mercoledì 24 maggio 2017

PADOVA









Nebbia ricordo, tanta tanta nebbia,
e il viaggio non aveva fine,
e campi immensi alternati da alti pioppi,
cascinali aperti a coltivazioni,
granturchi e risi o verdure ancor minori,
e silenzio, tanto silenzio
bagnato dai vapori di quella
nebbia sovrastante.
Ma sotto il sole vigilava e
cheto attendeva,
un sospirato vento,
che mai arrivava ma si sperava,
e quando il giorno si faceva avanti,
allora anche i fumi salivano in alto
e sotto si apriva il fasto
di una città di antico ricordo,
bizantino intarsio,
ricordo vago ma presente
di una Venezia sua parente.
Erano giorni grigi non tanto
dalla meteorologia, ma dai dissapori
dei momenti, giovani in lotta,
città divise, parti nere e parti rosse,
colori allora vitali, oggi soltanto
sfumature, ed erano botte
se non proprio botti,
e fuochi, non di ceppi,
ma di pistole.
Erano giorni che di Padova,
io non conoscevo altro,
che misere mura scritte,
e armi puntate, esami saltati,
alcuni persi per docenti ammazzati,
e si ritornava con il cuore e con la mente
nelle oscure nebbie apparenti.
Ho rivisto la cara città,
anni e anni dopo in gita rispettosa,
gioiello di conchiglia,
prezioso confetto rosa,
Prato della Valle, un'oasi
di assoluto sogno, tra il fosso rotondo
e le statue che stanno a far da guardia,
a rimembrare forse il passato,
ma donato tutto al Santo Patrono,
non lontano che s'affaccia
con la cattolica basilica,
Sant'Antonio protettore,
che i mariti pare faccia trovare.
E di Giotto ricordo soltanto
le stelle sul tetto in un prato
tenuto e rumori di auto,
le piazze di merletti e trine
decori di pregiato passato,
e Padova ora era bella,
e non era davvero più quella.
Roberto Busembai (errebi)
Immagini da web - Padova

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