domenica 30 giugno 2019

DI DOMENICA SI ANDAVA AL FIUME

E di domenica solitamente si andava al fiume.
“ Si, va bene allora come al solito, grazie Nada” e posò la cornetta del telefono con un gusto allegro sulla faccia, mia zia aveva allora concordato con la sua amica, l'incontro per domani per una scampagnata, che poi era la solita di quasi tutte le domeniche d'estate.
L'appuntamento era nella piazza di un piccolo paese vicino alla città, ma per raggiungerlo i miei genitori prendevano la “corriera” carichi di borse con dentro le cibarie per il pranzo del giorno, io invece salivo sul sedile dietro la bicicletta di mia zia, avevo circa dieci anni, ed ero ancora piccoletto di statura, mingherlino, non pesavo molto, e lei mi portava sempre ovunque andasse, ed io sinceramente l'adoravo quel farmi trasportare guardando qua e la, la gente e le cose che mi passavano accanto.
Si arrivava che già c'era Nada con l'auto del suo genero e la sua sorella, che ci aspettavano, i miei genitori erano già arrivati e avevano provveduto a caricare l'auto. C'era anche Santino (Sante), il loro figlio, il mio amichetto d'avventure, ma di primo mattino se ne stava sempre quieto e pareva stanco, tanta non aveva voglia nemmeno di salutare. Io sarei salito con lui e con un altro zuo zio, Salvatore, un giovane “scapolone” di circa trent'anni, sempre sorridente e giocherellone, sull'Alfetta usata, così diceva, i miei sulla 600 del padre di Santino.
Ma non si camminava poi tanto, il fiume era vicino, si scollettava il poggio di riparo e tra le alte pioppete e una strada bianca di ciottolati e sassi di fiume si lasciavano le macchine e si scendeva nel letto del fiume, tra rena e sassi, tra canne e vegetazione.
Un plaid a quadri, una tovaglia, piatti e bicchieri in vetro, posate e tutto il resto, ma io e Santino non ci interessava, già eravamo a correre e a gettare sassi dentro l'acqua a disputare un'ennesima gara a chi li lanciava più lontano. E c'era Pasquale, si lo “scemo” così dicevano allora, il fratello di Salvatore che se lo portava sempre appresso nelle domeniche di sole, un poco per farlo divertire, un poco per fargli compagnia, un poco anche perchè lui ci stava davvero male saperlo sempre rinchiuso in quella clinica e non poter fare diversamente, erano soli e lui aveva da lavorare per poter mandare avanti tutti e due. Pasquale era diverso, ma non perchè stava male, era diverso perchè aveva un cuore, un enorme cuore e spesso mi pareva di giocare con un bambino invece che con un uomo di quasi quarant'anni, ed era tenero e felice di ogni cosa e di ogni parola, e stava bene con noi, io e il Santino.
Avevo nella testa un'idea fissa, la colt del cowboy, e Santino faceva sempre lo sceriffo, io portavo nella fantasia un cavallo bruno, lui aveva la stella, e gli indiani erano sempre nascosti tra le canne o nell'isoletta di sabbia che si formava in mezzo al fiume, e Pasquale faceva il becchino, contando sempre i morti per fare le bare, e dava sempre in premio a chi credeva lui, un sasso enorme, liscio e levigato, perché era il meglio chi più aveva "ammazzato".
E il pranzo tutti in circolo, seduti in terra o su un mucchio di sassi preparato, non mancava di nulla e c'era pure chi osava fare un piccolo falò, una gratella, e ricordo ancora le scorpacciate che facevo di “ranocchi fritti” che se dovessi assaggiarne uno ora, ne morirei di certo di schifezza.
Poi il riposino, le parole incrociate, le carte, a me piaceva giocare a scala, a Santino bricola, ma si finiva sempre a fare “l'uomo nero” perchè era l'unico che anche Pasquale ci sapeva giocare.
E di domenica solitamente si andava al fiume, e vorrei ancora ritornare, non tanto per ritrovare le stesse situazioni o persone, ma per davvero sapere dove è ora Sante e se Pasquale vive ancora con il suo sorriso grande e con quei suoi abbracci imponenti ma tanto, tanto pieni d'amore.
Roberto Busembai (errebi)
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VORREI PENSARTI COSI', LUGLIO

Vorrei pensarti così
prossimo al tramonto,
con i colori vari 
di un cielo azzurro
misto a giallo e rosso
come lo sai inventare,
vorrei pensarti così,
sempre con le nuvole viola,
il mare calmo ad accarezzare
ed una spiaggia vuota,
deserta come il cuore
dove solo un'accennata
duna di vegetazione strana,
verde, comune, sorge
sulla sabbia rara.
Vorrei saperti così
Luglio che sei arrivato,
tra il caldo tuo tepore
di un sole infuocato,
tra sere sotto le stelle
e lucciole sulle foglie,
tra orme su rene calde
e parole d'amore,
vorrei crederti sempre
come credo, nonostante,
nell'amore.

Roberto Busembai (errebi)
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sabato 29 giugno 2019

HA UN NOME, MALINCONIA

Ha un nome
che non mi piace affatto,
malinconia 
si dice tutto ciò che è perso,
ma non ci credo
è solo congettura,
io vedo ancora
sopra un muro nuovo
la mia snella figura,
che importa il diverso
aspetto esteriore,
del resto non sono
mai stato un attore,
ma ballerino dentro
e comico pure
lo sarò sempre,
e sopra il muro
vivrà costantemente
la mia e la tua ombra
in un danzare eternamente.
Ha un nome,
libertà nel cuore
e pure tanto amore
di se stessi
e della vita tutta,
soprattutto insieme.

Roberto Busembai (errebi)
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domenica 23 giugno 2019

CON SIMPATIA

Con simpatia,
con l'unico sorriso
perso sulla spiaggia
un gelido mattino,
quando il sole
affanna,
dietro nuvole abbandonate,
dimenticate
da un caldo vento afoso,
andato
troppo presto
come questo leggero
senso di divertito
movimento di labbra,
con simpatia,
quella che dilaga,
“restiamo amici”
era stato detto,
ma i gabbiani
avevano preso il volo,
e la sera era venuta
lo stesso. 

Roberto Busembai (errebi)
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sabato 22 giugno 2019

ERANO BELLI QUEI GIORNI, LA', AL MARE

Si andava al mare, come se fosse l'unica meta per una vacanza, e la vacanza a volte era un giorno, solo da mattina a sera, e ti pareva un secolo tanto era piena e movimentata, quella vacanza al mare anni 60/70. E certo ora non sto a recriminare, a dire era più bello o addirittura si stava meglio, perchè è assurdo fare dei confronti, i tempi di allora erano alquanto diversi da ora, innanzitutto e direi assai importante, eravamo (parlo in causa) giovani e la giovinezza non fa conoscere i problemi e le ansie, ma sa trasformare un pane in un bel dolce, un bacio in un infinito amore, e poi eravamo alle prime armi, tutto era nuovo e tutto era diverso, la televisione, le auto, persino la cucina componibile e la lavatrice, a nominarle ora queste cose, paiono così tanto antiquate che sono addirittura sorpassate.
E si andava al mare, come se partissimo per sempre, auto ricolme di cose e persone, cibi a sfare e vettovaglie, giochi e pure canzoni, si, intese come dischi da mettere in spiaggia dentro a un nuovo “coso”, un mangiadischi arancione o rosso che ti rigava il disco ma ti faceva sognare.
E c'era, quella forse un poco più di oggi, comunicazione, si trovava lo spazio, minimo, sull'affollata spiaggia, di mettersi in gruppi a parlare, dei sogni, delle nostre mere, dei nostri nuovi amori o dei campioni di calcio se eravamo ragazzi, al pari le ragazze parlavano degli attori ma quelli dei fotoromanzi, e forse c'era anche più rispetto, quello che tutti sulla spiaggia eravamo belli, chi col costume e chi vestito, chi con la pancia e chi era secco, ma dentro l'acqua s'era tutti uguali, a schizzarci addosso e a incitare, chi titubava di tuffarsi dentro perchè l'acqua era fredda, pareva fredda fuori c'era, allora, uno splendido e infuocato sole.
Si andava al mare come ci andiamo adesso, ma era tutto diverso pure la stagione, e allora è inutile dire e pensare a quel tempo sospirando, oggi i soliti giovani, che noi eravamo, godono il loro tempo diverso e comunque tra cinquant'anni magari diranno come noi uguale: “erano belli quei giorni,là, al mare”.

Roberto Busembai (errebi)
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venerdì 21 giugno 2019

TRE MARGHERITE

Sopra una 
lacrima di pensiero
ho posato
tre margherite
in fiore,
come una barca
di carta
sopra un torrente,
si sono perse
lentamente
e sfatte.
Sopra una lacrima
di sorriso
ho ritrovato
petali bianchi
sparsi come neve,
sciogliendosi delicatamente
al primo caldo del tuo amore.
Roberto Busembai (errebi)
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SPRAZZI DI BLU

In un deserto immenso
di un ricordo vago
lambisce come oasi
un frammento di colore,
tra caldo afoso e sole,
umili parole e baci sotto le stelle,
naturali essenze
profumi di fiorescenze
ginestre gialle e rose abbandonate,
è un piccolo spazio
nella mente
oltre le dune del passato,
un piccolo sprazzo
di colore blu,
come il mare aperto,
questa è l'estate
che rimane.

Roberto Busembai (errebi)
Immagine web by Sam Francis

mercoledì 19 giugno 2019

LA FELICITA' NON E' L'AMORE

Perchè la felicità
non è l'amore
ma è il sentirlo addosso
in ogni dove,
saperlo costruire
e mantenere,
riconoscere e apprezzare,
e poi lasciarsi baciare.
Perchè la felicità
non è l'amore
ma quel qualcosa
che ti assorbe dentro
e smania nel farla
conoscere fuori,
e dirsi anche t'amo
soprattutto senza parole.

Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

CONSIDERAZIONI SUL "LEGGERE"

C'è uno stereotipo (errato) eterno che caratterizza la figura di colui che legge, e cioè inteso come un rachitico uomo che ha abbandonato il suo vivere quotidiano dedicandosi alla noiosa e insulsa materia della letterura e con la quale poi non ha realizzato niente, perchè (e continua ancora la descrizione) niente poteva realizzare con il suo sapere e conoscere soltanto di fogli e di scritture, d'inchiostro e di figure.
Lo so che inorridite a leggere queste cose e già vedo alzare tra alcuni di voi spade affilate e minacce gridando all'untore, che non è vero ciò che dico, che invece oggi colui che legge è quella persona intellettualmente intelligente e acuta, ecc. ecc. , ma signori miei non ho detto quello che io penso, ma soltanto ho espresso in parole quello che la nostra società odierna crede e vuol far credere ( per interesse proprio) di come sia inetto e insulso e addirittura insignificante colui che legge.
Questa premessa era per far capire, invece, quanta importanza ha la lettura in generale, non importa che si leggano classici dell'ottocento o romanzi d'appendice o saggi filosofici o storici, l'essenziale è leggere, continuamente,instancabilmente, sempre!
Siamo in un mondo ormai dove tutto scorre veloce e tutto è marginale, si scrive e si legge su dispositivi tecnologici e subito si cancella quello scritto e pure quello letto, perchè non assorbiamo più, non abbiamo il tempo e nemmeno siamo più abituati a farlo; siamo in un epoca dove persino le amicizie, le conoscenze, le contrattazioni, gli acquisti, le vendite, sono esclusivamente virtuali e come tali noi li riconosciamo, oggi posso interferire amichevolmene con una persona e domani cancellarla così come un niente dal mio social preferito, oggi posso acquistare un oggetto e farmelo recapitare a casa e magari domani che l'ho visto dal “vivo” non mi interessa più.
La lettura, l'applicazione del nostro umile cervello con l'acquisizione della vista, è il più semplice e il più naturale mezzo per apprendere, conoscere e sapere, per poi assorbire il tutto e archiviare nel nostro sistema del cervello per poi saperlo usare, manipolare, nella giusta maniera e nel giusto momento. Leggere fa un uomo colto, un uomo che sa districarsi nelle vicissitudini della vita, che sa come comportarsi e difendersi perchè la lettura mette le parole in bocca, ovvero insegna a esprimersi, a farsi comprendere, a sapersi far valere e far valere i propri diritti.
I giovani di oggi a parere mio, forse più di quelli di ieri, cominciano a capire e conoscere i rischi che la tecnologia ha portato e che ha deteriorato, io credo che i veri “ignoranti” siamo stati noi che ci siamo lasciati abbindolare dalla novità “sconosciuta” di questa invasione, siamo noi che forse abbiamo abusato e abbiamo voluto dimenticare, quasi fatto svanire, i metodi del passato.
E allora ritornando all'importanza della lettura, io ritengo che la gioventù di oggi non sia poi tanto “stupida” come lo siamo stati noi, anzi credo che riescano a comprendere che forse avere un cell, un pc ecc sono cose importantissime e evolutive ma di base c'è ancora e ci sarà sempre il bisogno di far usare il cervello, di stimolarlo, non virtualmente ma con un bellissimo libro tra le mani e sfogliarlo, magari insieme con ti sta a cuore, con un tuo caro amico, o con un grande amore.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine ERREBI

martedì 18 giugno 2019

PIETER BRUEGEL IL VECCHIO - LA CADUTA DI ICARO

Dalla pagina FB " Arte in cornice"
C'è un'opera d'arte pittorica, che mi ha sempre colpito per il suo “strano” metodo rappresentativo di un evento ben descritto nel titolo, diversamente da quello dipinto, “La caduta di Icaro” di Pieter Bruegel il Vecchio. Un'opera complessa e altresì semplice nel suo insieme, ma che lascia chiaramente esterefatti per la rappresentazione del mito di Icaro. La leggenda narra di Icaro che fuggendo dal labirinto di Creta con le ali di cera, si avvicinò troppo al sole e queste si sciolsero facendolo precipitare verso terra. In questa opera a lui dedicata, Bruegel mette in ultimissimo piano la scena della caduta, ovvero la fa percepire da due gambe che affiorano sul mare, in un angolo del quadro, mentre centralizza l'occhio e l'importanza a la scena di un contadino che ara un campo, a un pastore che guarda in alto, voltando letteralmente le spalle all'evento di Icaro, a un pescatore che assolutamente indisturbato continua a pescare e a una nave che in prossimità alle gambe di Icaro, continua imperterrita la sua navigazione. Icaro, al tempo in cui fu fatta questa opera (siamo intorno al 1555) era interpretato come allegoria della presunzione degli uomini che sono disposti ad oltrepassare limiti che Dio ha loro imposti, e lo fanno con le più impossibili e talvolta inutili imprese, ecco che Bruegel, amante della rappresentazione grottesca, mette in ridicolo il personaggio rappresentandolo con due gambe che sgambettano fuori dall'acqua. Ma c'è anche un'altra e più palusibile interpretazione, quella che a parere mio è più interessante e oserei dire anticipatoria del nostro presente, l'indifferenza totale di quello che sta succedendo.....un uomo è caduto in mare, ma nessuno se ne interessa e prosegue nel suo daffare, c'è un freddo distacco dal mondo e da quello che accade, ognuno si sente protetto nel suo fare e nel suo agire e non vuole avere interferenze. Non pare anche a voi che abbia “alcune” attinenze con un qualcosa di già vissuto e visto? Un'opera attuale in un'esposizione particolare e alquanto spettacolare.
Roberto Busembai (errebi)

lunedì 17 giugno 2019

OGGI MI SENTO.....

..Vagabondo, errante nel pensiero,
straniero del mondo,
libero e sincero,
sentimentale e malinconico,
battagliero,
bello? a quello non
ci pensavo davvero!

Roberto Busembai (errebi)
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ERA UN SILENZIO

Era un silenzio,
lontano, ma tangibile,
era un rumore,
presente, ma irraggiungibile,
era passione,
dentro, ma calma frequente fuori,
era un amore,
perso, ma vicino al cuore.

Roberto Busembai (errebi)
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domenica 16 giugno 2019

OMAGGIO A FRANCO ZEFFIRELLI

Avevo un “amico” (notare le virgolette) che abitava a Milano, e che benestante e “figlio di”, aveva possibilità di frequentare noti vips dell'interland e oltre, e non mancava mai, (beato lui) di assistere ai vari e sontuosi spettacoli alla Scala. Un giorno, mi disse apertamente e spudoratamente questa frase che mi è sempre rimasta in mente e che denota il perchè poi lo detestassi. “ Non vado a vedere l'opera..(purtroppo non ricordo quale) alla Scala perchè la sceneggiatura e la regia sono di quel “cretino” di Zeffirelli”.

Oggi, ma già allora, io penso che il cretino a lettere cubitali sia stato proprio quel mio “amico”, mai e poi mai mi sarei perso (avendone l'occasione) di vedere una realizzazione dal vivo del grande regista, e poi a dimostrazione anche che siano le ideologie, i modi di vita di questi “geni”..se abbiamo l'opportunità di averli nel nostro secolo vivente, mai lascarseli sfuggire, una ricchezza di cultura che ci arriva gratuitamente.....un esempio? “ Ho ancora la mano calda e al tempo stesso sudata dall'emozione di avere stretto la mano, per caso e per un fortuito incontro in una libreria, al premio nobel Dario Fo.
Buona domenica amici e omaggio a FRANCO ZEFFIRELLI.

SEI TU

Sei tu la meraviglia
che abita nel sogno,
vorrei poter dormire
in un lungo eterno
per accarezzarti
e dirti quanto ti amo,
sei tu il mio risveglio
passero solitario,
che con il tuo canto
racconti del mio amore,
sei tu passione errante
affacciata al sole
che apri le finestre
e gridi al sentimento.
Sei tu la mia meraviglia
e il mio tormento.

Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

sabato 15 giugno 2019

PIOVE SOPRA UN RAGGIO DI SOLE

Nuvole nere e voluminose,
minacce di tempesta,
estate come nome
di un mese che non ha gesta,
temporali nel cuore
misti a sprazzi di sole,
come vorrei volare
rincorrendo il vento,
lui, lui soltanto
sa dove va a finire,
neppure una stagione
è data certa per il suo fine,
e quasi sta piovendo
sopra un raggio di sole.

Roberto Busembai (errebi)
Immagine: Photo by Cathleen @ country_southernart

venerdì 14 giugno 2019

ANTICO TESTAMENTO - LA GENESI

Vorrei spendere un minuto a una “leggenda” a una “favola” o come volete voi, comunque a una storia che possiamo definirla la storia di sempre del sempre. Vorrei soffermare un attimo il pensiero a tutto quello che di bello abbiamo intorno, a tutto il mondo e al suo continuo scorrere nel tempo, vorrei pensare come quello scritto nel libro dei libri il VECCHIO TESTAMENTO, nel capitolo della GENESI. Dal niente divenne tanto e dal nulla divenne tutto, cielo, stelle, luna, terra fiori e animali, pesci e rettili, volatili e insetti, vegetazioi varie, alberi da frutto e sempreverdi, alberi giganti e anche nani, e albero del bene e del male e dell'intelletto, albero da invidiare e d'ammirare, e poi arrivò l'uomo con la donna insieme e …..ma oltre non vorrei andare la novella, la leggenda, la favola che mi piace ricordare è la creazione di quel “Paradiso” di natura e di bellezza che è stato ai primordi di tutto e di tutti, e Dio o chi vi pare o cosa, o che altro, posò con il suo fare la magia del mondo e dell'universo insieme e non c'è meraviglia che si possa eguagliare.

Roberto Busembai (errebi)
Immagine: La creazione di Michelangelo Buonarroti (detail)

martedì 11 giugno 2019

COME ALI DI FARFALLA

C'è un vago senso
di perduto,
come foglie al vento,
un alito di tempo
con un sorriso dentro,
ali di farfalla
dai mille colori,
c'è un vago senso
di rimpianto
o forse commozione,
nell'aria e dentro il cuore,
come un sentimento
che non vuole più atterrare,
e vola, vola verso il mare.

Roberto Busembai (errebi)
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sabato 8 giugno 2019

LO SPETTACOLO PIU' BELLO

E' come sedersi in prima fila
davanti al palco,
con lo scenario chiuso,
aspettando che avvenga lo spettacolo
più bello,
e come nel teatro piano piano
si spengono le luci
e del brusio si sente
lo scemare piano piano,
poi, all'improvviso,
s'aprono le tende,
ed ecco l'alba recita
la sua parte al mondo,
in un eterna replica
del giorno.

Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

giovedì 6 giugno 2019

QUELL'ALITO DI VENTO

Ed è un alito di vento
che sposta il fiore,
abbandonato e nato,
sopra il ciglio
di una strada vuota,
persa nell'infinito,
per raggiungere il confine
aperto all'orizzonte,
ed ecco che quel vento
lambisce pure il cuore
che attende, sopra il ciglio
di un sentimento perso,
quel suo ritorno sperato,
ma abbandonato
al confine del pensato.
Ed è lo stesso alito di vento
a trapassare il tempo.

Roberto Busembai (errebi)
immagine: by photomarc

STORIE PAZZESCHE

Non so se avete avuto occasione di vedere questo film del 2014, è un film argentino diretto da Damian Szifron e prodotto da Pedro Almodovar, un film che a mio parere avrebbe dovuto avere più notorietà e più considerazione. E' una antologia di sei racconti incentrati sulle manie e sui risultati violenti che ognuno di noi possiede e estranea al massimo della rottura di questa opprimente società. Sono rappresentate situazioni normali di vita comune che naturalmente vengono eccessivamente proposte soluzioni alquanto “pazzesche”, ma che potrebbero benissimo verificarsi dato il sorpruso che sopportiamo ogni giorno e ogni istante, partendo dalla critica a volte sbagliata dei nostri conoscenti, amici e parenti, a l'insidie che le istituzioni ci pongono per un normale atto demografico o soltanto per il pagamento di una multa non giusta, o per rapporti di coppia che si scoprono poi non tanto leali e non tanto decorosi. E' un susseguirsi di scene e di colpi di scena, talvolta ironici, talvolta violenti, ma sempre con la dovuta forza di rimarcare quello che l'uomo normale subisce giornalmente e stressatamente sopporta per poi “normalmente” agire per rabbia, per istinto di sopravvivenza, per amore o odio esagerati. Ci sono racconti al di sopra della normalità ma che fanno riflettere proprio per la loro vicinanza alla verità, altri che appaiono quasi impossibili ma che poi non distano affatto dalla quotidianità. Tra l'ironico e il passionale, tra il tragico e il violento, tra la paura e il rilassamento, si trascorrono queste storie in assoluto coinvolgimento e se al momento pare che ognuna vada per il suo, queste storie sono tutte e sei legate da uno stretto significato comune, la libertà personale violentata da un “normale” vivere giornaliero e da un “normale” credere comune di fare il giusto che poi il giusto non è e viola la libertà stessa, la propria e l'altrui. Il primo racconto è geniale (l'amico di tutti e di nessuno), l'ultimo è sublime ( la festa di matrimonio), gli altri spettacolari.

Roberto Busembai (errebi)
Immagine web la locandina

mercoledì 5 giugno 2019

VORREI DEL CIELO

Vorrei del cielo il suo spiccato azzurro,
per poi riempire il cuore a chi io voglio,
vorrei del mare il suo profondo blu
per affondare il male che conosco,
vorrei del mondo una pace migliore
per poi ritorcerla al mio peggior nemico,
vorrei saperti accanto nell'estate
per poi tenerti caldo nell'inverno.

Roberto Busembai (errebi)
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PHILIPPE DAVERIO - QUATTRO CONVERSAZIONI SULL'EUROPA

Si parla e si discute pure, siamo ancora in balia dopo anni e anni a rimuginare sul fattore “Europa”, sulle probabili separazioni e distacchi o sugli sbagli intercorsi, siamo ancora a domandarsi se siamo o non siamo Europei, se ci sentiamo davvero coinvolti in questo insieme di stati, comuni, regioni, insomma se siamo poi considerati per stare in un'Europa che sembra e pare condizioni la permanenza solo esclusivamente sul fattore economico. Ma non voglio e non ne sarei neppure in grado di farlo, parlare e polemizzare su questi concetti. Da parte mia, come cittadino del mondo ho una visione espansionistica del concetto Europa e se vogliamo anche e sopratutto umana e sentimentale, che certo non conferisce e non si addice alla società odierna basata sul Dio soldo, e comunque restando sul mio umile pensiero, io parto dal principio del valore umano e vedo solo ed esclusivamente la persona, e noi “Europei” ci assomigliamo in tutto e per tutto e abbiamo uno scambio di vedute, di genialità, di tradizioni, di culture molto simili e molto comuni.
Il libro che ho letto recentemente, è giusto un esempio di come nei secoli e nei secoli passati e trascorsi, nonostante non esistesse una firma e un contratto, lo scambio e le vicissitudini positive, a volte anche combattive, ma sempre con un principio totale e univoco, tra i paesi Europei, c'è sempre stato e sempre si è amalgamato. Philippe Daverio si interroga con fatti e con ironica visione sul concetto Europa visto appunto da parte dell'umana persona, scruta e si intrufola in un medioevo, nei contrasti e negli allori del seicento e del settecento e ci propina una “diversa” veduta dei fatti sotto il concetto Europeista del tempo. E' un libro viaggio che si legge amorevolmente e con punte di sarcasmo e di intelligente ironia che ti lasciano davvero un sapore divertito e intelligente in testa e nel cuore, un tuffo nel passato che se si ha a disposizione una giornata, magari vista l'estate che avanza, seduti su una sdraia al mare o in un prato in montagna, si può leggere tutto il libro e rimanerne incantati. Non ci sono espressioni, insegnamenti, opere d'arte da analizzare e concezioni pro o contro l'Europa, assolutamente, il libro, ovvero Daverio, si pone e ci pone delle “conversazioni” sull'Europa arrivando persino a parlare dei cibi e dei vini.
Un libro nuovo, a mio parere anche molto diverso dai libri “artistici” a cui Daverio ci ha abituato, singolare e che propongo vivamente di leggere, se non altro per avere una visione più “umana” di un'Europa che c'è la tendenza a bistrattare.

Roberto Busembai (errebi)
Immagine web copertina del libro

martedì 4 giugno 2019

FILIPPINO LIPPI - PALA MAGRINI

Dalla pagina FB "Arte in cornice"
L'opera che vi voglio presentare, non è molto conosciuta, ma per questo non si può considerare un'opera minore, tutt'altro, è un'opera che il Maestro dipinse su commissione quando ormai era un noto e stimato pittore, riconosciuto in tutta Italia.
Nel 1482, Filippino Lippi (Filippo, ma il diminutivo per non confonderlo con il padre Filippo, grande artista pratese) si trovava in quel di Lucca per eseguire dei pannelli in San Ponziano ( visibili ora alla Norton Simon Art Foundation in Pasadena) e fu commissionato per eseguire anche una stupenda pala, detta Pala Magrini, in cui sono rappresentati i santi Rocco, Sebastiano, Girolamo ed Elena (visibile a Lucca nella chiesa di San Michele in Foro).
E' una pala di medie dimensioni (147 x157 cm circa) rappresentante i due santi della carità cristiana ( Rocco e Sebastiano) affiancati a un supremo dottore della Chiesa, S. Girolamo, qui rappresentato anziano in vesti cardinalizie con un leone che appare fiducioso al suo fianco ( la leggenda narra che Girolamo nei suoi viaggi in Oriente, incontrasse e curasse proprio un leone che aveva una spina in una gamba e che per ricompensa lo seguì per sempre) e con una bibbia in mano ( egli fu il primo che impegnò quasi tutta la sua vita nella traduzione dal greco e dal latino la così conosciuta “Vulgata” ovvero la sacra Bibbia che il suo utilizzo rimase fino al Concilio Vaticano II). Accanto si trova S.Elena ( madre di Costantino imperatore) con una croce in spalla ( fervida credente, si recò in Terra Santa e dopo aver fondato le basiliche della Natività a Betlemme e dell'Ascensione sul Monte degli Ulivi, rinvenne la vera Croce di Cristo), raffigurata con una veste bianca ed un velo che le scende fino a coprirle le mani. Ai due santi della carità vengono associati due santi che si rifanno al fondamento della cristianità, la Parola e la Croce.
Lo stile del Filippino è molto vicino al suo grande Maestro, il Botticelli, infatti non possiamo non riconoscerlo nelle linee e nella raffinata grafia e nella scrupolosa tecnica nel rappresentre la trasparenza del velo. La pala ha un che di inquietudine, i personaggi sono tutti distaccati l'uno dall'altro in diverse profondità, non comunicano tra loro e non guardano verso l'osservatore, ognuno è chiuso nel suo profondo pensare, nel suo profondo meditare, soltanto il leone è rivolto all'osservatore. E' un'elegante malinconia che porta i personaggi in rilievo su un fondo scuro ma rischiarato da un caldo tramonto che si intravede sulla destra. Il Maestro pare lanciare un monito alla Chiesa tutta, se non proprio alla fede cristiana, in cui i valori della religione sono distinti e distaccati, quasi che ognuno abbia una suo solitario valore, mentre dovrebbe essere il contrario per formare un'unica e assoluta fede mondiale.
L'opera tutta ha una forte decisionalità pittorica nel colore, tipica del periodo, che impressiona e allieta il cuore al vederla e ammirarla , soprattutto dal vivo.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine ERREBI

domenica 2 giugno 2019

FRECCE TRICOLORI (2 Giugno)

Sono frecce tricolori
su un fondo azzurro,
sono fumi rossi, verdi, e bianchi
contorni colorati,
sono frecce dentro il cuore
ormai superate
senza più un colore vero
un tricolore sano,
sono frecce tricolori
i sogni evaporati
le libertà corrotte
le intolleranze,
le discriminazioni,
sono frecce tricolori
sopra noi milioni
di passanti sopra una nazione,
sensa più un colore
rosso, verde e soprattuto bianco.

Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

sabato 1 giugno 2019

SPINE E CHIODI

Sono spine e chiodi
infilzati dentro
la mente spaziosa 
e pure nel cervello,
sono lancinanti trapassi,
sopra presenti tormenti,
fragili tentativi
di rinsaldare la mente.
Sono disperazioni
sprecate al cospetto
di un se stesso perduto,
cercato eppure ossesso,
disperazione innata.
Sono malori improvvisi
caduta e frana di sassi
e stelle,
tra macerie ricolme
da polveri di calcine,
mura senza storia
cumuli di fratture,
sono rimabalzi e
opportuni appigli,
come spilli d'acciaio
zampillanti luce,
sono sempre quelli
i costanti dolori
del male che mi divora.
Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

GIUGNO

Ritroverai gli spazi
lasciati vuoti apposta,
quel senso di riscossa
che ti freme dentro
e ti appartiene,
ritroverai la forza
di proporre il nuovo,
come se l'antico
non ti riguardasse,
eppure come ogni sempre
ti ritroverai nel mezzo
di un anno sconosciuto,
almeno per una mezza parte,
saprai riscattare
quel trabusto di stagione
che sovente ti ha sorpassato,
eppure arrivi sempre
come un Giugno scordato.

Roberto Busembai (errebi)
Immagine web

CI INCONTREREMO

Saliremo insieme e non ci sarà più la corsa della vita, ci incontreremo sul quel balcone lasciandoci dietro le antiche scale del tempo. Non ...