Vi voglio raccontare una storia, una storia vera, una di quelle storie quotidiane, semplici, comuni, a volte proprio per la loro particolarità anche speciali, una storia di vita come tante e come tante piena di emozioni, sentimento e amore e qualche delusione o lacrima perduta.
Era la metà esatta degli anni '50 e come sempre, in qualsiasi anno o giorno, nacque un bambino, uno qualsiasi, ma già creò uno scompiglio, nel partorirlo la sua cara mamma ebbe problemi e dopo neppure un'ora spirò tra il dolore della famiglia e all'insaputa del piccolo nascituro.
Usava una volta, far allevare questi ragazzini sfortunati, ad altre donne apposite, che magari avevano altri figli o da poco partorito e potevano dare persino il latte, insomma erano le così chiamate balie, che sotto un pochissimo risarcimento economico, donavano se stesse a uno sconosciuto. Ebbene anche questo bambino fu affidato alle cure di una balia, e vi rimase per ben 6 anni, i primi suoi anni d'infanzia. Lui era nato in città, ma la balia si trovava in aperta campagna e perciò la sua prima vita fu tra i campi e le aie, tra polli e conigli, tra coltivare e cogliere, tra fiori e alberi gentili, tra filari di pioppi e lo scorrere del fiume, tra grama vita di solo pane e la felicità di un misero gelato quando passava un carrettino a farlo consumare, tra susini, nespoli, e noci , tra cavoli e carote, pomodori rossi. Ma in questo suo vivere non era solo, insieme a lui un'altra bambina, per diverse cause, ebbe a vivere nella stessa famiglia, una bambina che proveniva da una città di mare.
Insieme hanno vissuto questi primi sei anni, tra giochi e litigi di ragazzi, tra carezze e baci di fratelli, tra vergini pensieri e mitici sogni, tra sostegni reciproci di paure insane e illuminare d'occhi alla prima neve, tra colorate illusioni fantastiche e grame consolazioni di fatui pasti......e di una balia che gli voleva un bene soprannaturale.
Ma come tutte le fiabe e tutti i racconti, almeno quelli di vita vera, l'idillio di quei giorni ebbe a terminare, il bambino fu ripreso dal vero padre che al contempo si era risposato e la bambina fu ripresa dalla vera madre e riportata al suo mare. Lui nel tempo continuò a avere contatti con quella donna che per lui fu sempre la vera mamma, ma alla bambina fu imposto dalla famiglia l'assoluto riserbo nei confronti di questa sua vita infantile e anzi fu proprio fatta cura per dimenticarla. Il dolore della donna che l'aveva allevata fu enorme e spesso la ricordava.....soltanto una volta (l'unica e l'ultima) fu ricordata alla bambina, quando fece la prima comunione e inviarono a costei una foto di una ragazzina salutandola ...”alla gentile signora Lina”.
Quella bambina si chiama DANIELA e quel bambino (che sarei io) si chiama Roberto. Ho ritrovato quella foto insieme a altre di quando eravamo piccoli e vivevamo in campagna, foto che appartenevano alla “signora Lina” ormai da molto scomparsa, ma che erano andate smarrite e poi fortunosamente ritrovate, e proprio quella foto ho voluto postare nella grande speranza di poter ritrovare quella bambina dai riccioli d'oro come era quando vivevamo insieme.....
Era la metà esatta degli anni '50 e come sempre, in qualsiasi anno o giorno, nacque un bambino, uno qualsiasi, ma già creò uno scompiglio, nel partorirlo la sua cara mamma ebbe problemi e dopo neppure un'ora spirò tra il dolore della famiglia e all'insaputa del piccolo nascituro.
Usava una volta, far allevare questi ragazzini sfortunati, ad altre donne apposite, che magari avevano altri figli o da poco partorito e potevano dare persino il latte, insomma erano le così chiamate balie, che sotto un pochissimo risarcimento economico, donavano se stesse a uno sconosciuto. Ebbene anche questo bambino fu affidato alle cure di una balia, e vi rimase per ben 6 anni, i primi suoi anni d'infanzia. Lui era nato in città, ma la balia si trovava in aperta campagna e perciò la sua prima vita fu tra i campi e le aie, tra polli e conigli, tra coltivare e cogliere, tra fiori e alberi gentili, tra filari di pioppi e lo scorrere del fiume, tra grama vita di solo pane e la felicità di un misero gelato quando passava un carrettino a farlo consumare, tra susini, nespoli, e noci , tra cavoli e carote, pomodori rossi. Ma in questo suo vivere non era solo, insieme a lui un'altra bambina, per diverse cause, ebbe a vivere nella stessa famiglia, una bambina che proveniva da una città di mare.
Insieme hanno vissuto questi primi sei anni, tra giochi e litigi di ragazzi, tra carezze e baci di fratelli, tra vergini pensieri e mitici sogni, tra sostegni reciproci di paure insane e illuminare d'occhi alla prima neve, tra colorate illusioni fantastiche e grame consolazioni di fatui pasti......e di una balia che gli voleva un bene soprannaturale.
Ma come tutte le fiabe e tutti i racconti, almeno quelli di vita vera, l'idillio di quei giorni ebbe a terminare, il bambino fu ripreso dal vero padre che al contempo si era risposato e la bambina fu ripresa dalla vera madre e riportata al suo mare. Lui nel tempo continuò a avere contatti con quella donna che per lui fu sempre la vera mamma, ma alla bambina fu imposto dalla famiglia l'assoluto riserbo nei confronti di questa sua vita infantile e anzi fu proprio fatta cura per dimenticarla. Il dolore della donna che l'aveva allevata fu enorme e spesso la ricordava.....soltanto una volta (l'unica e l'ultima) fu ricordata alla bambina, quando fece la prima comunione e inviarono a costei una foto di una ragazzina salutandola ...”alla gentile signora Lina”.
Quella bambina si chiama DANIELA e quel bambino (che sarei io) si chiama Roberto. Ho ritrovato quella foto insieme a altre di quando eravamo piccoli e vivevamo in campagna, foto che appartenevano alla “signora Lina” ormai da molto scomparsa, ma che erano andate smarrite e poi fortunosamente ritrovate, e proprio quella foto ho voluto postare nella grande speranza di poter ritrovare quella bambina dai riccioli d'oro come era quando vivevamo insieme.....
Roberto Busembai (errebi)
Foto privata errebi- Daniela, Livorno 1966
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