mercoledì 3 aprile 2019

ALLA PENSILINA



Ancora non era il suo tempo, ovvero era in ritardo ma era pure giustificato visto il traffico odierno che in questa ora di punta si fa molto intenso, era in ritardo e quella simpatica e anziana signora molto previdente, annaspava nella sua enorme borsa nera, alla ricerca di un qualcosa che certo ne voleva subito la risposta. Vestiva in maniera molto pittoresca, una lunga gonna con disegni spiccati e colorati, losanghe e punte, archi e cerchi, insomma un insieme di fiorescenze geometriche e molto appariscenti, sopra aveva una camicetta in rosa e sui capelli corti e bianchi un bel cappello enorme colorato in giallo, e in questo suo cercare si agitava pure smuovendo quella sua colorazione quasi a farne un arcobaleno in movimento. Accanto, prossima proprio a quella sua borsa nera, anche lei in piedi e ferma in attesa, indifferente a quello che vicino le accadeva, stava una ragazza dai capelli neri arroccati di dietro con un semplice nastro, pareva una studentessa tanto era giovane, portava un paio di occhiali da lettura e era intenta a guardare una rivista, mentre il foulard a disegni viola le scivolava dal collo sulle pagine aperte, doveva essere una rivista di moda, ma forse nemmeno quella perchè dal modo in cui era vestita, semplicemente in jeans, fruit celestina e scarpe da ginnastica in colore rosso, non credo che gli interessassero la moda e le sfilate.
Intanto l'autobus tardava ancora e la pensilina si stava sempre più affollando, si era avvicinato sempre a quella anziana signora, ancora indaffarata nella cerca, un giovane uomo di colore, alto, tarchiato, dalla testa monda, vestito con pantaloni in tuta blu acetato e una camicia bianca, che nel fermarsi anche lui in piedi vicino a quelle due signore menzionate, teneva in braccio una bambina di circa tre o forse quattro anni, anche lei di colore ma dai capelli biondi come il grano fermati dietro con una spilla a fiore a farne da coda che le scendeva su una camicetta rosa e con due pantaloncini bianchi a macchie rosse come le scarpine basse che non trovavano pace in quei due piedini penzolanti. Lui era teso, ma non per il ritardo dell'autobus ma per un qualcosa che al momento non si poteva certo capire, ma lo si intuiva dal suo muovere sempre la testa come per aver paura di qualcosa o di qualcuno che dovesse apparire e la bambina quasi ne fosse a conoscenza si stringeva a lui con sempre più invadenza.
Un poco più distante un'altra donna, di circa mezza età, si concedeva il lusso di un caffè appena comprato e portato via in un bicchiera di plastica, bianco con una scritta dorata, naturalmente il nome del bar dove lo aveva ritirato, beveva fino all'ultima goccia portando indietro la testa e alzando alla bocca il bicchiere, mentre con l'altra mano anche lei aveva una rivista, ma si vedeva bene che trattava di cucina, dalla pietanza a colori accesi che appariva in copertina. Vestiva con un taier color sabbia, sotto una camicetta senape leopardiata in verde, una borsa enorme, nera, che teneva a tracolla sul braccio alzato, quello della rivista di cucina, in piedi un paio di scarpe basse di color marrone e nel godersi il bere se ne fregava se doveva ancora aspettare.
Un altro giovanotto di razza indiana, fumava incessantemente e nervosamente, era impaziente e non capiva perchè questo ritardo, aveva sottobraccio un quotidiano, che si presumeva dai fogli già spiegazzati, che lo avesse in buona parte già letto, al polso dell'altro braccio un orologio d'oro o forse solo una patacca, una maglietta bianca enorme che gli scendeva quasi sulle cosce e un paio di jeans fuori misura visto che gli avanzavano sulle scapre bianche in tela.
Ansimava, sbuffava e fumava a più non posso, ogni tanto quando la mano non aveva la sigaretta, si toglieva il berretto azzurro con visiera e passava la mano sulla testa dai capelli neri, quasi ad asciugare il sudore che era provocato dal suo infermo stato agitato.
In un attimo a questo insieme di persone, che non si degnavano assolutamente, ognuno perso nei suoi pensieri o cose, si avvicinò un uomo claudicante, che camminava o faceva finta di camminare con una stampella, aveva in una mano un bicchierio di plastica bianco e con fare molto intransigente si avvicinava nell'elemosinare, urlando appena giunto in quell'insieme di persone... “Datemi una moneta devo mangiare”.
L'anziana indaffarata, tolse subito le mani da dentro la borsa e se la strinse a se come una morsa, quella che beveva, gettò per terra (maleducata) il bicchiere vuoto e si ristette stringendo a se il braccio da dove pendeva la borsa. L'indiano continuò imperterrito a fumare volgendosi però verso un'altra direzione, il negro si scostò di lato e volse l'interesse alla sua bambina facendole qualche smorfia per farla intrattenere. La ragazza con la rivista alzò a malapena gli occhi dal giornale e poi ricadde nel suo mondo con tutta la possibile indifferenza.
“Datemi una moneta, devo mangiare” continuava imperterrito quell'uomo con una stampella vestito con jeans corti di stagione, una canotta verde ben pulita, un cappellino firmato con visiera e l'orologio d'oro e questo patacca non pareva.
In quel frangente arrivò finalmente l'autobus, salirono tutti frettolosamente, l'anziana aveva trovato quello che cercava, il biglietto da convalidare, la ragazza con la rivista aveva l'abbonamento, l'indiano "forse" pure, la signora del caffè convalidò il suo che teneva a modo di segnalibro nella rivista di cucina e il negro con la bambina appena sopra la corriera urlò al guidatore.....
“Aspetti non parta sta arrivando mia moglie!”
L'uomo con la stampella, si sedette alla vicina panchina, mise una mano in tasca, ne estrasse un mucchio di spiccioli di soldi, poi sotto la seduta vi nascose la stampella e si rialzò e camminando senza si avvicinò ad un bar e entrò dentro, sicuramente a fare colazione, come faceva sempre!
Roberto Busembai (errebi)
Immagine: Max Ginsburg - Bus Stop

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