Ho letto davvero tanti libri, e di tanti neppure ricordo il titolo se non rivedo il volume, di alcuni ne ho ricordo talvolta legato a un determinato periodo di vita, a un evento o che altro, altri e forse sono proprio parte della mia biblioteca interiore, sono quelli che ricordo e amo al di sopra di tutti, quelli a cui ho affidato davvero le mie notti o giorni per portarli al termine, quelli che hanno avuto (e hanno ancora) il valore della storia ma anche e soprattutto di colui/ei che l'hanno scritto. Tra questi, stamani mi è scorso nella mente, un libro che nel lontano 1796, in piena fase adolescenziale, mi attirò. Erano anni di rivoluzioni, di cambiamenti sociali, di lotte tra divisioni politiche e estremismi, era trascorso un '68 studentesco, ma doveva arrivare un '77 per noi Italiani ancora più cruento, erano i momenti in cui però oltre tutto la cultura faceva da scudo, si formavano i circoli di lettura e di scambio di opinioni, si leggeva tanto e di quel tanto se ne discuteva, erano forse libri un poco impegnativi, ma si cercava anche di prenderne il giusto valore e insegnamento, e si cercava sempre (io in primis) di scoprire nuove letture e nuovi personaggi, gente che ci metteva la faccia e la pelle per combattere la libertà di parola e di pensiero, per un ordine giusto e per un vivere sano.
Ecco che vengo attirato sinceramente dalla foderina del libro, un coltello serramanico aperto, e un titolo “Prima che vi uccidano”. Non conoscevo assolutamente l'autore, siciliano, giornalista, così diceva la biografia sul retro e ancora sotto un minimo di presentazione faceva intendere che l'argomento era “mafia”.
Se ne sentiva parlare spesso della “mafia” nelle assemble studentesche, negli scioperi e nei notiziari televisivi , spesso associata a eventi delittuosi e spesso nominata nel sud del nostro Paese, ma sinceramente, da poco ventenne com'ero, ne avevo idee molto confuse, anche se la cosa mi terrorizzava e ne comprendevo l'enorme subbissione e timore.
Giuseppe Fava, in questo libro racconta la vita comune di una Sicilia comune del tempo, dove si lotta per un “normale” vivere quotidiano, tra omertà, analfabetismo, lavoro sottopagato, tra compravendite di voti e tra uno squallore materiale e morale di altissima diffusione.
Personaggi come Turi Scirpu che si prodiga per riscattare un terreno da un latifondista, per poter condurre una vita un poco più dignitosa, il figlio Alfio, di nuova generazione mentale, vuole scappare da questo mondo e tentare la fortuna in Venezuela, l'altra figlia invece, sofferente e malata, quasi la vita gli debba far scontare la “fuitella” con Michele Passanisi per amore, deve lottare contro la morte. E questo amore Michele, che preferisce al posto dei campi, una vita più facile dai guadagni d'oro, fatti con il banditismo e con le varie uccisioni.
Una storia di lotte e di coltelli, dove lo Stato non vi è rappresentato e dove la “mafia” è pure nell'aria acre della terra Storia di uomini e donne in lotta per la sopravvivenza volutamente descritta e concisa con la dura e libera lotta contro il sistema mafioso, una spaccata denuncia.
Giuseppe Fava giornalista, scrittore è stato un grande esponente di lotta contro il sistema mafioso, ha lottato con forza e coraggio esponendosi contro le cariche anche più alte dello Stato , ha guardato in faccia il clan dei Santapaola e li ha mostrati a tutti nel suo giornale “I Siciliani” con foto compromettenti a fianco di politici, imprenditori e ecc, ma di cui la polizia ne era a conoscenza ma mai le ha usate per fermare queste “combutte”. Un giornale indipendente che la “mafia” aveva tentato piùà volte di farsene proprio, ma che Fava ha sempre esplicitamente detto “NO” e non soltanto con le parole ma con i fatti. Un Fava che al pari di altri odierni scrittori, non aveva ricevuto scorte, e non viveva a New York, ma che tranquillamente se ne passeggiava per la sua amata Catania perchè lui era cosciente della sua fine ma era altresì cosciente che la sua lotta non dovesse essere rinchiusa e inascoltata.
Una mattina del gennaio 1984, Giuseppe Fava, mentre stava andando a prendere la nipote che recitava al Teatro Verga in una rappresentazione scolastica del “Pensaci, Giacomino”, mentre scendava dalla sua Renault 5 fu freddato da cinque colpi di pistola alla nuca.
Prima ancora che fosse sepolto, i giornali e la polizia siciliani etichettarono l'omicidio “delitto passionale”!
Ci vollero anni per riscattare la sua memoria.
Un libro da leggere e ancora (purtroppo) molto attuale.
Ecco che vengo attirato sinceramente dalla foderina del libro, un coltello serramanico aperto, e un titolo “Prima che vi uccidano”. Non conoscevo assolutamente l'autore, siciliano, giornalista, così diceva la biografia sul retro e ancora sotto un minimo di presentazione faceva intendere che l'argomento era “mafia”.
Se ne sentiva parlare spesso della “mafia” nelle assemble studentesche, negli scioperi e nei notiziari televisivi , spesso associata a eventi delittuosi e spesso nominata nel sud del nostro Paese, ma sinceramente, da poco ventenne com'ero, ne avevo idee molto confuse, anche se la cosa mi terrorizzava e ne comprendevo l'enorme subbissione e timore.
Giuseppe Fava, in questo libro racconta la vita comune di una Sicilia comune del tempo, dove si lotta per un “normale” vivere quotidiano, tra omertà, analfabetismo, lavoro sottopagato, tra compravendite di voti e tra uno squallore materiale e morale di altissima diffusione.
Personaggi come Turi Scirpu che si prodiga per riscattare un terreno da un latifondista, per poter condurre una vita un poco più dignitosa, il figlio Alfio, di nuova generazione mentale, vuole scappare da questo mondo e tentare la fortuna in Venezuela, l'altra figlia invece, sofferente e malata, quasi la vita gli debba far scontare la “fuitella” con Michele Passanisi per amore, deve lottare contro la morte. E questo amore Michele, che preferisce al posto dei campi, una vita più facile dai guadagni d'oro, fatti con il banditismo e con le varie uccisioni.
Una storia di lotte e di coltelli, dove lo Stato non vi è rappresentato e dove la “mafia” è pure nell'aria acre della terra Storia di uomini e donne in lotta per la sopravvivenza volutamente descritta e concisa con la dura e libera lotta contro il sistema mafioso, una spaccata denuncia.
Giuseppe Fava giornalista, scrittore è stato un grande esponente di lotta contro il sistema mafioso, ha lottato con forza e coraggio esponendosi contro le cariche anche più alte dello Stato , ha guardato in faccia il clan dei Santapaola e li ha mostrati a tutti nel suo giornale “I Siciliani” con foto compromettenti a fianco di politici, imprenditori e ecc, ma di cui la polizia ne era a conoscenza ma mai le ha usate per fermare queste “combutte”. Un giornale indipendente che la “mafia” aveva tentato piùà volte di farsene proprio, ma che Fava ha sempre esplicitamente detto “NO” e non soltanto con le parole ma con i fatti. Un Fava che al pari di altri odierni scrittori, non aveva ricevuto scorte, e non viveva a New York, ma che tranquillamente se ne passeggiava per la sua amata Catania perchè lui era cosciente della sua fine ma era altresì cosciente che la sua lotta non dovesse essere rinchiusa e inascoltata.
Una mattina del gennaio 1984, Giuseppe Fava, mentre stava andando a prendere la nipote che recitava al Teatro Verga in una rappresentazione scolastica del “Pensaci, Giacomino”, mentre scendava dalla sua Renault 5 fu freddato da cinque colpi di pistola alla nuca.
Prima ancora che fosse sepolto, i giornali e la polizia siciliani etichettarono l'omicidio “delitto passionale”!
Ci vollero anni per riscattare la sua memoria.
Un libro da leggere e ancora (purtroppo) molto attuale.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web - copertina del libro
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