes questo spettacolare film che era al di fuori dell'industrializzazione, delle battaglie sociali e operaie, un film pulito nella sua interiorità che parlava di realtà contadine, una realtà che ci apparteneva e che abbiamo fatto di tutto per eliminarla e dimenticarla quasi ce ne vergognassimo.
Il film narra di una famiglia contadina della Basa Bergamasca, nel periodo circa di fine ottocento, quando ancora i valori sia sociali, sia familiari erano basati sul reciproco aiuto, conoscenza e rispetto, umiltà e sacrificio, obbedienza e pura libertà interiore. Una comunità in cui esiste un profondo legame spirituale e culturale tale da fargli vivere insieme momenti belli e cose tragiche. Parteciperanno tutti e in tutto al matrimonio della bella Maddalena e tutti accetteranno poi il bambino adottato che gli sposi porteranno da Milano, saranno tutti che uccideranno il maiale facendo le dovute partizioni, saranno tutti che nella tratta da versare al padrone della fattoria, cercheranno di barare per accaparrarsi quei pochi chili di farina in più, ma soprattutto saranno tutti che ascolteranno e impareranno dai racconti e dalle esperienze dei vecchi.
E saranno allora tutti che piangeranno e osserveranno impotenti la partenza della famiglia del piccolo Menek, l'unico che frequentava la scuola, il cui buon padre per riparare uno zoccolo rotto del figlio, che gli serve per andare a piedi a scuola, lavora tutta la notte con un ramo di un albero tagliato abusivamente, e scoperto dal padrone verranno perciò allontanati dalla fattoria.
La caratteristica principale sono gli attori, che sono veri e propri figuranti non professionisti, contadini che parlano la loro lingua e si esprimono con il loro pulito dialetto e la gestualità che gli è familiare, tanto che l'originale del film ha avuto bisogno dei sottotitoli in italiano. E' un fim eroico, che parla delle persone e arriva al cuore, un film che era una meteora in una società di allora, dove già si imparava a correre, dove già si sentiva il fiato pesante dello stress e dove i valori principali di famiglia, rispetto e uguaglianza diventavano spazzatura.
Una meteora che comunque non passò inosservata, almeno all'estero, Cannes gli affidò la palma d'Oro.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web : Locandina del film e alcune scene





mercoledì 23 ottobre 2019

RECONDITI PENSIERI

Reconditi pensieri
volano come foglie,
senape colorate,
verdi speranze,
salgono come scalini,
pietre abbandonate,
negli occhi e le visioni,
sogni ed effusioni,
d'autunno riscaldati.
Reconditi pensieri
caduchi dell'estate,
trascorsi di anni,
di stagioni.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

lunedì 21 ottobre 2019

PIETRO VANNUCCI (PERUGINO) - CONSEGNA DELLE CHIAVI

Quando si ha la fortunosa occasione di poter entrare nella Cappella Sistina, gli occhi non trovano posa, non hanno fermo, non riescono a focalizzare un punto fisso per poter ammirare con la dovuta calma e riflessione, tutto l'intorno è un immenso cercare di capire, di vedere, siamo dentro un immenso affresco di figure, santi, uomini , animali e sentiamo e godiamo al momento della forza emotiva e emozionale che ci raggiunge. E non possiamo dire all'uscita che abbiamo visto tutto, anzi spesso si sente dire che c'è volontà di volerci ritornare, per potere ammirare meglio e con più dovuta preparazione allo choc subito. E quello che rimane impresso sono le figura Michelangiolesche, e la cattura sul soffitto della “famosa creazione”, ci abbaglia e ci stupefà il giudizio Universale sulla parete dell'altare , ma difficilmente si prende atto delle bellissime e non meno importanti rappresentazioni che sono quasi alla base delle pareti della cappella. Sono affreschi voluti sempre da Papa Sisto IV col preciso tema delle Storie di Gesù, cui collaborarono i migliori artisti del tempo, tipo Botticelli, Signorelli e Pietro Vannucci, ovvero il Perugino. 
Oggi voglio parlarvi proprio dell'affresco attribuito al Perugino, del quale comunque pare si avvalse dell'aiuto anche del Signorelli e Bartolomeo della Gatta e Pinturicchio, la Consegna delle Chiavi.
E' un enorme affresco cui spiccano i personaggi principali, Gesù che dona la chiave d'oro della Chiesa (simbolo del potere spirituale) e quella bronzea (il potere temporale) a un San Pietro prostrato e in ginocchio, al centro dell'opera con allineati, da ambedue le parti i dodici apostoli più altri contemporanei, di cui si attribuiscono i volti al Perugino medesimo (sulla destra, vestito di nero e con i capelli crespi che guarda verso lo spettatore, quello con la squadra in mano Giovanni Dolci, lo scultore e architetto Andrea Bregno e quello con il compasso Baccio Pontelli.
Il tutto in un ampio spazio scenografico, su una pavimentazione a riquadri prospettici che raggiungono l'edificio centrale e punto di fuga della prospettiva, un edificio che ricorda il Tempio di Gerusalemme alludendo così alla nuova Chiesa fondata dal Cristo. Parallelamente a destra e sinistra due archi di trionfo rinascimentali rimandando al noto Arco di Costantino, dove su uno di essi c'è una citazione latina, che elogia Papa Sisto IV per avere edificato la Cappella emulando e superando Salomone costruttore del tempio di Gerusalemme. In frammezzo si notano due distinte scene, la prima rappresenta l'episodio della moneta del censo mentre la seconda, sulla destra, la tentata lapidazione di Nostro Signore. Tutto sotto un cielo azzurro, dove all'infinito sbianca totalmente come è caratteristica del Maestro rappresentarlo.
E' un episodio solenne, l'investitura di Pietro da parte del Signore , in un contesto pittorico altrettanto solenne , magnifico e se vogliamo anche audace, dando una personale forma architettonica e soprattutto prospettica, unica e originale proprio del Perugino. Gli Apostoli sono estatici a questo evento e anche Giuda, ancora con l'aureola in testa, di spalle, con una tunica azzurra, che mette mano alla borsa. 
In questa opera c'è un'assoluta ricercatezza per una composita armonia del tutto, scavalcando vertici di perfezione insoliti agli schemi umbri del Quattrocento, soltanto Raffaello ispirandosene nello “Sposalizio” oltrepasserà questi limiti!
Se avrete occasione di ritornare, o andare per la prima volta a visitare la Sistina, soffermatevi, se potete un attimo in più per visionare questi affreschi alle basi delle pareti.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

NEL SILENZIO

Se dovessi rappresentarti nel mio
album segreto di accadimenti e pensieri,
ti raffigurerei nel silenzio,
perchè è in quello che ho sentito 
tutto l'immenso e incantevole
momento d'amore che mi abbia sempre donato.
Quando ti penso, naturalmente sempre,
penso al silenzio che mi invade
e in quello io mi perdo
felicemente accarezzato
e cullato dal tuo fragore.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: Michael Whelan

sabato 19 ottobre 2019

Il Giardino di Calliope: "PRESTO SARA' TEMPORALE" di Roberto Busembai (erre...

Il Giardino di Calliope: "PRESTO SARA' TEMPORALE" di Roberto Busembai (erre...: Sono gabbiani, quelli bianchi, che volano nel cielo, sono gabbiani , quelli che navigano sulle acque anche quando le onde si infrangono nel...

QUANDO L'AMORE MUORE

Fredda e gelida natura
di una pietra di marmo
inonda il corpo e il pensiero
quando l'amore muore,
così, improvviso,
come il sole acceso
si spegne al tramonto,
rimangono soltanto,
soffici abbracci
di velluto nero e
rose sbocciate intorno,
che presto doneranno
caduchi petali seccati,
olezzo di profumo aerato.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: Arantzazu Martinez - The Death Of Love

venerdì 18 ottobre 2019

DENTRO AD UN BICCHIERE

Sarà sicuramente sogno
il futuro che ci aspetta,
sarà sicuramente rosa
il bocciolo che io prendo,
sarà comunque donna
quel sapore eterno.
E saremo un roseto intero
dentro ad un bicchiere, pieno
d'acqua dolce, a darci il sostegno
per insieme poi sbocciare.
Sarà sicuramente primavera
per trovarci ancora
nell'inverno.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: Josef Sudek - Bud of a white rose

GIANNI LO SCIOCCO


Un'astuta e bella principessa, stanca dei soliti insulsi e ignoranti corteggiatori, nella volontà di sposarsi e di avere a fianco un principe che fosse in grado di poter tenere a bada i cortigiani e il Reame tutto, volle metterli alla prova, instaurando con loro una normale conversazione valutando così la loro perspicacia e intelligenza dalle risposte dategli. Ma l'esperimento sembrava non dare buoni frutti, nonostante i pretendenti venissero pure dai paesi lontani, nel dialogare con loro, nessuno era all'altezza dell'intelligenza e dell'acume della principessa.
Nel tempo in cui si svolgevano questi fatti, c'era in un paese limitrofo, vicino al quel reame, un contadino che aveva tre figli, che oltre a essere una mano forte per il suo lavoro avevano anche un acume particolare, il più grande di esse sapeva addirittura a memoria tutto il dizionario latino, il secondo non c'era articolo del codice che non conoscesse, mentre il terzo suo malgrado, non sapeva assolutamente niente, era un bravo ragazzone, lavoratore, sempre ubbidiente e composto, ma la sua semplicità era talmente grande che abbondava di non sapienza tanto da essere conosciuto come Gianni lo Sciocco.
Naturalmente anche questi giovani ebbero a conoscenza del bando indetto dalla principessa e vollero sostenere la prova, compreso il povero Gianni.
Un giorno partirono insieme a cavallo, ed insieme arrivarono al cospetto della regina, ma i due sapientoni, al cospetto di tanta bellezza e di tanto fasto non riuscirono a cavar parola e furono naturalmente scartati. Gianni, che era entrato nel palazzo con un corvo morto, una scarpa rotta e un pugno di fango che aveva raccolto strada facendo, spavaldo si inchinò davanti alla regina asserendo:
Che caldo che fa qui dentro!
Certo, rispose la giovane, perchè sto cucinando dei polli.
Allora potrei cuocere anch'io questo corvo?
Se volete, non ho problemi, ma non ho sufficienti casseruole.
Che importa, l'ho io. E mostrò la scarpa rotta.
Ma manca la salsa! (La principessa ci stava prendendo gusto)
Se permettete mia principessa, ho anche quella. E prese del fango che aveva nelle tasche.
Bravo! Ma lo sapete che ogni cosa che voi dite domani sarà pubblicata in tutti i giornali del mondo?
E mostrò a Gianni alcune persone che in effetti prendevano nota del colloquio.
Bene! Allora loro si meritano la parte migliore.
E gettò il resto del fango sulla faccia di quei signori.
La figlia del Re rimase talmente soddisfatta delle risposte di quel giovane che volle subito preparare le nozze dichiarando vincitore il semplice ma astuto Gianni lo Sciocco.
Spesso e anzi meglio, sa districarsi nella vita, una persona semplice e con poca sapienza, ma con intelligenza e acume innato , che tanta sapienza appresa e ripetuta a memoria come anatre rumorose sulle aie. Bisogna sapersi districare nella vita a seconda del momento e delle situazioni, e il sapere è importante ma bisogna avere anche la proprietà di saperlo adoperare.
Mio riadattamento dalla fiaba “ Gianni e lo Sciocco” di H.C.Andersen
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: “Gianni e lo Sciocco” illustrato da C.Ruffinelli

giovedì 17 ottobre 2019

NON CI SARA' PERDONO

E avete ancora
la faccia tosta
di presentarvi
al vostro Dio
alle vostre chiese
per le vostre preghiere,
e avete ancora
la faccia tosta
di chiederGli
che esaudisca
le vostre egoistiche grazie,
e avete ancora
l'anima tosta
di comunicarvi
nelle vostre religioni
liberi dei vostri peccati.
Ma il vostro, il nostro
e il loro Dio
non recherà Perdono
e ognuno si porterà
sul collo
e dentro il cuore,
il peccato di un uomo
morto affogato
giunto in riva al mare,
e non ci sarà,
se il nostro, il vostro e
il loro Dio,
sarà giusto,
nessun Perdono,
e non serviranno denari,
suppliche o inganni,
pianti e disperazioni,
falsi sacrifici
e insulse preghiere,
saremo tutti
conchiglie vuote
a bere di quel sale,
tanto, quanto ne
abbiamo lasciato ingoiare.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: ‘Mare nero’ - migranti nei dipinti

martedì 15 ottobre 2019

PABLO PICASSO - GUERNICA

E ancora si parla di guerra, gli anni duemila, i così tanto sospirati anni della tecnologia e del progresso, dei viaggi intergalattici e delle grandi imprese spaziali, delle auto robot e delle case in materiale indistruttibile, si parla purtroppo, ancora, di guerra, di genocidi, di sterminio di etnie, di emarginazione, di razzismo, di invidie, di egoismo. E ancora non si vuole capire l'importanza della vita e per questo siamo così facili a privarla.
Il 26 Aprile del 1937, la legione Condor della Luftwaffe tedesca scarica tonnellate di bombe incendiarie nella cittadina basca di Guernica, come atto intimidatorio contro la resistenza in una Spagna invasa da una cruenta guerra civile. E' un vero massacro e soprattutto è un massacro di civili e di innocenti, il novanta per cento degli abitanti sono donne e bambini, gli uomini sono impegnati nella guerra, duemila corpi rimangono su quei terreni arsi, distrutti e bruciati.
Picasso in quel periodo vive a Parigi, ma è stato incaricato dalla commissione del Governo a rappresentare la Spagna alla Mostra Internazionale di Parigi per quell'anno, doveva realizzare un grande murale per il padiglione spagnolo. Ma non aveva estro e non aveva fantasia, quel murale non cresceva.
Sei giorni dopo i fatti di Guernica, spinto da furore creativo, realizzò in pochissimo tempo una centinaia di schizzi e bozzetti fino ad arrivare alla stesura totale su una tela alta circa 3metri e80cm per 7metri e 80 cm di larghezza.
E' un lavoro monocromatico con sfondo nero e tonalità di grigio, un qualcosa di tinte viola e blu.
In questa sua grande e impressionante rappresentazione di guerra non ci sono armi, cannoni o aerei da battaglia, ma c'è tutta la disperazione e lo strazio che la guerra stessa causa su le persone umane.
La scena si svolge al buio, in uno spazio aperto a rappresentare la piazza della città, dove tutto sta andando a fuoco, sommerso da immense fiamme. Il tutto è sezionabile e ha una sua caratteristica ben precisa, ogni personaggio raffigurato, ogni animale, ogni cosa sono l'identificazione di questo massacro.
Sulla sinistra , in alto , lo strazio di una madre per la perdita del suo bambino, con assoluto riferimento alla deposizione del Cristo dalla croce, il toro alle loro spalle non si sa se rappresenta il dominio minaccioso o è a tutela dei due personaggi.
Sempre sulla sinistra ma in basso notiamo il guerriero caduto che vuole rappresentare l'immagine classica dei caduti spagnoli repubblicani. Simboliche e determinanti i due fulcri di luce, a rappresentarla come vincente sulle tenebre, in alto quasi centrale, l'occhio a rappresentare il sole, e la donna con la lampada appena sotto.
A destra l'edificio in fiamme con una donna che sta bruciando, identificazione gestuale simile a Maria Maddalena.
Altre figure come il fiore che notiamo in basso all'impugnatura del guerriero caduto, a significare la speranza di rigenerazione dopo la distruzione. Pare che un testimone dei fatti, parlando dello strazio delle persone e delle cose che erano arse, avesse notato che in tutto questo soltanto l'albero dietro la Chiesa di Guernica, fortunatamente non aveva avuto nessun danno.
Il toro e il cavallo rappresentano il conflitto tra i due animali, siamo in Spagna e non si può non pensare alla Corrida, infatti spesso accade che il toro incorni il cavallo, infatti quest'ultimo è inteso come l'umanità sofferente. La ferita altro non è che la lancia spinta nel costato di Cristo, e il grido di agonia con la bocca aperta non può non ricordare le varie immagini del Cristo sulla Croce.
L'urlo di Pablo Picasso alla prima rappresentazione di questa opera fu: “La guerra di Spagna è la battaglia della reazione contro il popolo, contro la libertà. Nel quadro Guernica esprimo il mio disprezzo per la casta militare che fa sprofondare la Spagna in un oceano di dolore morale di morte.”
Si può ben dire che questa opera è il più grande dipinto dedicato alle brutture della guerra, una rappresentazione di dolore, di sofferenza di donne, bambini e animali vittime di un nulla, un tema universale e sempre purtroppo attuale.
Il quadro è stato, su volontà dello stesso Picasso, custodito in America e soltanto nel 1981 è tornato in Patria, quando le libertà politiche erano ristabilite.
Vorrei concludere questa piccola analisi con una Poesia del poeta inglese John Donne vissuto a cavallo tra la fine del 1500 e gli inizi del 1600.
“Nessun uomo è un'isola, 
intero in sé stesso.
Ogni uomo è un pezzo del continente,
una parte della terra.
Se una zolla viene portata via dall'onda del mare,
la terra ne è diminuita,
come se un promontorio fosse stato al suo posto,
o una magione amica o la tua stessa casa.
Ogni morte d'uomo mi diminuisce,
perché io partecipo all'umanità.
E così non mandare mai a chiedere per chi suona la campana:
essa suona per te.”
Roberto Busembai (errebi)
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lunedì 14 ottobre 2019

IL SENTIMENTO NON CONOSCE....

Il sentimento non conosce solo il pianto
di una pioggia d'autunno
fermo sui rami spogliati 
dalla forza nuova dei venti,
il sentimento conosce anche i colori
che inebriano la valle e le montagne
con rossi profondi e gialli caldi,
lasciando profumati aromi 
di funghi e di castagne.
Il sentimento langue nel lasciarsi abbandonare,
l'autunno è il trascendentale
di un trapasso,
la strada che porta alla finale
di un lungo percorso d'attraversare
e attraversato.
Il sentimento non si lascia abbindolare,
e non si frena al brivido del cuore,
la lacrima talvolta può far bene
pulisce l'animo dalle infinite scorie.
Roberto Busembai (errebi)
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domenica 13 ottobre 2019

COME SE IL NULLA

Come se il nulla non avesse faccia,
come se nebbia non avesse acqua,
si corre spesso anche stando fermi,
seduti sopra il ciglio dell'immenso
e ci accorgiamo che quello che vediamo,
non è che un vago e torbido senso.
Come se il nulla non avesse forma,
come se vento non avesse canto,
si pensa spesso e si ritorna al nido
facendoci domande senza risposte
eppure ci troviamo a un passo
da un grande precipizio,
e non sappiamo neppure volare.
Come se il nulla non avesse memoria
come se il pensiero si potesse arenare,
siamo onde di mare senza spiaggia
su cui posarsi per bagnare,
siamo spesso pietra e sassi
in un mondo di lacrime e di mari.

Roberto Busembai (errebi)
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LE LETTERE

LE LETTERE

Era sempre sereno , o almeno così io lo ricordo, forse per la mia età molto giovanile e forse perchè d'allora di tempo n'è passato tanto, quando arrivava con la sua bicicletta nera, il postino del paese e a forte voce chiamava mia sorella, perchè per lei spesso c'era una lettera del suo amoroso che era a sbrigare l'obbligo del tempo, ovvero era di leva. E sempre lei la prendeva, con cura e con affetto vi posava sopra le labbra come a darle un bacio e poi correva in camera e per un po' non girava più per la casa, e guai a disturbarla. Io lo sapevo che non potevo darle noia, ma ero anche contento perchè chissà per quale mistero, dopo lei era più serena e mi sopportava meglio.
Avevo allora sette o otto anni e già andavo a scuola, sapevo ben leggere e fare alcuni conti, ricordavo tutte le tabelline e disegnavo mari, case e monti, non mi stancavo di leggere e imparare, ogni qualsiasi cosa che avesse da raccontare, io la leggevo con bramosia , ma avevo un cruccio, insomma un mio punto fermo, avrei voluto leggere quelle lettere misteriose, perchè chissà che cose speciali c'erano scritte sopra, per trasformare il carattere scontroso di mia sorella in un giulivo sorridere per giorni. Ero curioso perchè immaginavo che sopra vi fossero raccontate le gesta del suo moroso soldato, che forse andava a conquistare il mondo e ogni volta a lei raccontava tutte le avventure che avesse incontrato, lo immaginavo a lottare con popoli ribelli, a scavalcare faticosamente montagne erte e nevose, a navigare sopra mari agitati e scossi, e immaginavo anche che le raccontasse tutte le cose nuove e belle che lui avrebbe avuto da vedere. Immaginavo castelli dorati e principi con smeraldi, terre di tessuti raffinati e di vari colori, profumi e spezie da sentirne i profumi.....immaginavo che forse al suo ritorno avesse portato con se tutte queste cose e le regalasse a mia sorella, forse chissà un castello me lo avrebbe regalo!
Ma era impossibile poter soddisfare questo mio desiderio, mia sorella le lettere le teneva in un posto ben nascosto, sicuramente in camera, ma avessi saputo dove, e era anche difficile avere il tempo di rovistare tra le sue cose, perchè la camera, quando lei non c'era, la teneva ben chiusa a chiave....forse mi conosceva bene.
Una mattina arrivò una cartolina, una di quelle colorate con sopra rappresentato un luogo con case bianche e palme e un mare immensamente azzurro, che la mia fantasia parve avere ragione di quello che aveva pensato, non ebbi il tempo di leggere il retro, ma capii che era sempre del suo amoroso e che le inviava la foto di un posto dove forse lui era arrivato. Ma l'effetto non fu lo stesso delle lettere, la lettura di questa cartolina illustrata non fece cambiare l'umore a mia sorella, anzi da allora fu tutto peggio.....ecco perchè questo lo ricordo ancora!
Erano trascorsi pochi giorni dal fatto della cartolina che mia sorella mancò di casa per due giorni, era ospite da una sua amica perchè insieme sarebbero state in gita con la scuola, lei aveva allora diciotto anni e frequentava le magistrali, quel tipo di scuola che si va perchè poi dopo si diventa insegnanti per ritornare a scuola, e sorprendentemente nel trambusto dei preparativi, aveva lasciato la porta di camera aperta. Non potevo fallire!
L'indomani mi alzai prestissimo e attento a non fare rumori per non svegliare i miei genitori, entrai in quella camera, chiusi la porta a chiave e mi guardai intorno. Un letto ben rifatto con una coperta rosa a fiori blu, una sedia e un comodino al fianco destro, con sopra una cornice vuota e una sveglia, libri, penne, nastri e fiocchi sopra la scrivania e uno specchio grande con tante cartoline illustrate infilate nella fessura tra lo specchio e la sua cornice. Una cassapanca e un mobile alto di legno scuro con un grande cassetto alla base. Dove frugare? La mia prima mossa, infantile, guardare sotto il letto, e sotto il materasso, ma era banale e scontato non vi trovassi niente. Pensai un poco, ma l'emozione mi mangiava dentro e non mi concedeva di pensare.....aprii il cassetto ma non c'erano che maglie di ogni tipo e colore, spostai alcuni libri , ma non trovai altro che fogli di esercizi di matematica, con segni strani e per me allora incomprensibili, aprii il banco e frugai sommariamente tra i vestiti e le scarpe in basso , ma non trovavo niente.
Eppure, dicevo tra me e me, non può averle portate via con se.....quando involontariamente feci cadere il cestino della carta, che si trovava sotto la scrivania, e.....si sparsero per terra come fagioli nell'aia a seccare, coriandoli di lettere e buste, tutte riconoscibili dal loro colore, che solitamente cambiava ogni volta che ne arrivava una. Mi chinai meravigliato, ne presi alcuni pezzetti, quasi li scelsi perchè la curiosità era ancora forte, quelli più grandi dove si poteva leggere lo scritto e lessi......come un usignolo.....oltre il mio cuore.....aspetto con ardore....e altre di queste cose sceme.....forse ne aveva altre, ed era in quelle che si parlava certamente di avventure, ma più guardavo in terra e più mi convincevo che quelle erano davvero tutte e non ve ne sarebbero state altre.
Perchè le ha strappate?.......Poi riguardai nello specchio e notai la cartolina dalle case bianche e dalle palme sul mare, la presi, la girai e sul retro lessi......Ora sai dove sono....addio.
Non ho mai detto a mia sorella questo fatto, e sono sicuro che non avrà modo di leggere quello che ho scritto, spero comunque a chi mi conosce che non le faccia sapere di questo segreto......Del resto era bambino ma un bastardo ero in grado di conoscerlo già allora.

Roberto Busembai (errebi)

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sabato 12 ottobre 2019

UNA ROSA

Lo spero sempre
e lo sottolineo pure,
una rosa è un gran bel fiore,
sia nel colore 
che nel suo dolce profumo,
ma da sola,
recisa, abbandonata
su un tavolo di legno,
natura con natura,
colore con calore,
fa tanto male al cuore
che si dimentica,
a guardarla,
il suo significato, unico,
quello dell'amore.
Roberto Busembai (errebi)
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venerdì 11 ottobre 2019

LE DUE ZUCCHE e IL VENTO INVIDIOSO



LE DUE ZUCCHE
In tempi autunnali, era solito e consuetudine che piovesse tanto, e spesso anche troppo, infatti un giorno un fiume, che sempre percorreva il suo corso in tranquillo e normale scorrere verso il mare, si riempì tanto d'acque che non riuscendo a contenerle nel suo letto, fu costretto a tracimare nelle campagne confinanti e invadendo coì cose, animali e persone. Le ultime seppero comunque mettersi in salvo, alcuni animali purtroppo non riuscirono nell'intento di rimanere in vita, ma la vegetazione e gli orti non ebbero risparmio e furono perciò allagati e dispersi.
In questo fare impetuoso, due zucche, belle tonde e dal colore arancio acceso, furono addirittura strappate dal loro appiglio e trascinate con forza dalla corrente, ma fortunatamente esse galleggiavano, e anzi una davvero si sosteneva a galla con molta e naturale meraviglia, mentre l'altra appena appena emergeva dal flutto.
La prima, quella che sapeva ben galleggiare e navigare, incitava e derideva l'altra:
Ma che fai, hai paura? Guarda come nuoto bene e come so fare a stare a galla, mi diverto pure con l'onda, dai che fai, rimani indietro?
Un ranocchio, che quando ci sono queste fiumare non mancano mai sulla scena, sentì quella zucca e non potette starsene zitto e ebbe giustamente a replicare:
Non ti credere tanto superba, amica mia, lo sai il motivo per cui riesci a stare meglio a galla al pari della tua simile? Perchè sei vuota dentro!
Quanta gente galleggia per lo stesso motivo!
IL VENTO INVIDIOSO
In un ammirevole giardino, troneggiava una rosa per il suo splendido e particolare colore ma soprattutto per l'incantevole profumo che emanava a tal punto che un sottile alito di vento giocava, nel carezzarla, per poter espandere e godere di quella bontà. Improvvisamente su quel bellissimo fiore si posò un'ape e iniziò il suo fare naturale di asportarne il nettare, ma il vento invidioso, pensando che quell'insetto potesse portare via tutto quel profumo, si fece più brusco e iniziò a spirare con più violenza per scacciarlo, ma l'ape non se ne staccava, anzi, ben aggrappata ai petali continuava imperterrita il suo lavoro. Allora il vento soffiò tanto, ma tanto più impetuoso, che mise si in fuga l'ape che svolazzò subito in altro giardino, ma l'impeto era stato tanto mai forte che spezzò anche lo stelo della rosa che a terra, dopo poco, iniziò ad avvizzire.
Così, come accade assai spesso, l'invidia operò a proprio danno!
Mio riadattamento di due favole del “CLASIO”, ovvero del poeta Luigi Fiacchi di Scarperia (FI) 
Roberto Busembai (errebi)
Immagini web

DESIDERIO

Si sente come il vento
che entra piano piano
da una finestra aperta
sull'orizzonte lontano,
si muove come la tenda
leggera che svolazza
come foglia caduca
da una forte tempesta.
Si agita come il mare
che in fondo alla deriva
posa la sua onda
per poi ritrascinarla via,
si spreme come una limonata
gialla nel colore
aspra ad assaporarla
dentro un bicchiere pieno
da sembrare vuoto.
Si chiama desiderio
e non ha mai un punto fermo,
come un errante pellegrino
che cerca il suo percorso,
non sarà mai tramonto
se non vedrà mai il mattino.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: Andrew Wyeth (American 1917-2009)

giovedì 10 ottobre 2019

NON HO PIU' RISORSE

Non ho più risorse
da poter mantenere,
si sono perse invano
su un terreno incolto,
ho perso la mia lotta
del vivere sereno,
di sapere amare
senza volere niente,
di non pretendere enormemente
e sapere rispettare,
ho perso la mia lotta
del vivere normale
e non ho più risorse
per potere ancora sopportare.
La poesia insegna e non
è affatto falsa e immorale,
è libera di dire e pure di pensare
e non trova ostacoli
da poterla fermare,
la poesia ragiona e scrive
con il cuore aperto,
soltanto che adesso
non ho più risorse
perchè quel cuore è davvero perso
da innaturali eventi
che tendono a far male,
solo per il piacere e la soddisfazione
di sentirsi vivi nel poterlo fare.
Non ho più risorse
e non so più comunicare,
la poesia svanisce
nelle nebbie del pensare.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: at Kelso Races

mercoledì 9 ottobre 2019

ERICA JOUNG - PAURA DI VOLARE

E' audace, o forse pretenzioso, ma parlare di questo libro non è un'impresa facile, soprattutto da lettore maschile, perchè questo libro è stato scritto da una donna e assolutamente per le donne, per l'allora ambita e combattuta libertà, un'icona importante per una lotta femminista combattuta nelle più intrinseche viscere della coscienza e del concetto umano dell'essere e pretendere di essere donna e considerata tale alla pari del concetto “maschio” sociale e privato.
La storia, semplice, ha una protagonista che non cede spazio al suo impostosi e combattuto bisogno di “uscire”, di liberarsi e di farsi comprendere in tutto e per tutto. Isadora Wing è una giovane scrittrice che segue lo psichiatra marito a una convention tra medici a Vienna, e qui lei avrà una delle più sfrenate cotte che cambieranno totalmente il suo modo di vivere, le sue scelte i suoi conflitti sentimentali e non, si innamora perdutamente di un giovane psichiatra.
Paura di volare, il titolo del romanzo, è proprio il primo concetto interiore che nasce nell'intimo di Isadora, paura del nuovo, paura di dover uscire da una gabbia perenne, paura di volare nello sconosciuto, ma ben cosciente che questi sarà la conoscenza della piena e assoluta libertà interiore e non, compreso e forse enfatizzato ulteriormente, il sesso. Che poi la libertà sessuale, altresì non è che il tramite che è servita per evidenziare altre libertà a milioni di donne, e l'autrice in questo si espone magistralmente, forse anche troppo volgare, la sua voglia di amore e la sua voglia di volare.
Ci sono talvolta descrizioni molto dettagliate, che al tempo fecero molto discutere, soprattutto da parte degli uomini (di concezione altamente maschilista) che rimasero sconvolti dalla brutalità di alcune descrizioni che non lasciavano nulla all'immaginazione e questo abbatteva completamente la concezione (quasi eterna) che soltanto un “uomo” si poteva “permettere” di parlare di queste cose in codesta misura.
Il viaggio (volare) alla ricerca di sé molto personale, è il fulcro totale di questo romanzo e della sua protagonista, fatto di molta autoanalisi, sfoghi, ma incisivo e determinante per una lettura del tempo, più di 40 anni fa, ma assolutamente valido ancora.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web : Copertina del libro

lunedì 7 ottobre 2019

NON VOLEVO SCRIVERE, ROBERTO

Non volevo scrivere, ma è impossibile per un presunto poeta, o comunque uno scribacchino, non deporre i sentimenti su due righe, perchè soltanto con questo suo umile fare, riesce a dimenticare, riesce a far scivolare quel mesto dolore che lo coglie quando, improvvisamente, un suo amico, cugino, più che fratello, ha avuto il coraggio e la voglia di andarsene per sempre e senza nemmeno degnarsi di salutare. Non volevo scrivere perchè non volevo dimenticare, troppi giochi ci hanno coinvolto nel passato presente, troppe corse sulle spiagge ci hanno fatto sudare, e quante sudate te hai poi dovuto sopportare nella vita che non ti ha voluto per niente bene.
Non volevo scrivere ma sento che non farlo non potrei stare bene, e io invece voglio dimenticare questo momento di freddo distacco che mi appartiene e mi lascia freddo come ghiaccio, io voglio piangere se ce ne deve essere la voglia e la motivazione e poi chiamarti sempre con il tuo nome, domani nei pensieri, poi magari ritornare a incontrarsi e poterlo ridire fisicamente, Roberto sei andato avanti ma non ti credere ti riprenderò ancora vicino alle onde e ancora una volta ti butterò dentro il mare per scherzosamente farti bagnare. Ciao e questo basta per ora a salutare.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: Dionysos, Hadrian-era marble sculpture, Roman civilisation, 2nd century AD

LUCCA (mia città)

Vista dall'alto
pari una ciambella,
ricoperta di verde pistacchio
con dentro cioccolato sfuso
misto a scorza d'arancia
e di verde limone,
chè poi non sei tanto diversa
nel reale,
dolce nell'apparenza
ma aspra nel colore,
racchiusa tra le tue alte mura
perchè non ne esca
il sapore.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

C'E'

C'è un sogno aperto
oltre il confine che si staglia
al limite del mondo,
o forse è un sogno che scompare
per mai più ritornare
sopra il cielo come nuvole chiare,
ed è allora che sento il silenzio
che dentro fa rumore.
C'è un vago desiderio
oltre quel confine del pensiero,
che non sa ritornare
ma rode come un male,
e mi perdo nell'infinito
continuando a camminare.
C'è un forte bisogno dentro il cuore,
vivere e lottare per poter
più possibile rimanere.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

domenica 6 ottobre 2019

EPPURE QUALCHE VOLTA

Eppure qualche volta,
e forse spesso,
cadono foglie morte,
da un vigore di rami
e posano sull'umido della terra,
eppure qualche volta,
e forse spesso,
cadono vite umane
come le foglie autunnali
e le deponiamo
nella terra umida
dal pianto più che dalla pioggia.
Eppure qualche volta,
anzi sempre,
cadono ricordi di persone
e lasciano sulla terra
solo una pietra, un sasso,
talvolta il proprio nome.

Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: Under The Big Tree / 丘の上でピクニック
- Jumy-M

sabato 5 ottobre 2019

MI VESTO O MI SPOGLIO?

Saresti tu quell'imbratta tele,
che avrebbe il coraggio di ritrarmi?
Ma se sai a malapena prendere in
mano i pennelli!
Non vedi quanto sono bella
e quanto io pretenda che lo rimanga,
mi faccio il bagno e mi lavo pure la testa,
per passare ore a lisciarmi i capelli
e inondare l'aria di profumi,
perchè con quelli io voglio arrivare
a un giovane mio cavaliere,
che certo sta pensando a come
incontrarmi di nuovo nel castello.
Caro pittore mio novello,
solo lo specchio sa rendermi del bello,
la giovinezza che riflette è immensa,
e io ne godo nell'ammirarla,
e poi non nego pure in cuore
un poco di malizia,
del resto la gioventù incombe sulle forme
e pure sui desideri.
Beh allora che faccio,
se vuoi ritrarmi,
hai deciso come devo stare?
"Mi vesto o mi spoglio?
E poi non brontolare!"
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: Louis Ammy Blanc - Portrait of a Girl by a Window with View of a Vast Landscape

venerdì 4 ottobre 2019

CI SONO FOGLIE

Ci sono foglie che restano
appesa nonostante i venti,
le intemperie e le tempeste,
e affrontano dell'inverno
il gelo che le opprime
a scapito di non potere
correre con le altre,
che da tempo ormai
se ne sono andate.
Ci sono foglie che rimangono
nella mente come attimi di luce,
nonostante la memoria
che labile sempre di più diventa,
che il tempo corrode
come sale lo scoglio,
ma non dimentica dei forti dolori
e delle gioiose sensazioni,
e ripercorre
come una giostra che non
si può più fermare,
finchè il giostraio
decide il fine corsa pagato.
Ci sono foglie che non sempre ricordano
l'autunno nel colore, ma anche l'estate
almeno nel calore.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: Manège du jardin des Tuileries, 1950. - @Izis Bidermanas

giovedì 3 ottobre 2019

GIURO

Giuro che oltre questo bacio
che il vigore mi ha spinto
a donartelo con l'impeto
che mi ha preso,
giuro che oltre non ci sarà
il silenzio che ne conviene,
ma saranno sorrisi pieni,
che mi riservo di mantenere
perchè altro non vorrai sentire.
Ti giuro che se sarò diverso
dalla promessa data in questo istante,
vorrei che questo bacio,
che non smette di sorvolare
tra la mente e il cuore,
diventi per me il tormento
e non mi dia più il sapore,
quello vivo e caldo
che ancora scorre dentro
il sangue e la mente insieme.
Giuro... se riuscirò,
da questo bacio, a staccarmene davvero.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

mercoledì 2 ottobre 2019

ERA

Era sempre di corsa,
o forse era il mio piccolo passo
che acceleravo per starle dietro, appresso,
mano nella mano,
la mia sottile e incerta
calda e sicura, la sua, mia madre.
Era sempre silenzio,
le mie parole non dette,
ma il cuore parlava silenziosamente,
il mio infantile bisogno di amore,
di darlo incondizionatamente
il suo, di madre.
Era un trapassare il sogno
tra il mio vagare intorno
di cose nuove e fresche,
io che avevo sempre domande,
risposte dolci, tenui
semplici e elementari, da madre.
Era un uscire dal soffrire del mondo,
uscite talvolta per respirare
aria nuova e incontrare gente,
era averla per questo sempre presente,
proteggermi e amarmi come
solo lei poteva fare,
madre.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web : Peter Marlow - Netherley - East Liverpool (1985)

ALBERT CAMUS - LO STRANIERO

“ Oggi la mamma è morta. O forse ieri, non so”
Si resta impietriti e di ghiaccio, si rimane perplessi e titubanti, ci guardiamo allo specchio e cerchiamo scusanti, si prova dolore a saperci così in tanti.......Perchè questi sono gli effetti che il libro di Camus mi ha dato la prima volta che l'ho letto, ed oggi dopo anni sono ritornato a sfogliare e quanta, purtroppo, verità attuale vi ho riscontrato, tale da rimettermi davanti allo specchio e dirmi “ come Mersault siamo davvero tanti”.
Lo straniero, ovvero l'impiegato ad Algeri, Mersault, improvvisamente una mattina riceve un telegramma che annuncia la morte in ospizio di sua madre. Il protagonista non si farà mai trasportare dall'angoscia e dal sentimento, dal normale decadimento naturale dell'animo e nemmeno dalle cose che gli accadranno da ora in poi, Camus, offre uno scritto distaccato che al contempo lascia noi lettori "inguaiati" e perplessi da questa “esteriorità” sia fisica ma soprattutto intima e emotiva che il protagonista ha con la società. Un distacco tale da farlo poi sentire davvero “straniero” con tutto e con tutti. Lo stato di alienazione del protagonista è all'apice, il suo vivere da impiegato è totalmente fuori dalla “normale” vita borghese del tempo, lui si trova in mezzo a viverci senza riscontrare sensazioni, senza sentire alcuna necessità, insomma totalmente “straniero”.
Nel proseguo dei fatti, pare che il protagonista prenda quasi coscienza di se e si renda conto della sua situazione ma al contempo si rende pure conto del suo mancato senso di vita e sa anche che a questa condizione non potrà opporsi e sarà comunque sempre distante e indifferente.
“Lui non mi capiva ed era un po' irritato con me. Desideravo dirgli che ero come tutti gli altri, assolutamente come tutti gli altri. Ma tutto questo, in fondo, non aveva una grande utilità, e per pigrizia ho rinunciato.”
Il premio Nobel Camus con questo libro mi ha lasciato davvero senza parole, e ha saputo dare una conoscenza della società, che mi ha davvero spiazzato, lo “straniero” siamo noi e oggi ancora di più tale marchio ci appartiene.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

martedì 1 ottobre 2019

TRE O QUATTRO NUVOLE

Sono le piccole e insignificanti
nuvole, tre, talvolta quattro,
a rendere il nostro amore
immenso nel suo agire e pensare,
sono quell'incerto che tendono
spesso a cambiare, a determinare
un bacio e pure una carezza,
perchè sono quelle tre, talvolta quattro,
nuvole che cangiano il colore
di un deserto,
che tende spesso a invadere
la monotona sorte.
Sono piccole e insignificanti,
nuvole dentro il cuore.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web: Edward Weston. White Sands, New Mexico, 1941

IL LIMITARE DEI PIOPPI

Vado camminando come un elefante poso le tracce ma infondono soltanto come un passerotto, e lascio nel cielo un alito leggero di profumo mis...