domenica 24 marzo 2019

VADO A MILANO

Oltre questo finestrino, mentre aspetto che il treno parta, vedo una miriade di persone, incerte, quasi inesperte alla ricerca di chissà cosa, forse hanno perso una coincidenza, sicuramente sono dei gitanti o quanto meno sono un gruppo di persone che viaggiano insieme, ecco ora corrono verso una determinata parte, mi incuriosisce alquanto questa agitazione, mi alzo e mi avvicino al vetro più che posso, aprirlo non è più consentito in questi treni moderni, e inseguo fin dove posso quel movimento che penso uguale a un formicaio quando attraversano insieme, allineate, un piccolo tratto di bosco o di prato.
Sono scomparsi tutti oltre la mia visuale, peccato non abbia avuto la soddisfazione di sapere dove andavano ma soprattutto cosa cercavano, delusa mi rimetto seduta nel mio preposto sedile che già il treno inizia la sua corsa.
Sarei arrivata a Milano tra circa due ore e mezza, con questi treni oggi si vola che è un piacere, ricordo quando ero ancora piccolina, per andare a Milano era un'impresa enorme e il viaggio durava non so quanto ma tale da portarsi dietro merenda, colazione o forse anche cena. Il viaggio doveva essere programmato e certo non si faceva per la sola visita del Duomo ma per una causa ben motivata. Un giorno, era d'inverno, io ero vestita a dismisura, ricordo che nonostante la neve che cadeva io avevo caldo, ma mia madre mi implorava che a Milano avrei trovato ancora più freddo...."Tesoro mio, Milano è una città del nord, e al nord non batte mai il sole, c'è sempre tanta nebbia e spesso e volentieri piove" . E' così che ancora spesso penso e provo di Milano al primo nominarla, poi certo mi ravvedo, ma l'istinto non si domina e quello che è stato maturato in età infantile è difficile toglierselo dalla mente.
Vorrei leggere qualche cosa, ma fuori vedo il sole e mi allieta sbirciare quel veloce panorama che mi attraversa gli occhi, prati verdi, pioppi in filare tutti sull'attenti come un esercito di soldati, e poi fantasticare sulle case e chi vi abita dentro, magari ci sono donne come me che ora sono intente a preparare da mangiare, o sono addette a badare a qualche nipotino, o forse a lavorare in qualche azienda o per i campi che qui dove ora ci troviamo ce ne sono a sufficienza da mantenere.
Mi guardo intorno e nei sedili prossimi al mio non c'è nessuno, qualche fila più avanti vedo dei giovani, ma sono tutti intenti con i loro cellulari, qualcuno azzarda un motivo dal telefonino, forse scaricato chissà dove, un altro giovane signore, ancora dei posti più avanti, è intento con un portatile , a digitare e fissa continuamente il display senza alzare la testa.
Mamma ho sete? era una delle tante richieste che facevo dopo un poco che ero in treno per quel lungo viaggio per Milano, e prima che mia madre potesse soddisfarmi, ricordo che c'era sempre qualcun'altro che si prodigava, chi con un bicchiere di vetro e una bottiglia, chi addirittura con un fiasco ( ma non era vino!), e poi tante tante persone che parlavano, ognuna aveva una sua opinione, ognuno diceva qualche cosa, uomini e donne insieme, a me sembrava di essermi portata dietro oltre la famiglia anche tutte le persone che spesso, d'estate, si trovava a parlare e chiacchierare sul muretto dell'aia della corte dove abitavo.
Avrei voluto anch'io chiacchierare, ma il solo che ora mi si è avvicinato, nel sedile quasi di fronte, ha le cuffie nelle orecchie collegate al cellulare e vedo dagli occhi assenti e stralunati che non è presente in quello che intorno gli accade, ovvero che io sto cadendo perchè mi ero alzata per prendere la valigia che si trovava al di sopra della mia seduta, il treno aveva fatto un brusco movimento e così pure una slogatura mi sono arrecata.
"Si sente male? Ha bisogno di qualche cosa?" così spesso accadeva se qualche anziano aveva un attimo di mancanza, un colpo di tosse, un gesto inconsueto, insomma si andava vestiti come eschimesi, si portavano cibarie come se si attraversasse tutto il mondo, ma c'era più rispetto e amore per chi avevi accanto e intorno.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine : Edward Hopper - Comparment

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