R - Buongiorno signor Pascoli, e grato della sua cortese presenza tra queste pagine...
P - Grazie a voi per avermi ricordato e sono felice di aprire questa nuova rubrica di letterati e poeti, anche se sinceramente non posso annoverarmi tra i grandi della letteratura italiana, ma certamente so che il mio sentire e il mio scrivere accorato ne ha dato un notevole apporto.
R – La letteratura è un misto di emozioni e di cultura che vanno al di sopra di ogni scritto e bravura...
P – Se mi permette, quando io ho iniziato a scrivere, gli eventi che mi circondavano non erano certo tra i più soddisfacenti, mio padre, ero ancora un ragazzino , venne barbaramente ucciso mentre tornava da un fiera di una paese vicino al nostro, lasciando in miseria noi otto figli e mia madre che da poco succederà alla morte con altri miei fratelli. Rimarranno Ida e Maria a fare il rimanente della nostra famiglia e per sempre.
R – Capisco che il tutto è stato determinante per una visione del mondo ….
P – Dei miei scritti e delle mie opere, ho più soddisfazione nell'avere avuto la possibilità di poter insegnare che scrivere in se stesso, quando mi hanno affidato la cattedra del grande Carducci, mio insegnante a sua volta, penso che soltanto allora ho capito l'importanza del mio fare.
R – Certo è che la natura tutta, la campagna, il luogo rurale sono stati per lei ispirazione
P – La natura, anche quella avversa, è la base della nostra vita, viviamo in questo mondo e su questa terra e di essa ne dobbiamo portare fede e amore, ogni cosa , ogni evento naturale, ogni albero, animale ecc sono poesia del cuore e dell'animo vitale.
R – E da questi la famosa raccolta di poesie Myricae dove il paesaggio autunnale predomina....
P – So dove vuole parare....in effetti in queste poesie al di là del paesaggio è sotto intesa l'inquietudine e l'angoscia perenne, certo non posso negare che non sia stato caratterizzato dagli eventi suddetti e provati, in effetti l'angoscia del vivere quotidiano mi ha sempre colpito e influenzato. Ma rimango e sottolineo che l'importanza che ho sempre voluto nei miei scritti era quella di saper cogliere il tutto con immediatezza e spontaneità, una spigliatezza caratteristica dello spirito infantile, una semplicità che tende a far comprendere la semplicità stessa della natura e della vita.
R – Il fanciullino.....
P – Si, in questo saggio volli far emergere proprio il mio rapportarsi alla vita con la voce di bambino, con la sua purezza, cose che purtroppo con il crescere perdiamo e nascondiamo a spada tratta, il fanciullino, così chiamato, vive sempre dentro di noi, e sta a noi a cercare di riproporselo per poter apprezzare l'intorno.
R – E allora ricordiamo alcune sue opere....da dove vogliamo iniziare?
P – Beh vorrei menzionare una poesia a cui sono particolarmente affezionato, una poesia che fa parte dei canti di Castelvecchio ( la mia ultima dimora) e nella quale trovo la pace interiore, dopo un temporale ( la disastrosa perdita dei miei genitori e fratelli) alla sera rappresentata proprio come momento di tranquillità della mia vita. La mia sera.
R – La letteratura è un misto di emozioni e di cultura che vanno al di sopra di ogni scritto e bravura...
P – Se mi permette, quando io ho iniziato a scrivere, gli eventi che mi circondavano non erano certo tra i più soddisfacenti, mio padre, ero ancora un ragazzino , venne barbaramente ucciso mentre tornava da un fiera di una paese vicino al nostro, lasciando in miseria noi otto figli e mia madre che da poco succederà alla morte con altri miei fratelli. Rimarranno Ida e Maria a fare il rimanente della nostra famiglia e per sempre.
R – Capisco che il tutto è stato determinante per una visione del mondo ….
P – Dei miei scritti e delle mie opere, ho più soddisfazione nell'avere avuto la possibilità di poter insegnare che scrivere in se stesso, quando mi hanno affidato la cattedra del grande Carducci, mio insegnante a sua volta, penso che soltanto allora ho capito l'importanza del mio fare.
R – Certo è che la natura tutta, la campagna, il luogo rurale sono stati per lei ispirazione
P – La natura, anche quella avversa, è la base della nostra vita, viviamo in questo mondo e su questa terra e di essa ne dobbiamo portare fede e amore, ogni cosa , ogni evento naturale, ogni albero, animale ecc sono poesia del cuore e dell'animo vitale.
R – E da questi la famosa raccolta di poesie Myricae dove il paesaggio autunnale predomina....
P – So dove vuole parare....in effetti in queste poesie al di là del paesaggio è sotto intesa l'inquietudine e l'angoscia perenne, certo non posso negare che non sia stato caratterizzato dagli eventi suddetti e provati, in effetti l'angoscia del vivere quotidiano mi ha sempre colpito e influenzato. Ma rimango e sottolineo che l'importanza che ho sempre voluto nei miei scritti era quella di saper cogliere il tutto con immediatezza e spontaneità, una spigliatezza caratteristica dello spirito infantile, una semplicità che tende a far comprendere la semplicità stessa della natura e della vita.
R – Il fanciullino.....
P – Si, in questo saggio volli far emergere proprio il mio rapportarsi alla vita con la voce di bambino, con la sua purezza, cose che purtroppo con il crescere perdiamo e nascondiamo a spada tratta, il fanciullino, così chiamato, vive sempre dentro di noi, e sta a noi a cercare di riproporselo per poter apprezzare l'intorno.
R – E allora ricordiamo alcune sue opere....da dove vogliamo iniziare?
P – Beh vorrei menzionare una poesia a cui sono particolarmente affezionato, una poesia che fa parte dei canti di Castelvecchio ( la mia ultima dimora) e nella quale trovo la pace interiore, dopo un temporale ( la disastrosa perdita dei miei genitori e fratelli) alla sera rappresentata proprio come momento di tranquillità della mia vita. La mia sera.
Giovanni Pascoli, “La mia sera”
Il giorno fu pieno di lampi;
ma ora verranno le stelle,
le tacite stelle. Nei campi
c’è un breve gre gre di ranelle.
Le tremule foglie dei pioppi
trascorre una gioia leggiera.
Nel giorno, che lampi! che scoppi!
Che pace, la sera!
Si devono aprire le stelle
nel cielo sì tenero e vivo.
Là, presso le allegre ranelle,
singhiozza monotono un rivo.
Di tutto quel cupo tumulto,
di tutta quell’aspra bufera,
non resta che un dolce singulto
nell’umida sera.
E’, quella infinita tempesta,
finita in un rivo canoro.
Dei fulmini fragili restano
cirri di porpora e d’oro.
O stanco dolore, riposa!
La nube nel giorno più nera
fu quella che vedo più rosa
nell’ultima sera.
Che voli di rondini intorno!
Che gridi nell’aria serena!
La fame del povero giorno
prolunga la garrula cena.
La parte, sì piccola, i nidi
nel giorno non l’ebbero intera.
Nè io … che voli, che gridi,
mia limpida sera!
Don … Don … E mi dicono, Dormi!
mi cantano, Dormi! sussurrano,
Dormi! bisbigliano, Dormi!
là, voci di tenebra azzurra …
Mi sembrano canti di culla,
che fanno ch’io torni com’era …
sentivo mia madre … poi nulla …
sul far della sera.
ma ora verranno le stelle,
le tacite stelle. Nei campi
c’è un breve gre gre di ranelle.
Le tremule foglie dei pioppi
trascorre una gioia leggiera.
Nel giorno, che lampi! che scoppi!
Che pace, la sera!
Si devono aprire le stelle
nel cielo sì tenero e vivo.
Là, presso le allegre ranelle,
singhiozza monotono un rivo.
Di tutto quel cupo tumulto,
di tutta quell’aspra bufera,
non resta che un dolce singulto
nell’umida sera.
E’, quella infinita tempesta,
finita in un rivo canoro.
Dei fulmini fragili restano
cirri di porpora e d’oro.
O stanco dolore, riposa!
La nube nel giorno più nera
fu quella che vedo più rosa
nell’ultima sera.
Che voli di rondini intorno!
Che gridi nell’aria serena!
La fame del povero giorno
prolunga la garrula cena.
La parte, sì piccola, i nidi
nel giorno non l’ebbero intera.
Nè io … che voli, che gridi,
mia limpida sera!
Don … Don … E mi dicono, Dormi!
mi cantano, Dormi! sussurrano,
Dormi! bisbigliano, Dormi!
là, voci di tenebra azzurra …
Mi sembrano canti di culla,
che fanno ch’io torni com’era …
sentivo mia madre … poi nulla …
sul far della sera.
Roberto Busembai (errebi)
Immagini web: La foto del poeta con la pipa, la sua casa a Castelvecchio Pascoli e il suo studio
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